La spesa bellica che verrà. Finanziaria ed economia di guerra

La giornata di lotta del 28 novembre ha una rilevanza particolare, se la pensiamo all’interno del movimento di lotta contro l’economia di guerra.

La finanziaria presentata dal governo italiano e attualmente in discussione in Parlamento è un passo importante ma non decisivo di questa tendenza.

L’aumento delle spese militari previsto dalla manovra di bilancio è stimato in 38,5% in più rispetto a 2024; gli investimenti (quindi al netto della spesa per il personale) ammontano a 9 miliardi e 197 milioni di euro, in aumento rispetto al 2024, quando arrivarono a 7 miliardi e 503 milioni, con un 23% in più rispetto al 2023. Un aumento notevole, quello attuale, ma che ancora non dà la misura di ciò che ci attenderà nei prossimi mesi.

Lo scopo principale che si pone il governo con questa misura attualmente in discussione è l’uscita dalla procedura di infrazione aperta dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia per deficit eccessivo. Ad aprile è previsto l’appuntamento più importante: il governo si presenterà a Bruxelles con il deficit al di sotto del 3% previsto dal trattato di Maastricht, e quella pagina si dovrebbe chiudere.

L’uscita da questa procedura di infrazione permetterà al governo di accedere ai fondi SAFE e di finanziare a debito l’aumento della spesa bellica; intanto il governo ha scritto una letterina alla Commissione Europea in cui prenota 15 dei 150 miliardi a disposizione, una procedura al di fuori di ogni controllo parlamentare.

SAFE è il secondo pilastro, il più piccolo, del piano ReArmEu, poi ribattezzato Readiness 2030; si tratta di un programma di prestiti destinato a finanziare l’industria bellica che la Commissione Europea ha lanciato nel marzo scorso. L’Italia ha deciso di prenotare parte di questi fondi insieme ad altri 17 stati aderenti all’Unione Europea.

Safe significa Security Action For Europe, riprende l’architettura dei piani Sure, adottati nel 2020 per sostenere i redditi dei lavoratori colpiti dal blocco della produzione, e di NextGenerationEU a favore delle imprese decisi dai governi in seguito alla pandemia di Covid: si tratta dell’ennesimo esempio dell’uso – al fine della militarizzazione della società – di misure introdotte di soppiatto con la scusa dell’emergenza sanitaria. In questo caso si tratta della possibilità per la Commissione Europea di operare sui mercati finanziari attraverso obbligazioni garantite dal margine di manovra, cioè dalla differenza tra il massimale delle risorse proprie (le entrate massime che l’UE può avere) e le spese effettive. La Commissione Europea ha la possibilità di aumentare il massimale delle risorse proprie per breve tempo, così da far fronte a spese impreviste. La grancassa riguardante la minaccia russa a breve scadenza serve benissimo allo scopo di alimentare una situazione di emergenza che giustifichi l’aumento di quel massimale.

In questo modo la Commissione Europea orienta la politica economica e industriale degli stati membri dell’Unione, condizionando i parlamenti nazionali, già ingabbiati dalle norme del Patto di Stabilità, con un debito acceso dalla Commissione ma che sarà pagato, direttamente o indirettamente, dai cittadini degli Stati membri.

La finanziaria attualmente in discussione non intacca la tendenza a sottrarre sempre di più le materie economiche al pubblico dibattito e al controllo dei singoli parlamenti, concentrandole nelle mani della burocrazia europea. Gran parte degli oneri non sono presenti nell’attuale finanziaria, né l’accensione dei prestiti, né le maggiori spese per armamenti che saranno decise dal vertice NATO di giugno.

Allora verrà presentata la finanziaria vera, quello sarà il passaggio decisivo per fermare la politica di riarmo. Sono questioni da tenere ben presenti quando si parla di economia di guerra. In questo scenario, il 28 novembre è una tappa verso la costruzione di un movimento antimilitarista internazionale che sia capace di fermare questa politica.

Policarpo

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