Chi avesse seguito distrattamente le cronache politiche quest’estate, potrebbe sapere che attualmente in Parlamento è in corso di discussione una proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis presentata dall’ex radicale, ex berlusconiano e attualmente sottosegretario del Governo Renzi Benedetto Della Vedova, da Sinistra Italiana e da gran parte dei parlamentari di PD e 5 Stelle. Potrebbe pensare anche che l’approvazione della legge è certa o almeno probabile, visto che non passa giorno senza che vi sia un qualche Vip che dice la sua sulla legalizzazione per schierarsi pro (come hanno fatto tra gli altri l’oncologo Umberto Veronesi, lo zar anticorruzione Raffaele Cantone ed il guru Roberto Saviano) o contro (come ha fatto il supergiudice antimafia Nicola Gratteri). E poi gli articoli che ne parlano sono accompagnati in genere da racconti di mirabolanti start up pronte ad inondare i supermercati di “fumuncello” (il limoncello all’hashish direttamente dalla Costiera Amalfitana) o ad aprire lussuosi Cannabis Cafè nelle vie più eleganti delle città, che sembrano promettere come minimo che mal che vada può essere questione di settimane o di mesi e poi si potrà smettere di inseguire gli spacciatori nei peggio posti e ci si potrà finalmente rifornire dal coffee shop di fiducia sotto casa. Chi però avesse letto gli stessi articoli con più attenzione, si sarebbe reso conto con facilità che è assolutamente improbabile che la proposta di legge di Della Vedova possa essere approvata, visto che per passare avrebbe bisogno dei voti di PD e M5S al gran completo ed è veramente difficile pensare che i due arcinemici del momento possano trovare un accordo su un tema che rischia di essere una grana tanto il PD che sta al governo grazie agli ultraproibizionisti del NCD quanto per i 5Stelle che rischiano di alienarsi le simpatie di quel “popolo di destra” che ultimamente sta ingrossando le loro file elettorali attratto dalle posizioni forcaiole e razziste dei grillini (e, infatti, l’unico partito che sostiene ufficialmente la legalizzazione è SI). E poi la legge Della Vedova, se per qualche caso stranissimo dovesse mai essere approvata, rischia semplicemente di tradursi in una schedatura di massa dei consumatori di ganja ad uso e consumo degli uffici della Motorizzazione Civile per ritirare le patenti e dei datori di lavoro per licenziare. E’, però, uscendo dalla cronaca di Palazzo che ci si può rendere di quello che realmente sta succedendo.
Quest’estate le operazioni anti-droga delle forze dell’ordine sono state più intense che mai come non succedeva almeno da quando lo Zar antidroga del Governo Berlusconi era Giovanardi. In puro stile Giovanardi è stato quel che è successo ad agosto al Festival “Balla coi cinghiali”, un festival di rock e di reggae conosciuto da molti per il suo slogan “come a Woodstock ma si mangia meglio”, che dopo essersi svolto per molti anni in provincia di Savona, dall’anno scorso s’è spostato a Vinadio, un paese della provincia di Cuneo, a pochi chilometri dalle Alpi e dal confine francese. Dopo che l’edizione dell’anno scorso era andata benissimo, quest’anno i carabinieri della locale Valle Stura hanno deciso bene di rovinare la festa e hanno pensato bene di mobilitare tutti i propri uomini per perquisire il maggior numero possibile di persone con il rinforzo di unità specializzate antidroga fornite dal Nucleo Cinofili della vicina Volpiano. Solo durante la prima sera i militari hanno perquisito oltre mille ragazzi e circa cento di questi sono stati fermati e segnalati perché trovati «in possesso di sostanze stupefacenti», nella quasi totalità dei casi cioè cannabis, e in quantità veramente minime, visto che in tutto sono stati sequestrati «180 grammi tra hashish e marijuana». Come ha scritto Dolcevitaonline.it, il bilancio dell’operazione s’è chiuso “con un centinaio di ragazzi – oltretutto secondo il comunicato dell’arma tutti maggiorenni – che per due canne dovranno sorbirsi lettere a casa, eventuale colloquio al Sert ed eventuale ritiro della patente con ovvie ripercussioni sul lavoro, mentre decine di carabinieri sono stati retribuiti con soldi pubblici permettere in scena l’ennesima inutile retata di gruppo”. Era da anni che non si vedeva un accanimento così sistematico contro un festival musicale, almeno da quando il festival reggae Rototom Splash non fu costretto a trasferirsi dal Friuli in Spagna dopo l’autentico assedio poliziesco che aveva segnato l’ultima edizione ad Osoppo nel 2010. Se allora il mandante dell’assedio era stato Giovanardi in persona, all’epoca sottosegretario del Governo Berlusconi, quest’anno a prendere l’iniziativa pare che siano stati i carabinieri. Il comandante della Compagnia dell’Arma di Borgo San Dalmazzo (che era a capo dell’operazione) ha infatti dichiarato alla stampa di non aver “ricevuto pressioni”, ma di aver organizzato la maxi-retata perché “era doveroso dare una risposta determinata e monitorare eventuali infiltrati , affinché la manifestazione canora non si trasformasse in qualcosa di diverso rispetto alle finalità prefissate”.
Un altro episodio molto inquietante è la perquisizione subita dal csoa Gabrio. All’alba di giovedì 18 agosto gli agenti della Squadra Mobile hanno perquisito la sede del centro sociale dopo aver interamente circondato e bloccato gli isolati circostanti, mentre all’interno una cinquantina di agenti tra carabinieri e polizia frugavano tutte le stanze, sfondando le porte e addirittura anche un muro per accedere ad un locale chiuso. Al termine dell’operazione sono state sequestrate circa 60 piante di cannabis (frutto di una produzione che il Cosa Gabrio pratica da sempre alla luce del sole e che celebra nelle feste della semina e del raccolto), gli strumenti per la loro coltivazione, computer ed altro materiale e due compagni sono stati denunciati per il possesso di stupefacenti. Secondo l’Osservatorio Antipro di Pisa (che come il Gabrio fa parte della Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista che ha criticato duramente la proposta di legge di Della Vedova e soci), “con questa perquisizione si vuole colpire evidentemente chi pratica l’antiproibizionismo militante, chi disobbedisce alle leggi anti-droga (.) che nell’ultimo mezzo secolo hanno reso ricche le narcomafie e più potenti gli apparati di polizia” . A ordinare la perquisizione è stata la Procura di Torino, da anni particolarmente attiva contro i movimenti nel capoluogo piemontese, ma anche qui tutta l’operazione ricorda sinistramente le analoghe perquisizioni che negli anni passati avevano colpito a Milano il csa Leoncavallo e a Bologna il Livello 57.
Non c’è stupirsi che sbirri e giudici vogliano essere di nuovi i principali protagonisti nella commedia della War On Drugs. Le leggi anti-droga, infatti, da un lato danno un enorme potere alle strutture repressive e dall’altro assicurano lavoro. Il compianto Timothy Leary ha detto in un’intervista che “se le leggi anti-droga fossero abolite, (.) i secondini sorveglierebbero prigioni quasi vuote, i giudici si annoierebbero sulle loro poltroni e i poliziotti dirigerebbero il traffico. E molti di loro dovrebbero cercarsi un altro mestiere…”. Non è un caso che tra gli ultimi cani da guardia del proibizionismo, quest’estate a ringhiare più di tutti è stato il superprocuratore antimafia Nicola Gratteri che per le sue invettive populiste gode di un certo successo anche tra gli ingenui “di sinistra” (che si dimenticano sempre che il capostipite dei loro amati eroi antimafia è stato il fascistissimo Prefetto “di ferro” Cesare Mori che agli ordini di Mussolini combatteva Cosa Nostra a colpi di torture, esecuzioni sommarie e rapimenti delle mogli e dei figli dei latitanti per farli venire allo scoperto).
robertino