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Guerra esterna e guerra interna!

Guerra esterna e guerra interna!

L’intervento di Giorgio Napolitano alla cerimonia del 4 novembre delinea con chiarezza la strategia politica dello Stato nei confronti dell’aggravarsi delle crisi interne e internazionali. Non c’è bisogno di cercare significati reconditi: è il discorso con cui un comandante in capo indica alle proprie truppe gli obiettivi della prossima guerra.

Per il presidente della repubblica, l’evoluzione dei rapporti fra gli Stati rende sempre più difficili soluzioni negoziate e condivise delle controversie internazionali; le tensioni e instabilità crescenti del quadro internazionale si infiltrano anche all’interno delle società europee, e dell’Italia in particolare: spetta alle Forze Armate contrastare e prima di tutto prevenire questa minaccia, insieme all’Unione Europea e alla Nato.

Quali sono le fonti di queste tensioni? Da una parte il fanatismo all’esterno e l’antagonismo all’interno dei confini nazionali, dall’altra ideologie “datate e insostenibili”; l’azione congiunta di questi due elementi porta a “violenze di intensità forse mai viste prima”. E’ implicito che, di fronte al rischio di “violenze mai vista prima” le Forze Armate siano chiamate a difendere la convivenza umana; si tratta degli stessi metodi che gli eserciti hanno sempre applicato contro la resistenza popolare, che in Italia sono stati applicati l’ultima volta a Sant’Anna di Stazzema, a Marzabotto e in tante altre località devastate dalla violenza militaresca.

La conflittualità è alimentata dall’estremismo, prosegue Napolitano, e dalla disuguaglianza. Mentre per l’”estremismo” c’è l’azione preventiva delle Forze Armate, i problemi di giustizia vanno affrontati nel rispetto dei principi condivisi in seno alla Comunità Internazionale (in maiuscolo nel testo). La fonte di questi principi sono, sullo stesso piano, la Costituzione e gli Statuti delle organizzazioni interazionali di cui l’Italia fa parte. A quali organizzazioni si faccia riferimento è chiaro: all’Unione Europea e alla NATO Napolitano aveva già fatto riferimento, ad esse si può aggiungere il Fondo Monetario Internazionale: è facile immaginarsi a quali principi queste organizzazioni si ispirano per pore rimedio alle ingiustizie sociali!

Il presidente della repubblica finisce il suo intervento con una perorazione a favore della spesa militare.

Il conflitto è insito nella società attuale, l’antagonismo è il prodotto della divisione in classi dell’umanità, in sfruttati e sfruttatori. Anche nella relazione più elementare si manifesta la violenza: l’uguaglianza degli scambi è una media astratta che si impone in un mare di disuguaglianze concrete. La convivenza umana, a cui fa riferimento Napolitano, si basa sulla lotta fra gli uomini, sulla ricerca del benessere fatta da ciascuno per conto suo e contro tutti. Oggi la terra e tutta la ricchezza sociale sono in mano di pochi privilegiati, mentre la gran massa dell’umanit priva di tutto, e per questo sfruttata dai proprietari, protetti dai governi; da questo dipende lo stato di miseria in cui si trovano sempre pi lavoratori e i ceti popolari, e tutti i mali che dalla miseria derivano. Non solo, il profitto, per cui ciascun capitalista organizza la produzione della propria azienda, non riesce a soddisfare i bisogni della gran massa dell’umanit. E’ il profitto che provoca il disordine nella produzione, i lavoratori vittime di malattie, infortuni ed omicidi sul lavoro, la scarsezza voluta dei prodotti, la disoccupazione, le terre incolte, le macchine lasciate ad arrugginire. Tutto questo noi anarchici vogliamo cambiare, togliendo ai capitalisti il possesso della terra e dei mezzi di lavoro e quindi la direzione della produzione. Noi anarchici vogliamo sostituire all’odio l’amore, alla concorrenza la solidariet, alla ricerca esclusiva del proprio benessere la cooperazione fraterna per il benessere di tutti, all’oppressione e all’imposizione la libert. E’ un ideale datato e insostenibile? Forse, ma il fallimento di tutte le ideologie,il fallimento del capitalismo e dello Stato sono di fronte a tutti i cittadini: sono loro che bisogna convincere, la maggioranza della popolazione che ha ormai perso fiducia nel sistema politico che Giorgio Napolitano rappresenta.

Ma tutto questo teoria, ideale. Nel discorso di Napolitano c’ la dichiarazione di guerra nei confronti di chi non si adegua al nuovo paradigma della societ, alla societ rigidamente divisa tra i privilegiati (pochi) e gli emarginati (la maggior parte della popolazione). Una societ nella quale agli emarginati spetta farsi carico del consumo improduttivo delle classi parassitarie, rinunciando al reddito, rinunciando ai servizi sociali, rinunciando alla pensione. E’ questa la convivenza umana disegnata dalla Nato e dal Fondo Monetario Internazionale. Ma per far questo, le istituzioni devono piegare la resistenza, la resistenza dei popoli che si oppongono all’imperialismo, la resistenza dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati che si oppongono alla ristrutturazone capitalistica, la resistenza dei territori che si oppongono alle grandi opere e alle devastazioni ambientali.

E’ per piegare questa resistenza che Giorgio Napolitano ha fatto appello alle Forze Armate, ha minacciato violenze di un’intensit forse mai vista prima. Il potere trema, non ha pi mezzi n per distribuire briciole che plachino la tempesta sociale, n strutture di consenso che recuperino la protesta sociale: solo la minaccia e l’uso della violenza lo protegge ancora. Quale migliore occasione del 4 novembre per dare questa nobile missione ad una banda di mercenari?

Tiziano Antonelli

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