12 settembre 2017. Primo Sciopero generale in Francia contro il Jobs Act 2 che sarà approvato in Consiglio dei ministri il 22 settembre.
Il presidente francese Macron intende riformare la Loi Travail del 2016 del ministero El Khomri, licenziandone una versione rafforzata e allargata che minaccia i diritti fondamentali ed è dannosa per tutte e tutti, lavoratori, funzionari, pensionati, studenti, disoccupati. Una Loi Travail 2 su misura per i padroni, tramite il decreto 49-3 che autorizza il governo a decidere per ordinanze senza dibattito parlamentare. E senza dialogo politico: Macron ci da del “fainéants” (fannulloni) e basta. Noi scioperanti abbiamo risposto nel corteo del 12 con parole di scherno, rifacendogli il verso “Fainéant, fainéant”, o cantando “Le travail c’est la santé, rien faire c’est la conserver” (“Il lavoro è la salute, non far nulla è conservarla”), popolare canzone di Henri Salvador.
Tutti in piazza il 21 settembre ma la lotta sarà dura !
Loi Travail XXL
Quando Emmanuel Macron reagisce da Atene l’8 settembre di fronte all’opposizione vivace incontrata dalla sua riforma del lavoro dicendo, pur senza nominare nessuno, “Non cederò nulla ai fannulloni, cinici ed estremisti”, fa il sufficiente come al solito. Secondo Macron la sua riforma è un avanzamento sociale. Chi è contro di lui è contro la “modernizzazione della Francia”. Come l’intende lui, cioé con sempre più neoliberismo: una Loi Travail XXL. Forse i fannulloni cui allude erano i suoi predecessori alla presidenza, forse non essere neoliberista per lui significa essere estremista… Comunque sia, Macron è spocchioso e le sue gaffe imperdonabili si accumulano. Così espresse il suo disprezzo di classe durante l’inaugurazione di una stazione ultramoderna della metropolitana: “Una stazione è un luogo dove si incrociano gente arrivata e gente che non è nulla”.
Perché non vogliamo la Loi Travail
Per il settore privato
Si perdono diritti fondamentali acquisiti in anni di lotta.
La riforma manda a monte diritti strappati a colpi di scioperi generali, il più clamoroso fu quello del maggio del 68 che si concluse con gli accordi di Grenelle. Il diritto del lavoro si fonda su accordi collettivi, di conseguenza gli accordi presi in singoli settori o in singole aziende non possono garantire meno dei diritti minimali riconosciuti per tutti né andare contro di essi. Ormai succederà il contrario: le trattative tra padroni e sindacati sulle condizioni di stipendio e il tempo lavorativo si svolgeranno azienda per azienda e ci sarà pure concorrenza tra i dirigenti per ridurre diritti dei lavoratori allo scopo di generare più profitti.
Solo il padrone potrà indurre un referendum nell’azienda, e fare approvare dai lavoratori i suoi piani o accordi aziendali, senza trattative con i sindacati. Questo è una novità. Facciamo un esempio : proporre di lavorare di più col pretesto di evitare la chiusura della fabbrica, in realtà perché la chiuderebbe se non ci guadagnasse di più.
Il CHSCT (Comitato di Igiene e di Sicurezza sul posto di lavoro), prima obbligatorio, con presidenza solitamente del padrone e costituito da una delegazione del personale e, a titolo consultivo, da un medico del lavoro e un ispettore del lavoro, sparisce. I lavoratori non avranno più voce in capitolo sule loro condizioni di lavoro.
I licenziamenti diventeranno più facili, soprattutto quelli mirati a cacciare via sindacalisti e altre persone scomode, in effetti le indennità legali di licenziamento non cambiano, si stabilisce invece un limite superiore per il risarcimento dei danni che un licenziato può chiedere e chiedeva facendo cause in stragrande maggioranza vincenti. Di modo che il suo licenziamento può ormai essere calcolato e assunto come un qualsiasi altro rischio dall’azienda.
Gli stipendi non saranno più negoziati ogni anno, ma ogni tre anni, quindi possiamo già capire benissimo che saranno bloccati per tre anni.
Si inventa il contratto di lavoro a tempo indeterminato “di cantiere”, alla fine del progetto finisce anche il contrato senza obbligo di pagare indennità di licenziamento. Ma nemmeno l’indennità di precarietà di fine di contratto a tempo determinato. La legge, inoltre, non mette limite al numero di contratti di cantiere.
Per il settore pubblico
Lo smantellamento continua.
120 000 posti in meno (50 000 a livello nazionale e 70 000 a livello regionale) e tagli alla spesa pubblica di 60 miliardi di euro. Si stabilisce il “giorno di carenza”, già esistente nel settore privato ma solitamente pagato dalla ditta se il lavoratore prenderà un congedo per malattia, perderà il primo giorno di stipendio. Poi un blocco dell’indice delle retribuzioni contrattuali.
Per tutti
Meno solidarietà, meno parità tra padroni e lavoratori e più Stato.
La CSG (Contribuzione Sociale Generalizzata) aumenta del 1,7% per compensare i contributi sociali mancanti, visto che non saranno più prelevati sulla busta paga. I salariati pagavano lo 0,75% per la Cassa di Sécurité Sociale (INPS francese), il 2,4% per la Cassa di Disoccupazione (Caisse de chômage), i funzionari non pagavano più l’INPS e pagavano l’1 per cento la Cassa di Disoccupazione. Con la riforma, i pensionati perdono 25 euro per una pensione di 1500 euro, i salariati ci guadagnano qualcosina e i funzionari sono perdenti. La CSG è una tassa dello Stato che, come l’IVA, si applica a tutti pure agli stipendi altrimenti non tassabili, quindi non è egualitaria. Le minacce che la sottendono riguardano la fine del principio di solidarietà nei contributi sociali (paghi secondo il tuo reddito ma il diritto alla salute è secondo i tuoi bisogni) e, con la proposta dello Stato di controllare l’Assurance chômage (Cassa di Disoccupazione), la fine della gestione paritaria padroni-impiegati, cosicché lo Stato potrà decidere da solo di abbassare le indennità per il licenziamento.
Taglio di 5 euro all’APL (sussidio abitativo), a danno soltanto dei meno abbienti o non abbienti. Invece l’ISF (Impôt de Solidarité sur la Fortune) diventa l’Impôt sur la Fortune Immobilière, quindi riguarderà ormai soltanto il patrimonio immobiliare con un esonero dei primi 800 000 euro. Un mancato introito per le casse pubbliche (cioè in questo sistema lo Stato) di 4 miliardi di euro a vantaggio dei più facoltosi!
Mobilitazione non unitaria
Lo sciopero e l’appello a manifestare il 12 settembre contro la Loi Travail è stato lanciato dai sindacati CGT, Sud, Solidaires, FSU, CNT.
I sindacati riformisti come CFDT, che ha espresso la sua delusione senza mobilitarsi, e FO, il cui segretario generale Jean-Claude Mailly era sceso in piazza contro la Loi Travail 1 nel 2016 ma ritiene che ci siano punti positivi nella versione 2 del 2017 (non si è capito ancora quali), non hanno aderito alla mobilitazione.
La Fédération Anarchiste Francophone non esige da nessuno l’adesione all’anarchica CNT, la decisione è stata presa in Congresso, quindi secondo le realtà locali, i/le compagni/e militano a volte nella CGT (comunista anche se non è più come prima un obbligo che il segretario generale sia membro del comitato centrale del PCF, ciò che si verificava in un’epoca in cui il PC controllava la CGT, oggi invece la CGT è più forte del PC), in tanti militano anche in FO visto che, pur essendo un sindacato riformista (“creato” pure con finanziamento della CIA nel 1947 per andare contro la CGT, per cui si chiamava in origine CGT-FO!), è confederato, quindi le sezioni locali hanno grande autonomia e spesso militano nel sindacato Sud (coordinamento di sezioni locali e regionali, orizzontale, anti autoritario e rivoluzionario).
Un terzo dei militanti di FO (tra cui molti anarchici, come riportato recentemente anche in un programma alla radio) vogliono che l’ attuale segretario nazionale dia le dimissioni. Sono scesi in piazza con le proprie bandiere malgrado il divieto e sono stati accolti in tante città con applausi nel corteo del 12 settembre.
La CGT aveva già mobilitato in tutta la Francia per il 12 settembre quando Mélenchon, presidente del gruppo La France Insoumise (La Francia insubordinata) invece annunciò una manifestazione nazionale il 23 settembre chiamando “al combattimento”. Mélenchon, pretende di raccogliere il voto degli indignati ma li convincerà sempre meno se la sua si rivelerà soltanto una bella formula. Vedremo anche se il servizio d’ordine della CGT impedirà di andare al Parlamento. La solita differenza tra comunisti che vogliono prendere il Parlamento nel senso di occupare il potere (e ci siedono già con Mélenchon) e gli anarchici che lo vogliono prendere come si prende la Bastiglia. Anche gli anarchici ci saranno il 23 con le loro bandiere nere e vogliono vedere quanto insubordinati sono i seguaci di Mélenchon.
Resoconto dei cortei nelle città
Ad Amiens, dove il corteo sindacale era in maggioranza della CGT e di FO, una cinquantina di poliziotti in borghese si sono schierati in guardia quando il gruppo anarchico è passato davanti al negozio di cioccolato Trogneux (famiglia della moglie del presidente Macron).
A Lione, prima ancora che il corteo partisse, la polizia ha fermato un centinaio di persone e ne ha arrestate due. Non era successo nulla che lo giustificasse sia pur minimamente. Per solidarietà, i manifestanti non si sono mossi fin quando non sono stati tutti liberati, la faccenda è durata quasi due ore e mezza, quindi il corteo è partito alle 14.30 anziché, come previsto, alle 11.30.
A Bordeaux, c’era un corteo misto CGT, Solidaires, CNT, FSU, con il camion di Solidaires, quello della CNT e tra i due quello di CGT e FO: un simbolo di unità sindacale. La polizia non è riuscita a spaccare il corteo dove voleva, “nel posto giusto”. Si è dovuta accontentare di puntare al gruppo black bloc : qualche fermo ma nessun arresto.
A Nizza, c’è stato un bel corteo tranquillo ma è successo un incidente grave: il segretario di Solidaires per Nizza è stato buttato a terra dalla polizia che gli ha dato un pugno in faccia (è ferito al naso e al gomito) poi ha intenzionalmente schiacciato i suoi occhiali quando lui ha tentato di negoziare la liberazione di un giovane portato fuori dal cortei per un reato minore: scrivere per terra.
Alla fine della manifestazione, a Lorient, i sindacati hanno messo una targa per rinominare la piazza del porto “Place des luttes sociales” (Piazza delle lotte sociali)
La giornata è stata un successo essendo la prima contro la riforma anche se manca una mobilitazione più forte dei giovani, l’età media era +45, forse perché gli studenti non hanno ancora cominciato il corso e anche perché è non è facile scioperare per un lavoratore del settore privato. Si auspica che vadano alla manifestazione nazionale del 23, un sabato.
La manifestazione del 12 settembre invece non era nazionale bensì per città e cittadine, certamente l’effetto numerico risulta sempre inferiore e quindi meno mediatico ma, essendo quello il primo giorno di sciopero e di manifestazioni, è servito a mobilitare dappertutto e prendere il polso delle situazioni : 40 000 a Parigi, 15 000 a Lione, 12 000 a Bordeaux malgrado la pioggia, eccetera. Un riscaldamento e un punto di partenza per continuare con l’obiettivo del 21 settembre.
E dopo ?
Senza uno sciopero generale forte, e magari prolungato, il governo non si tirerà indietro. Tutto si ottiene sempre in piazza e non in parlamento, bisogna sempre ricordarlo.
Monica Jornet