Il 24 febbraio sono passati due anni da quando l’Ucraina è stata invasa dalla Federazione Russa.
Due anni di guerra, centinaia di migliaia di morti da ambo le parti, immani distruzioni e risorse sperperate nell’inutile strage; le sanzioni volute dalla NATO sono state usate dalle oligarchie europee per l’ennesimo attacco alle condizioni dei ceti popolari.
Gli effetti delle sanzioni sono l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, del gas e dell’energia, la recessione in Germania e prospettive nere per l’intera economia europea.
L’imperialismo angloamericano, i suoi alleati europei, i suoi manutengoli ucraini hanno la responsabilità di aver delegittimato gli accordi di Minsk che avviavano a soluzione i problemi sorti dalla crisi del 2014.
Che cosa accomuna Ucraina e Palestina?
L’imperialismo occidentale agisce spregiudicatamente per delegittimare le istituzioni internazionali che non controllano completamente. L’appoggio dei vari presidenti USA ha permesso ad Israele, dal 1967, di non applicare le risoluzioni dell’ONU per il ritiro dai territori palestinesi occupati. Anzi, accanto all’occupazione militare, i governi di Tel Aviv hanno dato mano libera alle colonie sui terreni di proprietà dei palestinesi. La pulizia etnica, la repressione, la guerra ora strisciante ora aperta nei confronti dei palestinesi si accompagnano al tentativo di discreditare l’ONU, un’organizzazione internazionale in cui gli stati alleati dell’imperialismo angloamericano sono in minoranza, e che si è dimostrata non sufficientemente pronta ad adattarsi ai diktat dei governi di Londra o di Washington.
Guerra ai poveri
La guerra dovunque è guerra ai ceti popolari. In America Latina, in Africa in Asia, che siano fatte con la scusa della guerra al narcotraffico, oppure della guerra al terrorismo o infine della guerra alla pirateria le vittime sono i ceti più poveri della popolazione, contadini, pescatori, operai, disoccupati, chiunque sia relegato ai margini della società opulenta. Anche la guerra fra potenze si traduce in una guerra contro il proletariato, una guerra fatta di disciplinamento, rappresaglie, allungamento dell’orario di lavoro e taglio dei salari, fino alle aggressioni da parte di chi vuole farsi complice della guerra.
Schierarsi con l’uno o con l’altro dei belligeranti non fa finire la guerra; non esiste alcuna comunità internazionale a cui appellarsi per fermare la guerra. Ogni governo vuole primeggiare sul vicino, ogni governo riversa su un nemico esterno le contraddizioni di classe che non è capace di risolvere all’interno. Ogni governo marcia verso la guerra.
L’Italia marcia verso la guerra
L’Italia ha versato 11 miliardi di euro all’Ucraina, stando ai dati aggiornati al 31 ottobre 2023. A questi sono da aggiungere le missioni militari in Europa Orientale, a sostegno dei governi autoritari che controllano l’area.
La Meloni ha bloccato i sussidi all’UNRWA, mentre ci sono missioni militari in Palestina, nel Sinai e nel Libano. A questo si aggiunge la partecipazione, con un ruolo di primo piano, alla missione UE del Mar Rosso.
Il governo porta la guerra nelle nostre città, con i militari nelle strade, la militarizzazione dei cantieri della TAV e dei CPR, la propaganda militarista nelle scuole.
Spetta agli antimilitaristi, ai rivoluzionari, ai proletari mettersi in mezzo, che è l’unica strada per fermare la guerra. Sostenere chi non vuole combattere, i disertori, bloccare la costruzione di nuove basi e nuove armi, protestare, scioperare contro gli stanziamenti per la guerra.
La guerra si ferma impegnandosi in prima persona, la guerra si ferma a partire dal 24 febbraio.
Assemblea Antimilitarista Toscana