Lo stupro o la violenza sessuale, definita anche di genere, è sempre stata utilizzata come crimine politico perpetuato da coloro che, con la forza fisica, con il proprio potere e con l’autorità, la prevaricazione o la minaccia (esplicita o implicita) usati come mezzo di sopraffazione contro la volontà e consenso di una persona, l’hanno costretta a compiere e a subire atti sessuali.
Lo stupro e la violenza sessuale o carnale, è rivolta contro le donne, i bambini, gli anziani, i cadaveri, tutte le persone considerate nella formazione e cultura dello stupro non più esseri umani ma oggetti sessuali contro cui rivolgere l’insoddisfatto desiderio di piacere e potenza.
Per violenza sessuale sono considerate le situazioni in cui, soprattutto le donne,sono costrette a fare o a subire atti sessuali di diverso tipo quali stupro, tentato stupro, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, rapporti sessuali non desiderati subiti per paura delle conseguenze, attività sessuali degradanti e umilianti.
Lo stupratore è organizzato in branco o in condizioni sociali, culturali ed economiche di dominio di piccole e grandi dimensioni in ogni strato sociale e culturale, con il compito predestinato e meccanico di carnefice.
La violenza sessuale è espressa dalla discriminazione sessuale alla disparità di genere, fino ad essere utilizzata dagli eserciti come arma, bottino e trofeo di guerra in aree di conflitto e dai soldati, anche italiani, utilizzati dai governi nelle cosiddette “missioni di pace” all’estero.
La violenza sessuale è racchiusa in modo esplicito ed implicito in una struttura culturale, la cultura dello stupro, che è stato per secoli lo scheletro dell’archetipo dominio, l’abito indossato dall’arte del comando e del controllo, nascosta, con ogni mezzo lecito ed illecito, dietro ogni strato sociale, culturale ed economico, nelle relazioni di coppia eteronormate e non, nella normalità dei posti di lavoro, dei programmi educativi, nella pubblicità, dietro tutto ciò che, riguardando la sfera sociale quotidiana, va trasmettendo, di generazione in generazione, la struttura culturale autoritaria della sopraffazione di genere e non solo.
In alcuni paesi lo stupro è considerato un atto illegale dunque processabile, ma questo è sempre stato modificato nei testi delle leggi ed è stato interpretato dagli apparati che gli stati hanno istituito. Gli apparati istituzionali infatti, anche dove stanno riconoscendo lo stupro e la violenza carnale come reato, di fatto, stanno manovrando le regole secondo i propri interessi non considerando la libertà di tutte e tutti. Anche l’età ed il concetto di consenso sono stabiliti dalla cultura e dalle leggi ufficiali di ogni singolo paese e non stanno tutelando la libertà sessuale.
La violenza sessuale è stata trattata così, nel corso della storia, dagli apparati statali fascisti come da quelli democratici, in diversi paesi e continenti ed epoche – a volte è stata considerata lecita ed altre volte illecita, in alcuni momenti è stata legale e poi è diventata illegale, insomma la violenza e la discriminazione sessuale è sempre stata trattata in maniera bipolare dagli stati come strumento di controllo sociale, economico, culturale e politico e dagli eserciti come arma di guerra.
Basti pensare come è trattata nei diversi paesi del mondo la discriminazione sessuale, il ricatto sessuale sul posto di lavoro, l’abuso e la molestia, il delitto d’onore, i matrimoni coatti e riparatori, le mutilazioni genitali femminili, l’uso dell’acido per sfigurare, lo stiramento del seno e le fasciature dei piedi, la schiavitù sessuale e la tratta, la morte per dote “drowry death”, le spose bambine, gli “stupri correttivi” nei confronti delle lesbiche, l’aborto selettivo di figli maschi, la gravidanza forzata, la contraccezione negata, lo slut-shaming “onta della sgualdrina”, fino al femminicidio che solo in Italia tra il 2012 e 2013 ha avuto un incremento del 13%.
Nel 2011 il poliziotto M. Sanguinetti, relatore per la prevenzione alla criminalità nella città di New York, ha affermato che le donne non dovrebbero vestirsi come troie per non cadere vittime di violenze e contro tali dichiarazioni dilagò la protesta e numerose Slutwalks si svolsero in diverse parti del mondo. “I love sluts”, “io amo le troie” hanno rivendicato migliaia di donne in tutto il mondo.
Gli stupri non stanno avvenendo solo casualmente per strada, in vicoli bui e considerati poco sicuri, di notte nelle nostre città, nelle aree extraurbane. Stanno avvenendo nei posti di lavoro ad opera di colleghi o datori di lavoro, nelle scuole ad opera di insegnanti e colleghi, nelle caserme ad opera di militari e poliziotti, nelle case, ad opera di coniugi, conviventi e fidanzati. Stanno attraversando tutti gli strati della società e spesso sono taciuti e perpetuati negli anni per paura di perdere il posto di lavoro, di vedere il proprio racconto sminuito dall’autorevolezza e autorità del carnefice (insegnante, capofamiglia, datore di lavoro ecc).
Nello stesso anno 2011, in una caserma dell’Arma, tre carabinieri ed un vigile urbano a Roma hanno stuprato una donna, ragazza madre, con lavoro precario, fermata e trattenuta dagli stessi per un furto in un supermercato. L’avvocato Carlo Taormina, difensore di uno degli stupratori, affermò nella sua requisitoria che “il fatto che la donna fosse detenuta, e quindi priva della libertà personale,costituisce l’aggravante, non il reato. Il mio assistito è provato e molto dispiaciuto. Ha detto di aver sbagliato quella notte, di non essere riuscito a controllarsi. Si è rivolto subito al suo comandante perché sperava di evitare qualsiasi pregiudizio di immagine dell’Arma, ma non c’è riuscito”. L’avvocato Taormina ha cancellato di fatto la legittimità ed il diritto alla “libertà personale” della donna, disconoscendo e negando il suo corpo, la sua volontà di decidere per sé e della propria vita sessuale: Taormina ha leggittimato l’abuso di potere dietro lo stupro, l’apparato statuale che lo ha protetto, ha manipolato la legge difendendo il carnefice in cambio di denaro. La donna così, dopo la violenza sessuale, ha subito la violenza legalizzata ed arrogante del potere degli apparati.
La delega ad un sistema costruito in ogni sua essenza sul patriarcato, sullo sfruttamento e sulla discriminazione di genere non si è rivelata sufficiente a difendere e tutelare l’incolumità e la libertà di tutte e tutti.
Le conseguenze traumatiche fisiche, patologiche e psicologiche di chi ha subito la violenza sessuale sono molteplici e gravi. Alcune donne, in solitudine, non ce l’hanno fatta a sostenerle e superarle ed hanno preferito suicidarsi.
Sono molte le donne che stanno vivendo nel silenzio la violenza sessuale subita, altre stanno denunciando pubblicamente o legalmente (laddove la legalità ha riconosciuto la violenza sessuale come reato), o stanno decidendo di confidarsi con i propri amici e famigliari.
I processi legali in corso in Italia per stupro sono molti, alcuni stanno durando anni, e troppo spesso le donne, che han deciso di denunciare i loro stupratori, stanno subendo la violenza per la seconda volta nel pregiudizio delle istituzioni e dei suoi apparati, dei famigliari e degli amici. Il giudizio, le gravidanze o la condanna morale di un tribunale e di un sistema che ha basato la sua struttura sulla discriminazione sessuale, la sopraffazione e l’ingiustizia sociale tutto questo è diventato insostenibile ed insopportabile. La scelta difficile della difesa legale è strettamente legata alla diseguaglianza economica che, inficiando sull’autorevolezza di una possibile difesa legale efficace, è spesso schierata dietro la cultura dello stupro o a quella paternalistica e populistica diffusa del familismo e del “tengo famiglia”.
In Italia le strutture, le associazioni, le case delle donne, i centri antiviolenza solidali che stanno sostenendo le donne nel percorso successivo alla violenza subita sono autorganizzati ed autogestiti e qui le donne stanno trovando un reale aiuto e supporto legale e psicologico e solidarietà attiva. Alcune strutture sono state istituzionalizzate, altre hanno ritenuto opportuno restare autogestite ed autorganizzate fuori dagli apparati statali.
Secondo un’indagine condotta dall’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica, ente pubblico di ricerca) nel 2015 e resa pubblica nel 2016, Il 35% delle donne nel mondo ha subito una violenza.
La violenza contro le donne è fenomeno ampio e diffuso. 6 milioni e 788 mila donne in Italia hanno subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri nel nostro paese.
Artefici della violenza sessuale, non solo contro le donne, sono stati i loro stessi padri, mariti, amici, colleghi e conoscenti, i loro datori di lavoro – la maggior parte degli stupri in Italia è avvenuto in ambito famigliare e domestico ed ancora molte sono le donne che non stanno raccontando poiché a volte non stanno riconoscendo consapevolmente i maltrattamenti, gli abusi e le violenze.
L’attuale sistema sociale, culturale, religioso ed economico ha eretto i suoi edifici ed apparati sulla gerarchia e sulla sopraffazione sociale economica e culturale, sul potere e la competizione, sullo sfruttamento e la mercificazione sessuale, sulla cultura della discriminazione sessuale e di genere.
La propaganda esclusiva basata unicamente sulla pari opportunità tra i sessi e sulla loro presunta uguaglianza sposta l’attenzione sul problema reale che è stato alla base della costruzione di questo sistema sociale culturale ed economico che ha considerato il corpo oggetto e merce, che non ha tenuto conto della volontà nella scelta del genere subita da molte e molti come sudditanza istituzionalizzata, ha mercificato il sesso e l’amore in tutti i suoi aspetti culturali e scientifici ingabbiando la scienza e la cultura negli interessi economici e nelle governance opportunistiche, nella rivalsa sociale e politica.
Nel nostro paese stanno subendo violenza nel corso della vita le donne separate e divorziate, nubili e coniugate, separate e divorziate, vedove, con laurea e diploma superiore, licenza media e licenza elementare o nessun titolo. Sono dirigenti, imprenditrici e libere professioniste, direttivi, quadri e impiegate, operaie e lavoratrici in proprio e coadiuvanti, in cerca di occupazione, casalinghe, studentesse e ritirate dal lavoro.
La violenza fisica è graduata dalle forme più lievi a quelle più gravi: la minaccia di essere colpite fisicamente, l’essere spinte, afferrate o strattonate, l’essere colpite con un oggetto, schiaffeggiate, prese a calci, a pugni o a morsi, il tentativo di strangolamento, il soffocamento, l’ustione e la minaccia con armi.
Il corpo usato come oggetto e merce riguarda dunque in ognuno di noi l’aspetto esistenziale, culturale e politico. Uscire dalla cultura dello stupro di cui è intrisa la cultura e l’attuale sistema sociale significa uscire dall’oggettivazione del desiderio sessuale ed orgastico, il desiderio di potere usato come potenza e sopraffazione che attraversa tutte le classi sociali, tutti gli ambienti istituzionali, accademici, religiosi e non. Come è possibile parlare di violenza sessuale senza parlare di patriarcato e toccare la sfera esistenziale, culturale e politica individuale e sociale che sono alla base e costituiscono la struttura della cultura dello stupro?
La cultura di massa è permeata in ogni suo aspetto dalla cultura dello stupro e non sta tenendo conto che l’apparato sessuale è costituito da organi appartenenti al corpo di un individuo, che l’accesso agli strumenti per la loro conoscenza è necessaria, nel percorso di crescita e consapevolezza della personale vita sessuale ed essendo tutto ciò annullato, ha ceduto il passo al desiderio represso di potenza e sopraffazione, alla competizione e al desiderio di potenza, alla dicotomia archetipa di carnefice e vittima, ha indirizzato la rabbia nell’oggetto sessuato e orgastico.
L’amore, l’atto sessuale, il piacere sono stati automatizzati. Come può esserci amore in una condizione di assenza di libertà, quando è diventato strumento e arma per creare coercizione e gerarchia?
La violenza fisica e sessuale è frequentemente associata alla violenza psicologica. Sono 1 milione e 42mila le donne che hanno subito violenza psicologica e violenza fisica o sessuale da parte del partner attuale, donne che hanno subito violenza solo psicologica dal partner, che attualmente vivono in coppia, che hanno subito forme di isolamento, forme di controllo, forme di violenza economica (impedimento di conoscere il reddito familiare, di usare il proprio denaro e il costante controllo su quanto e come spende). Le donne sono state oggetto di violenza nel senso della svalorizzazione di sé, (umiliazioni, offese e denigrazioni anche in pubblico, critiche per l’aspetto esteriore e per come si occupa della casa e dei figli). Infine le intimidazioni sono state usate in molti casi; si è trattato di veri e propri ricatti, minacce di distruggere oggetti di proprietà della donna, di fare del male ai figli, alle persone care o agli animali, nonché la minaccia di suicidio.
La maggior parte delle vittime di violenze da un partner non ha portato alla luce la violenza subita.
Il silenzio è maggiore quando l’autore è stata una persona che si conosce e l’episodio ha riguardato una violenza sessuale in particolare uno stupro o tentato stupro.
Le campagne di informazione solidaristiche e pubbliche con le donne che hanno subito violenza sono state importanti ma si sta delineando sempre di più la necessità di una strategia di emancipazione che vada scardinando la struttura culturale dello stupro al fine di costruire un’organizzazione sociale ed economica realmente fuori dalla logica della discriminazione e dallo sfruttamento sessuale ed economico.
Considerando poi la distribuzione territoriale, i valori più elevati di violenza sessuale in Italia si sono evidenziati contro le donne residenti nel Nord-est, nel Nord-ovest e nel Centro e per quelle dei centri metropolitani (42,0%), tassi più bassi per le donne con età compresa tra 55 e 70 anni, con licenza elementare o media, le casalinghe, le ritirate dal lavoro e le residenti nel Sud e nelle Isole.
Inoltre sono state troppo poche ad oggi le persone e soprattutto gli uomini che di fatto, abbandonando l’atteggiamento passivo, muto e amorfo, sono stati disponibili a fare un passo indietro e prendersi delle responsabilità sia in ambito privato che pubblico, rinunciando al loro secolare opportunistico ruolo di potere sociale, culturale ed economico.
Pressoché nulla è stata la volontà degli uomini di cambiare radicalmente il passo, consapevoli del proprio privilegio e di essere parte integrante di un meccanismo e di un sistema patriarcale che li sta usando e li tutela.
La cultura autoritaria e patriarcale dello stupro va contrastata sempre di più nei quartieri e nei territori attraverso la solidarietà delle donne e non solo, attraverso l’autorganizzazione, l’autogestione, l’autodifesa, la costruzione di una cultura libertaria alternativa orizzontale e la condivisione di spazi personali e politici partecipati per la libertà sessuale di tutte e tutti.
Norma Santi