È l’alba, il sole alto, il gallo canta,
si sveglian l’operaio e il contadino,
le mani rovinate, la terra affranta,
gli arnesi, gli ingranaggi…il corpo chino.
La testa ancora poggia sul bel guanciale,
l’eccellentissimo, onorevole, parlamentare,
amico della cricca baronale,
ancora non è l’ora per lavorare.
È mezzodì si ferma il contadino,
dieci minuti, si siede nel vivaio,
il pane, una cipolla, il cacio e il vino,
simile sorte tocca all’operaio.
È mezzodì, si sveglia l’onorevole,
gli occhietti appiccicati ancora tutti,
sgranocchia qualche cosa tra le mole,
ritorna al suo giaciglio tra peti e rutti.
Cala la sera e torna l’operaio,
stanco, affamato…dalla famiglia,
manca ancor tanto al misero salario,
il contadino la stessa sorte piglia.
Il deputato svegliato dal suo vice,
una cena succulenta sta per finire,
guardando tutt’intorno, a egli dice,
<Son stanco di riposar…vado a dormire>.
“Chi rende l’uomo nobile è il lavoro,
così si dice in giro…non è mia,
io, questa devo dirla se no moro,
son tutte baggianate…e così sia”.
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