Il 12 e 15 dicembre 1969 sono date che hanno lasciato una ferita ancora aperta nella storia di emancipazione dei movimenti sociali in Italia.
Erano anni di intensa conflittualità, di messa in discussione dei valori dominanti, di profonda trasformazione della vita quotidiana. Queste energie attraversarono la vita di centinaia di migliaia di individui con il loro bisogno di libertà e di giustizia sociale. Individui – giovani, lavoratori, studenti, donne – che dalla metà degli anni ’60, e per circa un ventennio, hanno messo in crisi fino alle fondamenta i pilastri apparentemente immutabili della società italiana. Dopo di allora nulla fu come prima.
APPARATI DELLO STATO, PADRONATO E FASCISTI fecero ricorso alle bombe e alla strategia del terrore incolpando la sinistra rivoluzionaria e libertaria per fermarne la crescita e ricacciare sulla difensiva il movimento dei lavoratori.
Prima fra tutte la strage di piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 (17 morti e 88 feriti), con l’incriminazione di Pietro Valpreda e di altri anarchici, riconosciuti in seguito pienamente innocenti, e l’assassinio del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli mentre si trovava nei locali della Questura di Milano (16 dicembre 1969). Seguirono le stragi di piazza della Loggia a Brescia (maggio 1974) , dell’Italicus (agosto 1974) fino a quella della stazione di Bologna (agosto 1980). E dopo le bombe, la repressione.
Centinaia tra morti e feriti, 40.000 denunciati, 15.000 incarcerati, 4.000 condannati furono il prezzo pagato dai movimenti e dalla società. Solo l’alleanza di tutto il sistema dei partiti istituzionali, l’uso di tutti i corpi militari e repressivi, una modifica radicale del cosiddetto ‘stato di diritto’ – fino alle carceri speciali, all’isolamento, alla tortura – la subordinazione della magistratura al potere politico, il supporto di tutti i mezzi di informazione, riuscirono a piegare (ma non domare) le istanze di liberazione sociale. La storia della Repubblica è piena di queste violenze e di queste operazioni speciali, ma anche la nostra memoria è piena dei fatti ad esse collegate.
La necessità di riproporre il senso e il significato di quella storia, almeno in alcuni dei suoi punti salienti, appare quindi centrale in questa fase per ricordare alcuni fatti e alcune figure che hanno segnato il nostro tempo. Occorre delineare una cornice di riferimento dalla quale far ripartire una critica radicale sempre più condivisa in un contesto dominato dalla sindrome sicuritaria figlia della guerra infinita e della grande menzogna che le sta a monte, funzionale alla strumentalizzazione dei fatti, all’annichilimento delle coscienze, all’incremento dello sfruttamento e dell’oppressione, come dimostrato dalle leggi sul lavoro del governo Renzi e dagli ultimi decreti sicurezza del governo Lega-5stelle, in una comunione d’intenti antiproletaria.
Ricordare oggi la strage di Piazza Fontana – la madre di tutte le stragi – e l’assassinio di Giuseppe Pinelli vuol dire non solo compiere una doverosa commemorazione di quanti furono vittime della criminalità del potere, ma denunciare la continua manipolazione e il tentativo di riscrittura di un’intera fase storica che intende cancellare le responsabilità della catena di comando – dal governo allora in carica, al ministero dell’Interno, all’Ufficio Affari Riservati fino ai responsabili della questura e dell’ufficio politico di Milano – nella strategia della tensione.
Dalla stagione delle stragi e delle minacce golpiste, alla dura repressione dei movimenti di questi anni (Genova 2001 su tutti), alla ripresa dell’attività nazifascista, alla criminalizzazione dei migranti, al razzismo dilagante, alla violenza maschilista, un filo si snoda ininterrottamente fino a oggi: il filo di una politica che, al di là di alcuni aggiustamenti di facciata, mantiene inalterato il suo carattere autoritario, contro i ceti più poveri, gli immigrati, i giovani, le donne, le popolazioni in lotta per la difesa del territorio e dell’ambiente, contro le conquiste dei lavoratori rendendo il lavoro sempre più precario e sottopagato, nella logica del capitalismo più sfrenato.
Le stragi sono sempre all’ordine del giorno, da quelle sui posti di lavoro, frutto dello sfruttamento crescente, della precarietà e del restringimento delle garanzie, a quelle nel Mediterraneo e nella “Rotta balcanica” a causa di una criminale politica di chiusura dei porti e della militarizzazione dei confini, a quelle nei confronti delle donne provocata da una cultura maschilista e patriarcale che affonda le sue radici nelle religioni di ogni tipo.
Malcontento e insoddisfazione covano sotto traccia in larga parte della popolazione, lotte e conflitti si accendono e si consumano in tempi brevi, MA CI SONO. Crescono le forme di autoorganizzazione, si diffondono le pratiche dell’autogestione e dell’occupazione, si manifestano movimenti di massa come quelli contro i cambiamenti climatici. Un mondo nuovo è sempre possibile!
E’ necessario continuare a mobilitarsi e battersi per conquistare LIBERTA’ ed UGUAGLIANZA!
CONTRO TUTTE LE FORME DI DOMINIO OGGI COME ALLORA!
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI