Nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento l’anarchismo vive una nuova stagione che si concretizza principalmente nell’impegno sociale e nello studio del pensiero per ritrovare una nuova dimensione, un proprio collocamento in una società in continua evoluzione. La volontà di essere partecipi e di mettere in pratica l’Idea è certamente stata una costante dal dopoguerra ma questa volta concorrono alcuni eventi storici e delle particolari condizioni che segnano un significativo passo avanti in termini di crescita (non solo politica) e di presenza nella vita quotidiana. Sono soprattutto i giovani anarchici (inizialmente pochi) a segnare la svolta, mentre le motivazioni sono da ricercare anche in quel che accade nella società. Innanzitutto è da prendere in considerazione il fenomeno di una gioventù spontaneamente contestatrice e ribelle che scuote le ammorbanti società dall’uno all’altro capo del globo, Italia compresa, precedendo di almeno un paio di anni la successiva fase, quella più conosciuta, del “sessant’otto”. Una gioventù contestatrice che rifiuta l’autoritarismo in tutte le sue forme (la scuola, la chiesa, lo Stato, la famiglia, il militarismo…) e la morale dominante, che rifiuta la società in toto e tenta nuove vie di convivenza basate sulla solidarietà e il rifiuto del lavoro oppressivo e schiavizzante, riscoprendo l’autogestione e le comuni (agricole e metropolitane). Idee, proposte, programmi che non possono non interessare i giovani anarchici, siano essi della Federazione giovanile che dei gruppi libertari non federati. Da qui a prendere contatti e tessere relazioni il passo è breve e la collaborazione apre nuovi e più solidi orizzonti d’intervento che preoccupano non poco i solerti tutori dell’ordine costituito. Criticare il militarismo attraverso il rifiuto collettivo d’indossare una divisa militare, bruciare pubblicamente nelle piazze le schede di chiamata alle armi, partecipare e organizzare le prime marce antimilitariste rappresentano atti d’insubordinazione forti, incredibili e allarmanti per l’epoca. Ridicolizzare il papa e la chiesa rappresenta un sacrilegio per i benpensanti e per chi è stato abituato alla genuflessione da vent’anni di fascismo e che la nuova democrazia non ha nemmeno tentato di scalfire. Se poi a tutto quel grigiore estetico ed etico si aggiungono un modo di vestire fuori dal comune e la pubblicazione di giornali che amplificano il malessere dei contestatori nei confronti di una società becera e oppressiva, ebbene è facile immaginare la reazione dei mass-media e il conseguente lavaggio del cervello della pubblica opinione indotta a vedere in ogni capellone un drogato ed un untore. Le sedi anarchiche si aprono ai giovanni della contestazione globale: a Firenze come a Roma, a Bologna come a Savona, a Napoli come a Licata, da Genova a Bari, a Carrara, a Lucca, fin dove il movimento libertario è presente. L’esempio di Milano è paradigmatico. Il circolo anarchico “Sacco e Vanzetti”, frequentato da Giuseppe Pinelli, è un passaggio obbligato per i nuovi contestatori: qui si tengono assemblee, dibattiti, si incontrano obiettori di coscienza. Qui Giuseppe Pinelli ciclostila il primo numero del giornale “Mondo Beat” e i primi numeri di “Provo”, foglio dei provos milanesi. Questo basta ed avanza per far si che la Questura metta sotto stretta sorveglianza Pinelli e il “Sacco e Vanzetti”; basta ed avanza per tenere sotto controllo e sotto tiro un pericoloso focolaio; basta ed avanza per orchestrare provocazioni e repressione che da li a breve tempo tempesteranno gli anarchici milanesi, fino a far volare da un quarto piano della Questura, assassinandolo, Giuseppe Pinelli.
Questa fase di forte attivismo viene incentivata con seminari e studi sui testi dei grandi pensatori anarchici (Bakunin, Malatesta, Proudhon…); si moltiplicano gli incontri nazionali per dibattere del presente e di come organizzare e affrontare le tematiche e gli interventi in campo sociale. Iniziano a circolare i primi documenti dalle università che riportano la visione e la proposta anarchica sulle lotte che iniziano a radicalizzarsi. E c’è anche l’esigenza di un nuovo impegno in ambito sindacale ponendo l’attenzione su un ventaglio di proposte e di aspetti che vengono discussi e analizzati, come la riconsiderazione dell’anarcosindacalismo, l’esperienza dell’Unione Sindacale Italiana e il Consiliarismo. Il 1968 apre una nuova fase: la contestazione antiautoritaria si allarga agli studenti ed entra nelle Università; poi il Maggio francese contribuisce fortemente a far crescere il movimento; in tutta la società inizia un cambiamento epocale culturale che durerà a lungo. Si assiste ad una crescita dell’anarchismo ed ora si guarda al mondo del lavoro dove tra il 1968 e il ’69 i lavoratori, assieme agli studenti, saranno gli artefici di notevoli lotte e conquiste sindacali, sempre più spesso i sindacati vengono scavalcati, nascono nelle fabbriche e nei quartieri gli organismi autonomi ed i coordinamenti per portare avanti le loro battaglie. Ancora una volta Milano è centrale nell’evoluzione delle lotte; anche qui il ferroviere Giuseppe Pinelli dà il suo contributo nell’organizzare e collegare i primi Comitati Unitari di Base che nascono tra i ferrotramvieri.
In una situazione sociale così calda e preoccupante per i detentori del potere politico ed economico, la provocazione e la repressione non si fanno attendere. Inizia la stagione delle bombe collocate alla stazione e alla Fiera, vengono arrestati cinque anarchici: sono le prove generali che anticipano la strategia della tensione che porterà alla strage di Stato del 12 dicembre 1969. Altre piccole prove erano già state fatte precedentemente con bombe “dimostrative” che hanno preparato il terreno nell’opinione pubblica inculcando l’immagine dell’anarchico bombarolo e contribuendo a creare, con l’aiuto di giornalisti prezzolati, il futuro “mostro anarchico”. Il tutto avviene, stranamente, in un momento di crescita del movimento libertario. Naturalmente gli anarchici milanesi resteranno in galera per due anni per poi essere prosciolti, ma intanto l’opinione pubblica è stata modellata dalla informazione pilotata (si accerterà poi che quelle bombe erano state messe dai fascisti in combutta coi cosiddetti organi “deviati” dei servizi).
Il 12 dicembre 1969 avviene la strage di Stato e da subito Stato e polizia indicano negli anarchici gli autori della vile azione, certi che nel dare la colpa ad un raggruppamento politico che non ha e non ha mai avuto santi protettori nè in paradiso, nè in parlamento, l’avrebbero fatta franca.
Ma così non è stato. Si è capito subito che la strage è servita per fermare le lotte in corso e preparare la società ad un colpo di Stato, ad un regime autoritario come in Grecia, come in Spagna e in Portogallo. Il contributo degli anarchici nella sensibilizzazione della pubblica opinione per contrastare il disegno repressivo è stato immenso ed è durato parecchi anni, fino a quando è stato dimostrato che Valpreda era innocente e Giuseppe Pinelli era stato assassinato. Le mobilitazioni dei lavoratori, la controinformazione sulla strage di Stato, le lotte, gli assassinii polizieschi e fascisti che hanno lastricato il percorso per arrivare alla verità sono momenti indelebili nella storia che deve ancora portare alla completa emancipazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Franco Schirone