E così un altro passo verso la guerra mondiale è stato fatto.
L’aggressione decisa dal governo di Israele contro l’Iran è partita nella notte fra il 12 e il 13 giugno. La scusa è impedire all’Iran di avere la bomba atomica. L’hanno chiamata operazione “Leone che sorge – Rising lion” con chiaro riferimento al simbolo della monarchia Pahlavi che governava l’Iran fino al 1979. Domenica 15 giugno era prevista una nuova riunione fra i delegati del governo dell’Iran e del governo USA per arrivare ad un accordo sul nucleare iraniano; quanto è accaduto è un attacco alla trattativa, verso la quale il primo ministro israeliano si è sempre mostrato contrario.
Questo attacco non sarebbe stato possibile senza il supporto delle forze armate USA: Israele si conferma il killer a cui l’amministrazione USA arma la mano.
L’Iran ha prontamente risposto. Alle centinaia di civili morti in Iran si aggiungono altre morti civili in Israele. Questa guerra è stata fatta in nome della sicurezza: come per la sua sicurezza, l’Iran, secondo la versione angloamericana e degli alleati, vuole dotarsi della bomba atomica, così per la sua sicurezza, Israele vuole impedire con tutti i mezzi all’Iran di averla. Ma la sicurezza dei governi è la morte delle popolazioni. Non esiste scudo sicuro, come non esistono bombe intelligenti, né guerre umanitarie
Nonostante parli di pace, l’amministrazione Trump prepara e fa la guerra: prepara la guerra alla Cina, attacca l’Iran per l’interposta persona di Israele.
Mentre chiudiamo questo numero arrivano testimonianze dei bombardamenti da parte di compagnx anarchicx che vivono in Iran. Testimonianze che smascherano la falsità della propaganda di Tel Aviv come quella di Teheran. Al contrario della versione ufficiale israeliana sembra che centinaia di civili siano stati uccisi nei bombardamenti “mirati” verso l’Iran e che al contempo al di là della retorica della repubblica islamica nelle città iraniane non vi siano protocolli adeguati né materiali sufficienti per aiutare i civili. Anche questi sono effetti delle sanzioni occidentali che da anni colpiscono innanzitutto la popolazione civile. Nel rischio che la guerra diventi normalità, lx compagnx ricordano che la società iraniana è attraversata da profonde divisioni. La maggioranza odia il regime ma non vuole la guerra, soffre la situazione e maledice il governo. Ci sono i sostenitori del regime, che chiedono una risposta dura contro Israele. Ci sono i nostalgici della monarchia autoritaria dello scià che sostengono Israele, e vorrebbero la guerra totale pur di prendere il potere. C’è una minoranza di rivoluzionari, contro la repubblica islamica, contro Israele e contro tutti gli stati, che rifiutano la logica semplicistica della guerra e già si attivano sul livello del mutuo appoggio.
Anche in Europa lx compagnx in esilio dall’Iran hanno preso posizioni chiare contro la guerra. Condannando in modo chiaro l’aggressione israeliana, giudicando questo attacco un grave ostacolo ai movimenti in Iran. Un ostacolo sia per il movimento femminista per la liberazione dal patriarcato, sia per il movimento operaio e della classe lavoratrice, sia per il movimento contro la tirannia. Perché la guerra riduce le possibilità di iniziativa delle masse organizzate, che sono invece le prime vittime dei bombardamenti, inoltre una guerra porta il regime a inasprire la stretta autoritaria e rafforza la coesione intorno al governo di Teheran, sia dei suoi sostenitori interni che dei suoi alleati all’estero. Le speranze di libertà sono cancellate dalla guerra e dalle bombe israeliane al contrario di quanto vanno ripetendo sui media ufficiali non solo i propagandisti di Tel Aviv ma anche gli iraniani da salotto televisivo che sostengono la dinastia assassina degli scià Pahlavi.
Possiamo fare qualcosa per fermare questa guerra?
Dal 24 al 26 giugno si terrà all’Aia, nei Paesi Bassi, il summit annuale della NATO, per organizzare ancora meglio questa politica di aggressione.
L’Internazionale di Federazioni Anarchiche ha lanciato una campagna, di cui abbiamo già dato notizia su queste pagine. Invitiamo antimilitarist*, pacifist*, internazionalist* a mobilitarsi per questo primo appuntamento.
Nell’immagine: opera di Militanza Grafica, rielaborazione