Per i leghisti, come per i fascisti in genere, Pisa non è mai stata una piazza facile. L’ultima volta ci avevano provato il 14 novembre scorso, con una manifestazione “nazionale” dei Giovani Padani. Si erano ritrovati in una cinquantina di schifosi, portati da sette torpedoni gran turismo in una piazza deserta sui Lungarni, circondati da una una contromanifestazione di diverse centinaia di persone e protetti da 200 poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa che non hanno esitato a caricare violentemente i contestatori (per cinque dei quali la Questura di Pisa ha chiesto proprio in questi giorni un assurdo provvedimento di Daspo, cioè il divieto di frequentare gli stadi per aver partecipato ad una manifestazione politica).
Così, stavolta, per fare la porcata hanno pensato bene di aspettare la mattina del 6 gennaio, che il giorno della Befana sono tutti impegnati ad aprire le calze e non c’è nessuno in giro. E si sono ritrovati in sette leghisti in piazza a Cascina (una cittadina a una quindicina di km da Pisa), a fare un presidio per commemorare l’anniversario dell’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo. In realtà soltanto l’occasione per l’ennesima comparsata per vomitare razzismo e ignoranza ad uso e consumo dei loro complici della stampa locale, che a Pisa non manca mai di dare il massimo risalto alle iniziative delle bande fasciste e leghiste e alla loro propaganda dell’odio. Jean Marie Le Pen, almeno, subito dopo il massacro dei giornalisti di Charlie, aveva avuto la decenza di dire Je Ne Suis Pas Charlie, perché il suo cuore di vecchio fascista non poteva certo dirsi triste se erano stati fatti fuori “un gruppetto di anarcoidi senza valori e senza rispetto per nessuno”. Per gli squallidi seguaci di Salvini ogni occasione è buona pere vendere odio agli ignoranti. E per far capire di che pasta sono fatti, solo due giorni dopo il presidio “per Charlie”, la stessa Lega Nord di Pisa ha diffuso un durissimo comunicato stampa contro le scuole elementari di Cascina, colpevoli di aver portato in piazza trecento bambine e bambini a cantare come augurio di pace per il 2016 appena iniziato “Imagine” di John Lennon. Secondo questi maiali, infatti, la famosissima canzone dell’ex Beatle ha l’imperdonabile colpa di parlare di “un mondo senza eserciti, senza religioni e senza proprietà privata, cioè di un mondo senza valori”.
Nei territori controllati da Al Baghdadi e dai suoi proseliti, di “valori” ce sono tantissimi. A Raqqa e a Mosul, nelle capitali dell’Isis, non ci sono ladri, gli scioperi e i sindacati sono proibiti, chi usa droghe, alcol o anche fuma una sigaretta viene fustigato in pubblico, a chi vende le sostanze proibite viene tagliata direttamente la testa, chi prova a fuggire e a emigrare all’estero finisce nelle fosse comuni, gli omosessuali vengono buttati dagli ultimi piani dei palazzi più alti, nelle scuole si insegnano soltanto inglese, informatica e business, sono vietati non soltanto le canzoni di John Lennon, ma la musica in genere (“l’amore per la musica porta facilmente alla musica dell’amore”, diceva Shakespeare, una roba da sempre pericolosissima per i nemici dell’umanità). E’ il sogno dei fascisti e dei leghisti che ogni giorno vomitano odio contro i migranti, i gay, i drogati, i lavoratori che ancora si ribellano ad una vita da schiavi obbedienti, le donne che non si rassegnano ad essere mamme o puttane, la musica di notte e anche di giorno. I fascisti e i leghisti che scendono in piazza strumentalizzando le vittime dell’orrendo attentato del 7 gennaio 2015 non é semplicemente che non hanno nulla a che vedere con lo spirito scanzonato, laico e libertario di Charlie. E’ proprio che sono queste merde il piccolo Isis quotidiano di noialtri ed infatti il noto sociologo francese Olivier Roy (considerato uno dei maggiori esperti mondiali dell’integralismo islamico) ha ricordato anche in una recente intervista al New York Times che “per capire l’Isis non bisogna guardare tanto lontano. Le idee dei suoi militanti e dei suoi simpatizzanti hanno molto più a che vedere con quelle dell’estrema destra populista europea che con la cultura islamica”.
Su Charlie, bisogna dirlo, sono stati più onesti i preti. Subito dopo l’uscita del numero speciale di Charlie Hebdo con un dio barbuto in copertina con triangolo divino in testa e un mitra in spalla e sotto la scritta “il colpevole è ancora in fuga”, l’Osservatore ha immediatamente definito la copertina pubblicata “penosa” scagliandosi contro “chi non vuole riconoscere e rispettare la fede in Dio di ogni credente, qualunque credo professi”. E’ lo stesso motivo per cui , invece, tanti di noi, vedendo quella bellissima copertina, con un tuffo al cuore si sono sentiti di nuovo Charlie. Perché quella vignetta ricordava che la strage del 7 gennaio è solo l’ennesima strage commessa nel nome di Dio e la reazione scomposta dell’organo ufficiale del Vaticano (cioè di quella Chiesa Cattolica che uno storico tedesco ha definito “la più feroce organizzazione criminale della storia dell’umanità”) dimostra quanto ha colpito nel segno.
robertino