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Dalla padella NATO alla brace sovranista

Sappiamo molto bene di vivere in una fase molto difficile per coloro che intendono contribuire all’agire collettivo contro la guerra. Il radicamento nella realtà quotidiana di istanze antimilitariste si fa sempre più difficile quando molte persone sono preoccupate della propria sopravvivenza, nel pieno di una crisi di sistema che non sembra esaurirsi a breve termine. Certo si può affermare che la guerra globale e permanente è parte della crisi del sistema: si tratta di un tentativo, a volte consapevole e pianificato, a volte automatico riflesso di stimoli percepiti in modo anche confuso, dei gruppi di potere statali e transnazionali di resistere all’erosione della loro autorità locale o planetaria.

In questo contesto di difficile interpretazione alcuni “movimenti contro la guerra” tentano di percorrere a volte nuove strade. La rete nowar (romanocentrica) ha proposto recentemente un’iniziativa d’azione anti NATO. In seguito allo svolgimento di un convegno, tenutosi a Roma l’11 ottobre scorso, è stato prodotto un documento sul quale si vanno raccogliendo adesioni in tutta Italia. Si tratta di un testo che sostiene la necessità che il nostro paese esca dalla NATO.

Sembra una cosa ovvia: qualunque individuo che ripudi la guerra sa che la NATO è uno dei soggetti principali della violenza bellica diffusa sul pianeta. Non è neanche il caso di ricordare il mutamento strategico della fine del secolo passato che ha portato l’organizzazione dell’Alleanza Atlantica a dismettere ogni finzione strettamente difensiva e ad assumere iniziative attive planetarie anche in luoghi molto distanti dai territori dei paesi che ne fanno parte: ciò secondo una concezione del controllo egemonico dei territori e delle risorse che supera definitivamente ogni tentativo di giustificazione ideologica fondata sulla legittima difesa di chi reagisce ad un’aggressione. Fin qui ci siamo tutti (o quasi): la NATO è davvero un’emanazione diabolica (se il diavolo esistesse). Le cose si fanno invece confuse quando si va a leggere il documento succitato.

Proviamo a riportare qui solo i pezzi evidenziati in grassetto dai suoi estensori: c’è “un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, che potrebbe essere fortemente ridotto se l’Italia uscisse dalla Nato. […] Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali. […] L’Italia, uscendo dalla Nato, riacquisterebbe la piena sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.”

Tentiamo una breve analisi di questi brani.

L’argomento principe che viene evidenziato è lo spreco di denaro pubblico in un momento di crisi; dovremmo forse arguire che, se ci trovassimo in una fase di crescita economica, potremmo permetterci tranquillamente di buttare soldi nell’acquisto di armi e nella guerra? Ma gli estensori del documento ed i loro sostenitori sono pronti a spiegare (ci è stato possibile accertarlo anche in uno scambio di email) che bisogna attirare il popolo con argomenti che capisce e non con astruserie da loro definite ideologiche (l’antimilitarismo sarebbe tale, a loro dire): infatti il popolo è un bambino che non può capire concetti troppo astratti e va attirato con caramelle dolci e morbide.

Accanto alla violazione dell’art. 11 (citato spesso a sproposito, in quanto, in realtà, non impedisce assolutamente di far parte di coalizioni internazionali che promuovono la guerra all’ovvio e fittizio scopo di fare la pace), gli estensori del documento affermano che la NATO va contro i “nostri reali interessi nazionali”. Dobbiamo quindi dedurre che un pacifista e un antimilitarista dovrebbe curarsi di quali sono gli interessi nazionali del paese in cui casualmente è nato o in cui comunque si trova a vivere? Certo si tratterebbe di una bella svolta e del definitivo abbandono di ogni principio internazionalista, da sempre faro di tutti coloro che si sentono parte, in un modo o nell’altro, del movimento socialista (dai tempi della prima Internazionale in poi). Però, a pensarci bene, la citazione degli interessi nazionali è meno innocente di quanto potrebbe sembrare; https://www.youtube.com/watch?v=fNGLhp4RWhU è un link davvero interessante: infatti si può ascoltare (e vedere) Giulietto Chiesa che, al margine del succitato convegno romano, afferma che, per far montare una campagna contro la NATO, è dannoso porre confini a destra. Ecco allora spiegata la citazione degli interessi nazionali: un tentativo di aggregazione di tutti gli antiamericani, anche di quelli più impresentabili.

Il finalino idilliaco ci fa incontrare un’altra parola pesante: sovranità. Uscendo dalla NATO, dunque, l’Italia tornerebbe ad essere pienamente sovrana: un bello Stato nazionale che potrebbe giocare liberamente le sue carte sulla scena internazionale. Lasciamo da parte considerazioni realistiche di qualsivoglia genere e prendiamo sul serio l’affermazione degli estensori del documento: ci verrebbe da chieder loro se pensano davvero che uno Stato nazionale forte possa essere un soggetto portatore di pace e non invece, come più probabile, un ulteriore agente di accrescimento della violenza, della gerarchia, dell’autoritarismo.

Altri brani del documento in questione citano alcune aree di crisi mondiale, alcuni luoghi in guerra, dove si muore e si soffre. La scelta operata rispecchia quasi completamente le istanze strategiche della Russia putiniana. Non è il caso qui di approfondire e di far nomi noti e meno noti, ma davvero il documento è stato prodotto in un ambiente che potremmo definire neocampista: per tale area politica basta essere nemici degli USA e si è automaticamente a favore della pace. Ma posizioni di questo tipo si diffondono anche in campi lontani dal neo-vetero-marxismo nazionalista. Per esempio, in occasione di una serata No F-35 organizzata ad Oleggio, vicino all’aeroporto militare di Cameri, dal M5S della provincia di Novara, è stato possibile ascoltare, tra gli altri, l’on. Manlio Di Stefano (della commissione esteri) esaltare i principi di un sovranismo quasi ottocentesco e lodare i paesi eroici che sarebbero baluardi contro lo strapotere dei maledetti yankee: Russia, Cina, Sudafrica, Brasile, India; insomma i cosiddetti Brics, con i quali, a suo dire, l’Italia dovrebbe intensificare la collaborazione (anche economica e commerciale), magari dopo essersi tirata fuori da NATO ed UE. A tale riguardo ci sembra superfluo ricordare la saggezza antica che parlava di cadute dalla padella alla brace.

Chiudendo queste brevi annotazioni non possiamo far altro che ribadire alcune cose elementari e a tutti comprensibili: gli Stati fanno la guerra (non lo fanno per cattiveria: è carattere); agire in accordo amorevole con i nemici dei nostri nemici non ci renderebbe certo né più pacifici, né più sicuri; identificare negli USA gli unici responsabili di guerre e di morte è cosa piuttosto ingenua e dannosa per la comprensione della realtà. Ma queste sono osservazioni troppo semplici: le potrebbe capire anche il popolo pecorone; quel popolo che neocampisti di ogni provenienza politica vorrebbero intruppare al loro servizio, adoperando qualunque strumento disponibile: anche quel che resta dello spirito pacifista ed antimilitarista, ormai quasi esausto dopo i tradimenti di numerosi capipopolo che, negli ultimi anni, sono riusciti a dissolvere quasi ogni speranza.

Dom Argiropulo di Zab