Il Vaticano sta processando nel suo tribunale due scrittori, i cui libri sono stati stampati in territorio italiano, e rischiano una pena che può arrivare a otto anni di detenzione solo per aver pubblicato notizie e fatti che hanno rivelato gravi scandali e molti episodi di malcostume ai vertici della Chiesa: dati non smentiti, anzi valorizzati da una documentazione inoppugnabile. Un processo, iniziato il 24 novembre 2015 e che finirà prima dell’8 dicembre, che evoca l’Inquisizione e l’Indice dei libri proibiti, quello messo in piedi contro Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi. Entrambi hanno detto di non considerarsi dei martiri ma di essere perseguitati dalla Chiesa cattolica che, anche nella sua legislazione, non riconosce il diritto di cronaca con mantenimento della segretezza delle fonti di informazione riservate. Ai due giornalisti, il Vaticano non contesta la veridicità dei documenti pubblicati, ma il fatto di averli resi noti, violando la segretezza a cui li aveva confinati. Così il Vaticano si appella al trattato del Laterano, cioè l’intesa firmata nel ’29 da Mussolini con la Santa Sede e dà in pasto al tribunale ecclesiastico la libertà di stampa, non contemplata nei codici della Monarchia assoluta vaticana. L’unico diritto umano e internazionale che accampa, sempre per sé stessa, è la libertà di religione propria, usata come un maglio per subordinare e plasmare su di essa ogni altra libertà degli altri. L’intimidazione alla libertà di stampa sortirà rapidamente il suo nefasto effetto, avvalorata da uno Stato italiano che a livello istituzionale sta confermando un’ipocrisia ideologica sulla libertà di pensiero. Se il governo italiano avesse ritenuto che il reato contestato ai due giornalisti non fosse legittimo sarebbe dovuto intervenire subito dopo il loro primo rinvio a giudizio del 21 novembre. La scelta di lasciare i due giornalisti in balia del tribunale papalino, che vieta agli imputati alcun difensore che non sia accreditato dal foro ecclesiastico, evidenzia come lo Stato italiano che, bigottamente, rivendica i valori di libertà contro il fanatismo islamico, ma tace sulla violenza ideologica di questo processo imbastito dal tribunale ecclesiastico, faccia uscire il suo vero volto teocratico. La convinta dichiarazione del cardinal Tarciso Bertone che “Gianni Letta è l’ambasciatore della Santa Sede presso il governo italiano” ha un significato che trascende dalla persona. Colui che è stato il fulcro dei governi Berlusconi e tra i fautori del Patto del Nazareno tra Silvio Berlusconi e il segretario del Partito Democratico con premier Matteo Renzi,e che quindi continuerà a svolgere mediazioni istituzionali in presenza di equilibri politici, è il simbolo della fusione teocratica della classe dirigente italiana e le gerarchie ecclesiastiche. Gran parte delle vicende più o meno borderline ai danni degli abitanti in Italia hanno avuto libero corso perché non hanno incontrato alcuna resistenza anche di significativi settori del potere di togliattiana memoria. Ed in tempi di attacchi agli inermi per motivi religiosi, sostenere certi diritti sanciti dal Concordato equivarrebbe a negarne uno gigantesco: quello alla vita e alla libertà di un popolo intero. I diritti fondamentali della persona umana sono una conquista della civiltà ed il mito del decadimento dell’umanità a causa di se stessa ricorre in diverse religioni: se l’umanità è stata dannata per essersi allontanata dalla divinità, ne consegue che l’unica possibilità di salvezza è la redenzione, l’obbedienza cieca al dettato divino, con l’estrema punizione come inevitabile alternativa. È la religione il suo ingrediente principale, lo dimostrano gli obiettivi individuati negli attacchi alla capitale francese. È stata colpita l’irriverenza blasfema di “Charlie Hebdo” a gennaio, la rivendicazione contro un “orgoglio ateo”, contro la prospettiva di una società basata non su un clericalismo diverso ma sull’assenza di clericalismi. Perché una società aconfessionale è libera, e una società libera non è per definizione controllabile. Loro, i clericalismi, invece vogliono assolutamente controllarla, e quindi cercano di codificarne ogni comportamento attraverso l’imposizione di morali e dottrine pretese universali.
’Gnazio