“L’organizzazione che i socialisti-anarchici patrocinano non è naturalmente quella autoritaria che va dalla chiesa cattolica alla chiesa marxista, ma bensì l’organizzazione libertaria, volontaria, delle molte unità individuali, associate in vista di uno scopo comune nell’adoperare uno o più metodi creduti buoni liberamente accettati da ciascuno. Certo, non è possibile una tale organizzazione se gli individui che la compongono non sono abituati alla libertà e non si sono sbarazzati dei pregiudizi autoritari. D’altra parte è necessario organizzarsi, per esercitarsi a vivere liberamente associati” (L. Fabbri, L’organizzazione operaia e l’anarchia), e cioè per abituarsi all’uso della libertà.
Così la necessità di organizzarsi rimane; e per organizzazione intendo l’unione degli anarchici in gruppi, e l’unione federale dei gruppi fra loro, sulla base di idee comuni e di un lavoro comune da compiere – salva restando naturalmente l’autonomia dell’individuo nei gruppi e dei gruppi nella federazione, e con piena libertà per i gruppi e le federazioni di formarsi a seconda dell’opportunità e delle circostanze, per mestiere o per rione, per provincia o per regione, per nazionalità o per lingua ecc..
L’organizzazione federativa così intesa, senza organi centrali e senza autorità, è utile e necessaria. Utile perché, semplicemente, l’unione fa la forza; necessaria perché… Ci sforzeremo qui di dire qualche altro perché, oltre quelli che abbiam detto sopra, senza per questo aver la pretesa di giungere a elencarli tutti.
(…) col nome di anarchia vengono oggidì battezzate tante idee, opinioni, tattiche differenti, che s’impone a chi sta nella lotta lo sceglierne una e il sapere quali sono coloro che hanno comuni con lui le aspirazioni; e quali, pur dicendosi anarchici, ne hanno di completamente opposte. Se alcuni battono una via del tutto contraria alla nostra, e usano mezzi di lotta che sono contraddittori e neutralizzanti e distruttori degli effetti da noi ottenuti – queste diversità, queste contraddizioni dipendono da significati e interpretazioni diverse e spesso completamente opposte che si danno alla parola anarchia.
Ora, se non si trattasse che di fare della pura accademia scientifica e filosofica non ci sarebbe bisogno di differenziarsi troppo nelle forme, e di separar gruppo da gruppo. Anzi non ci sarebbe bisogno neppure di raggrupparsi. Ma l’anarchismo – secondo me e, credo, anche secondo molti – se è nella teoria una tendenza scientifica e filosofica, una dottrina speculativa, vuole anche essere nella pratica un movimento umano di lotta e di rivoluzione, che ha dati scopi vicini o lontani, che ha dati mezzi e che ha fissato come punto di partenza date verità intorno alle quali sono concordi tutti, che in quel certo senso si muovono. Ebbene, come sarà possibile il delinearsi di un movimento energico e quanto prima risolutivo, se noi che crediamo essere più degli altri nella verità e più degli altri ci pare di propugnare buoni metodi di rivoluzione, per camminare verso la integrale libertà dell’anarchia, se noi non ci aggruppiamo, non ci organizziamo in modo che l’opera degli uni non sia contraddetta e neutralizzata da quella degli altri (…)?
(…)
Poiché ci sono iniziative, movimenti, azioni che non sono possibili se non col concorso di molti individui, e di intere regioni o nazioni, ecco che sorge la necessità di una intesa, oltre che da individuo a individuo e di gruppo a gruppo di una stessa città, anche da gruppi di una città a quelli di un’altra e – perché no? – da quelli di una a quelli di un’altra nazione.
(…)
Dunque, non bisogna scordarlo, l’organizzazione è un mezzo di differenziarsi, di precisare un programma di idee e di metodi stabilito – una specie di bandiera di raccoglimento sotto la quale andare in battaglia sapendo su chi si può contare, ed avendo la coscienza della forza che si può spiegare.
(…)
Però, organizzarsi e differenziarsi così, da coloro che non sono in alcune cose essenziali d’accordo con noi nell’interpretazione della parola e nei metodi dell’anarchia – non significa affatto che si pretenda da noi il monopolio della parola e del movimento anarchico, o che si voglia escludere chicchessia dalla grande famiglia libertaria. Ma essere tutti di una stessa famiglia non significa sempre aver tutti le stesse idee e lo stesso temperamento, voler fare la stessa cosa e dover andare del tutto d’accordo. Anzi, nella maggioranza delle famiglie succede proprio il contrario.
Luigi Fabbri
Tratto da: L’organizzazione anarchica