Ne scrive con discreto rilievo anche Il Sole 24 Ore di venerdì 8 aprile 2016: a pagina 18 c’è un articolo, in cui, ovviamente, si dà molto rilievo alle tesi della difesa. C’è anche la foto dei due condannati in appello a Milano, con una sentenza che ha (tra lo stupore degli esperti) ribaltato quella di primo grado, secondo la quale i due soggetti di cui diremo erano stati giudicati colpevoli solo per un capo di imputazione: false fatturazioni. Ecco la didascalia che accompagna la foto di cui sopra: “L’ex presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, e l’ex ad di AgustaWestland, Bruno Spagnolini, sono stati condannati in appello ieri a Milano rispettivamente a quattro anni e sei mesi e a quattro anni di reclusione per corruzione internazionale e false fatturazioni.”
La condanna è stata inflitta per presunte tangenti che sarebbero state versate, nel 2010, a esponenti del governo indiano (una cinquantina di milioni di euro) per riuscire ad ottenere la commessa da 560 milioni di euro per la vendita di 12 elicotteri Aw101Vip. Un dieci per cento scarso: una cosa quasi “onesta” nel mondo degli affari internazionali, nel quale si giocano spesso mediazioni confessabili e meno confessabili.
E però, nel neocapitalismo internazionale, a volte emergono esigenze di trasparenza dei mercati, di correttezza verso le istituzioni pubbliche, di gioco teatrale del “facciamo finta di essere brave persone”: quindi si sono create regole per il fair play negli affaroni tra soggetti che risiedono in Stati differenti.
Tali convenzioni internazionali sono state recepite anche dall’Italia: abbiamo l’art. 322bis del codice penale che punisce appunto la corruzione internazionale al pari di quella interna. Utile, per la comprensione di tale concetto, la lettura dell’attacco di un articolo reperibile in un portale specializzato sul tema della responsabilità amministrativa delle società e degli enti: “Con il sintagma “corruzione internazionale” ci si intende riferire - in prima approssimazione e in via di definizione stipulativa - a quei casi nei quali vengono dati (o promessi) denaro o altre utilità a un pubblico ufficiale straniero per ottenere un atto a vantaggio di un ente che ha la sede (od opera) in uno Stato diverso da quello dell’ordinamento di appartenenza del pubblico ufficiale: ad esempio il pagamento di una somma di denaro a un pubblico ufficiale straniero per ottenere a favore di una società commerciale italiana l’assegnazione di un appalto da parte di un ente pubblico nel medesimo Paese straniero, o per ottenere una concessione necessaria per svolgere una determinata attività in quello stesso Paese.”
(http://www.rivista231.it/Pagine/Pagina.asp?Id=492)
Si è trattato, nel caso di Orsi e di Spagnolini, di una sentenza di secondo grado, contro la quale gli avvocati hanno dichiarato d voler ricorrere in Cassazione. Le motivazioni addotte per il ricorso hanno una loro piccola complicazione tecnica riguardo al passaggio dal riferimento, nel giudizio di secondo grado, da atto contrario ai doveri d’ufficio all’ipotesi che l’atto si sia invece manifestato nell’ambito dell’esercizio delle funzioni, e fanno profetizzare facilmente che la sentenza verrà ribaltata di nuovo in Cassazione, riportando ordine nel mondo degli affari (e dei mercanti d’armi in particolare) e rendendo responsabili i due super manager solo di false fatturazioni.
Del resto, i mediatori svizzeri coinvolti, che avevano facilitato l’affare con l’India, avevano già patteggiato, ammettendo implicitamente la propria responsabilità; e un simile patteggiamento era stato già effettuato dalle società coinvolte a causa degli atti dei propri dipendenti (Orsi e Spagnolini, appunto).
Ma a noi le vicende giudiziarie interessano relativamente. Questa faccenda ci può dare lo spunto per alcune utili riflessioni d’ordine politico, economico e sociale.
Il giornalista Paolo Viviani (senza sua particolare responsabilità figlio del defunto e famoso generale Ambrogio Viviani), nel Corriere di Novara datato 9 aprile 2016, fa notare un paio di cose interessanti. La prima: tra i beneficiari delle tangente ci sarebbe anche la famiglia dell’ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica indiana Sashi Tiagy, che ha sempre smentito il suo coinvolgimento e che, a dire di Viviani, potrebbe essere ancora in parte decisivo (non si spiega come) per il destino dei marò.
La seconda: viene riportato alla memoria il presunto finanziamento illecito alla Lega Nord per 10 milioni di euro, vicenda che è stata archiviata (passata quindi nel dimenticatoio), provenienti da Finmeccanica (e infatti Orsi era considerato un manager in quota della Lega). Ma come mai un giornale locale come il Corriere di Novara si occupa molto di una vicenda di rilievo nazionale come questa? Basta dire che Orsi risiede a Sesto Calende, in provincia di Varese al confine con quella di Novara, e che Spagnolini risiede a Fara, in provincia di Novara? Può darsi.
Ma a noi fa bene aggiungere che le due province, quella di Varese e quella di Novara, sono intensamente coinvolte nella produzione di armi e dalla presenza di installazioni militari di notevole importanza. Pensiamo, in provincia di Novara, all’aeroporto militare di Cameri, all’interno del quale è presente lo stabilimento per l’assemblaggio degli F-35, e alla limitrofa base logistica, e per le esercitazioni dei blindati, governata dalla caserma Babini di Bellinzago Novarese.
Dall’altra parte del Ticino, in provincia di Varese, osserviamo la presenza degli stabilimenti di AgustaWestland e di Alenia Aermacchi (ormai ricompresi nell’unica grande società di Finmeccanica, che sarà tra breve ridenominata Leonardo) e della base NATO di Solbiate Olona, nella quale sono di stanza le truppe di pronto intervento di alcune nazioni facenti parte dell’Organizzazione. Si tratta quindi di territori occupati dalla presenza militare, di territori che hanno sempre fatto del militarismo teorico e pratico una parte importante della loro cultura, di territori in cui la popolazione subisce da sempre un indottrinamento in questa direzione e viene tenuta tranquilla dal legame economico con basi e fabbriche d’armi e con la prospettiva di un posto di lavoro comodo, vicino a casa, e ben retribuito.
Ma allontaniamoci dal territorio insubre e facciamo un paio di ulteriori utili riflessioni.
La prima concerne il legame tra affari e tangenti. Non si tratta certo di una novità: e non solo nel campo della produzione e della vendita di armamenti. Infatti è noto che il regime economico neocapitalista ha bisogno di lubrificante per oliare i suoi ingranaggi. Il mercato è una bella cosa negli ideali degli economisti classici e neoclassici, ma è meglio se si agevola il suo funzionamento riuscendo a conquistarsi la benevolenza di coloro che occupano posti nelle istituzioni politiche. La favoletta dell’efficienza del libero mercato e del laissez faire lasciamola a chi non si è ancora accorto che il capitalismo, senza il sostegno attivo degli Stati e delle istituzioni sovranazionali, sarebbe crollato da un bel po’ di tempo.
Del resto, nonostante l’ipocrisia di chi costruisce norme inapplicabili nella situazione reale, tutti sanno che la mediazione per affari di grandi dimensioni, quali sono quelli che riguardano i sistemi d’arma, è pratica abbastanza frequente; e i mediatori sono efficienti se sanno raggiungere le persone giuste che possono decidere un acquisto di tal genere. Il fesso è quello che si fa beccare, mentre il genio della produzione e dell’export è quello che non si fa beccare. Punto e basta.
La seconda questione ci riguarda direttamente, in quanto anarchici, libertari e antimilitaristi. Assistiamo a volte al tentativo degli apparati di potere di depurarsi, di darsi una spolverata di onestà attraverso l’espulsione dai loro ranghi di soggetti che hanno agito male. Si celebrano processi: qualcuno magari si fa anche qualche mese o pochissimi anni di galera, conservando, ovviamente, un discreto patrimonio per la sua vecchiaia nascosto in qualche ospitale banca offshore. E così l’apparato di potere riconquista una sorta di verginità, che lo fa apparire puro agli occhi del buon popolo, grato alla magistratura per essere stata in grado di scovare i reprobi e di punirli. Ma, in realtà, sappiamo che questi interventi avvengono quasi sempre a giochi già fatti: quando una cricca è stata sconfitta da un’altra cricca, quando si è reso necessario un ricambio a causa dell’impetuosa ascesa di nuovi soggetti o a causa dell’incapacità di individui, divenuti inadatti alla conduzione di affari proficui per le imprese e per i loro referenti economici e politici.
Possiamo anche gioire di una condanna che colpisce qualche cattivo imprenditore, o dirigente o uomo politico, che ha osato incamerare denaro illecito a titolo personale o ne ha usato per corrompere qualcuno: è uno spreco di risorse pubbliche, no? Ma riflettiamo: ammesso che ci sia stata la tangente indiana pagata da Orsi e Spagnolini (che, quasi sicuramente, sentendoci profeti, vediamo già assolti in Cassazione), ebbene, se non si fossero dati i cinquanta e passa milioni di euro ai boss indiani, come sarebbero stati utilizzati questi stessi soldi? Probabilmente sarebbero stati impiegati per accrescere il capitale investito e l’efficienza di Finmeccanica: quindi per permetterle di produrre più armi e di trovare altri nuovi clienti.
Attenzione, allora: l’ideologia dell’onestà borghese a volte funziona solo come sostegno al sistema di sfruttamento esistente, un meccanismo che deve essere fatto funzionare meglio, allo scopo di sfruttare in modo più intenso le classi subalterne e di consolidare la posizione di quelle dominanti. Anche l’apparato produttivo di armamenti rientra in questo gioco più ampio di trasformazione e di consolidamento degli Stati neocapitalisti e neocorporativi, i quali, ristrutturandosi ed espellendo i boss inefficienti e “disonesti”, cercano di allontanare il giorno del loro crollo, che invece noi speriamo si verifichi presto anche grazie alla giusta ira degli sfruttati.
Dom Argiropulo di Zab