Un’idea esagerata di libertà. Così si sente spesso definire l’anarchia, questa definizione però non ci dice niente del tipo di libertà di cui si parla. Per chiarire meglio la questione, prendiamo la frase di Bertrand Russell: “La libertà è il supremo bene del credo anarchico, e alla libertà si tende per la via diretta dell’abolizione di ogni controllo forzoso sull’individuo da parte della comunità”. In realtà i modelli di nuova società proposti dal movimento anarchico si basano sull’armonia, spontanea o da costruire con l’educazione, la lotta ecc., tra individuo e società, il termine comunità non è fra quelli più usati. Nell’anarchismo, poi, la libertà viene sempre accompagnata all’uguaglianza. In questo senso il nucleo centrale dell’azione politica dell’anarchismo è l’abolizione dello Stato, o meglio del Governo. Il liberalismo ha sempre accusato il movimento anarchico di essere violento perché ha fra i suoi primi obiettivi l’abolizione della proprietà privata. I liberali si fanno interpreti delle paure dei capitalisti, che vedono nell’espropriazione da parte dei lavoratori un intollerabile intervento forzoso della comunità nella sfera della loro libertà individuale.
Quindi c’è libertà e libertà: la libertà di sfruttare non è certo di quelle ammesse fra gli anarchici, mentre c’è la libertà di espropriare chi usa il monopolio dei mezzi di produzione per sfruttare la maggior parte dell’umanità.
Come si pone il problema della libertà all’interno del movimento anarchico, nella lotta politica oggi, domani dopo la rivoluzione vittoriosa.
Uno dei caratteri distintivi dell’anarchismo è che esso non nasce dal pensiero di una sola persona, o di poche persone, ma dall’esperienza storica delle lotte di emancipazione dei ceti popolari, degli sfruttati. I più importanti teorici dell’anarchismo hanno dato, con le loro conoscenze e con la loro capacità di astrazione, un contributo alla definizione dell’anarchia come insieme di linee guida attorno a cui costruire la società futura, e dell’anarchismo come movimento politico tendente all’anarchia. La libertà di sperimentazione e il dibattito collettivo hanno permesso una continua precisazione dell’anarchismo fino all’elaborazione del Programma Anarchico.
Nell’ambito del programma anarchico la libertà di sperimentazione ed il dibattito collettivo permette al movimento anarchico di individuare la prassi adeguata alla fase dello scontro di classe, nella prospettiva dello sviluppo dell’autonomia di classe degli sfruttati, dell’autorganizzazione, della trasformazione sociale in senso egualitario e antiautoritario.
In quest’ottica la libera sperimentazione e il dibattito collettivo permettono la verifica delle varie alternative strategiche, la loro sintesi superiore, la condivisione delle esperienze. In questo processo gli intellettuali, i teorici hanno un ruolo nella misura in cui mettono le loro capacità al servizio del lavoro collettivo, ricollegando le problematiche del momento con i saldi principi dell’anarchismo definiti a Saint-Imier. Chi, in nome della libertà, tenta un’impossibile sintesi tra libertà e autorità, tra economia e comunismo, abbandona tali principi, abbandona il legame tra le lotte contingenti degli sfruttati e la prospettiva della trasformazione rivoluzionaria, finisce per perdersi e si pone al di fuori dell’anarchismo, trasformandosi in nemico dell’emancipazione degli sfruttati, in nemico della libertà delle masse.
La libertà per tutti si costruisce anche limitando la libertà di qualcuno. Gli anarchici danno battaglia sul terreno delle idee alle ideologie reazionarie, discriminatorie e violente contestando apertamente i loro propugnatori. Questa non è una novità e non è semplice imitazione delle pratiche violente dei movimenti autoritari. Fino a che ci saranno sfruttati e sfruttatori, finché ci saranno persone che muoiono di fame, compagni prigionieri del nemico, finché loro avranno giornali, televisioni per diffondere menzogne ed armigeri e armi per imporle, e noi saremo disarmati, nessun dibattito è possibile. Le classi privilegiate, il Governo, ogni governo, sono in guerra più o meno latente, più o meno aperta con i propri cittadini, con la società, e in guerra con il nemico non si discute. Anzi, quando i propagandisti del nemico vengono nei quartieri popolari, davanti alle fabbriche o alle scuole a diffondere le loro menzogne, gli anarchici saranno lì a spiegare le ragioni dell’opposizione, ad invitare gli sfruttati ad organizzarsi per combattere la propaganda velenosa dei crumiri, dei razzisti, dei fascisti, a sostene l’autodifesa di massa.
Anche all’indomani della rivoluzione vittoriosa, agli sfruttatori e ai governanti, ai loro sostenitori va negata la libertà. E’ quanto sostiene, fra gli altri, Luigi Fabbri in “Dittatura e Rivoluzione”: gli anarchici si batteranno perché ai nemici dell’umanità non sia concessa la libertà “finché essi conserveranno la loro condizione di carnefici e noi non avremo conquistata tutta e completa la nostra libertà” (Luigi Fabbri, Dittatura e Rivoluzione).
La borghesia non ha nessun diritto di scandalizzarsi di questo attacco alla libertà, alla libertà degli sfruttatori e dei nemici della rivoluzione: l’idea della dittatura si è proprio affermata nelle rivoluzioni borghesi, e la dittatura, la tirannia, con le inevitabili stragi, sono state le armi della borghesia contro il proletariato, gli sfruttati, ogni volta che questi ultimi hanno cercato di scuoterne il giogo e porre fine al regime della proprietà privata.
Quello che agli occhi dei borghesi e dei loro alleati, dei loro commessi laureati o meno, che svolgono per conto della borghesia le arti liberali, il giornalismo, l’avvocatura, l’insegnamento, la politica, appare come un attacco alla libertà, per le grandi masse, per gli sfruttati, per i ceti popolari è invece effettivamente un’idea esagerata di libertà, anzi una pratica. Scopo del movimento anarchico è dare un indirizzo ispirato alla pratica della libertà a tutto il movimento proletario e popolare, sviluppando lo spirito di autonomia e di libertà in mezzo alle masse. Questa massa abituata a questa pratica troverà nella prossima rivoluzione l’occasione e il mezzo per giungere a realizzazioni oggi non immaginabili. La concezione anarchica della libertà nasce da questa pratica, non ha nulla a che vedere con la smania per l’affermazione esclusiva del proprio Io, ma unisce la libertà dell’individuo alla solidarietà nella lotta per l’emancipazione, per l’abolizione dello sfruttamento e dell’oppressione; è solo all’interno di questa lotta, della lotta di classe condotta per l’abolizione delle classi che l’idea di libertà si invera nella costruzione degli organismi di autorganizzazione e di autogoverno degli sfruttati.
Tiziano Antonelli