Condizioni di pace. Libertà senza stati

Alla fine di ottobre un gruppo di studenti ha contestato Emanuele Fiano, esponente del PD e segretario di “Sinistra per Israele”, mentre teneva un dibattito all’Università Ca’ Foscari di Venezia sulle prospettive di pace in Palestina.

Questo episodio è stato l’occasione per il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, “Avvenire”, per allinearsi alle linee guida dei disegni di legge contro l’antisemitismo presentati in parlamento. Fin dalle prime righe del commento di Daniele Paolini, il quotidiano cattolico cataloga quanto è avvenuto a Ca’ Foscari come antisemitismo, un esempio di odio verso gli ebrei.

Secondo Avvenire, darsi come obiettivo la distruzione dello stato di Israele è antisemitismo, riprendendo le parole di Fiano. L’esponente di “Sinistra per Israele” ha affermato che chi nega agli ebrei il diritto ad avere uno Stato è antisemita.

Credo che questa affermazione meriti attenzione, soprattutto da parte di chi, come il movimento anarchico, ritiene che lo Stato, il Governo non siano la soluzione, ma la causa dei problemi e delle sofferenze.

Innanzi tutto bisogna considerare il ruolo dello Stato di Israele. Esponenti del movimento anarchico hanno preso posizione contro il sionismo. Ad esempio, Emma Goldman scriveva nel 1938: “per molti anni mi sono opposta al sionismo come al sogno dell’ebraismo capitalista di tutto il mondo per uno Stato ebraico con tutti i suoi attributi, come il governo, le leggi, la polizia, il militarismo e il resto. In altre parole, una macchina dello Stato ebraico per proteggere i privilegi di pochi contro i molti.”

Le parole di Emma Goldman prefigurano l’attuale situazione della Palestina, dove lo stato di Israele è una macchina di oppressione e di guerra per l’intera regione, allo scopo di difendere i privilegi di pochi. In questo quadro dobbiamo porci la domanda: è possibile mettere un limite all’espansionismo israeliano? È possibile una coestistenza pacifica con lo stato di Israele?

La risposta che danno le organizzazioni della Resistenza palestinese è sì. Queste organizzazioni, sia quelle che fanno parte dell’Autorità Nazionale Palestinese, sia il fronte costituito da Hamas, Jihad islamica e FDPLP, hanno come obiettivo la costituzione di uno stato palestinese nell’ambito dei confini del 1967, quindi riconoscono lo Stato di Israele. In realtà tutta la lotta, violenta o meno, compreso l’azione del 7 ottobre 2023 si spiega con l’obiettivo di ottenere una qualche forma di riconoscimento da parte di Israele. L’accordo di pace a Gaza risponde a questa richiesta politica palestinese e all’aspirazione del ceto politico di governare quelli che non saranno altro che minuscoli bantustan sotto controllo israeliano. Intanto, non solo la tregua viene continuamente violata dalle forze israeliane, ma il governo di Tel Aviv continua la politica espansionista in Cisgiordania, in Libano, in Siria, a Gaza.

In questo quadro, lo slogan “Palestina libera dal fiume fino al mare” non è l’obiettivo delle organizzazioni della Resistenza palestinese. Lo dimostrano l’accordo di Pechino tra 16 organizzazioni, lo dimostra la partecipazione di Hamas alla nuova autorità palestinese di Gaza insieme all’ANP, nell’ottica del piano di pace proposto dagli Stati Uniti. Ma questo realismo politico in realtà si muove su un piano utopistico: proprio quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi dimostra che la costituzione di due stati per due popoli non porrà fine alla guerra. Per arrivare alla pace è necessario sbarazzarci degli stati e dei governi, con il loro codazzo di militari e di preti, e quindi anche distruggere lo stato di Israele.

Come solo la distruzione dello stato di Israele porterà la pace in Palestina, così la pace in tutto il mondo verrà solo con la distruzione di tutti gli stati.

La presa di posizione di “Avvenire” rivela come le “aperture” della Chiesa siano solo strumentali, in vista della difesa del proprio potere e della propria funzione di puntello ideologico dell’imperialismo occidentale.

Tiziano Antonelli

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