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Barcellona, lo sciopero della Canadiense e la giornata di otto ore

Barcellona, lo sciopero della Canadiense e la giornata di otto ore

Canadiense TramwayGennaio 1919 – è terminata da pochi mesi la Prima Guerra mondiale durante la quale, grazie alla neutralità del paese, la borghesia industriale ed i grandi proprietari terrieri spagnoli si sono arricchiti rifornendo i paesi belligeranti di materie prime (carbone e acciaio), prodotti industriali (siderurgici, meccanici, tessili) e generi alimentari quali cereali, frutta e carne.

Con la fine delle ostilità però le esportazioni spagnole crollano, la peseta si svaluta del 25% e molte fabbriche che erano sorte durante il periodo bellico chiudono i battenti mentre, per mantenere inalterati i margini di profitto, le aziende sopravvissute iniziano una massiccia campagna di licenziamenti, abbassano i salari e aumentano i ritmi di lavoro.

Ma la guerra non ha portato solo lauti guadagni per la classe dirigente iberica. Nel corso dei quattro anni di guerra la fame di braccia ha creato una ondata migratoria interna che ha spinto migliaia di braccianti e di contadini poveri ad ingrossare le fila dei lavoratori delle zone industrializzate (Paese basco e Catalogna).

A Barcellona gli immigrati si sono riversati nei quartieri più miserabili, nella cintura della città – dove sono sorte infime baraccopoli – e nelle cittadine limitrofe.

Tra di loro, sfruttati dalla borghesia catalana e allo stesso tempo da questa disprezzati con l’appellativo di “Murcianos”, cresce però l’influenza della Confederaciòn Nacional del Trabajo (CNT) che conduce un paziente lavoro di agitazione sociale e diffonde capillarmente Solidaridad Obrera, organo dell’anarcosindacalismo catalano.

Come disse in seguito Mariano Rodriguez, giovane muratore di origine andalusa: “Ho fatto ogni genere di lavoro, bracciante, lavapiatti negli hotels, commesso in un magazzino, imbianchino, muratore e sono sempre stato sfruttato e maltrattato. Un giorno sono entrato per caso nei locali del Sindacato delle costruzioni ed ho trovato un mondo nuovo. Quel mondo che, senza saperlo, avevo cercato da quando ho avuto il dono della ragione”.

Per la CNT non è un periodo facile: le sedi del Sindacato sono state chiuse, perseguitati e arrestati i suoi militanti, proibita qualsiasi riunione e sospesa la libertà di stampa per i suoi periodici; ciò nonostante la sua attività continua senza sosta.

Forte della riorganizzazione in sindacati unici per settori industriali e di servizi decisa nel 1° Congresso della Confederación Regional de Cataluña (Sants, 28 Giugno – 1 Luglio 1918) e della crescita degli iscritti (81.000 nell’Ottobre 1918, 114.000 in Novembre mentre a Dicembre si affilia anche la Federación Nacional de Obreros Agricultores), la CNT affronta di petto il problema della disoccupazione con un preciso obbiettivo: la giornata lavorativa di 8 ore.

Un obbiettivo questo che si scontra frontalmente con gli interessi della borghesia catalana. È inevitabile quindi che la tensione salga e che prima o poi si debba arrivare allo scontro aperto.

Questo avviene il 5 Febbraio 1919 con l’inizio dello sciopero della “Canadiense”, azienda molto nota in città per le tre altissime ciminiere di mattoni che sovrastano i suoi impianti e per i suoi bassi stipendi (Angel Pestaña, uno dei più noti esponenti della CNT, ricorda “Alla Canadiense c’erano operai di 23 o 25 anni che guadagnavano solo 75 pesetas al mese in una città come Barcellona dove i prezzi erano alle stelle”).

Il suo vero nome è “Barcelona Traction Light and Power Co.” ma è nota come La Canadiense perché è stata fondata in Canada nel 1911 dall’ingegnere statunitense Fred Stark Pearson e perché ha come azionista di maggioranza la Canadian Bank of Commerce di Toronto.

A Barcellona opera tramite la sua controllata Riegos y Fuerzas de l’Ebro che fornisce la corrente elettrica in città, a Sabadell e nella provincia di Lérida e che ha creato in pochi anni un vero e proprio monopolio che comprende quasi tutte le società collegate alla fornitura di luce, gas e acqua, alle quali si aggiungono aziende idroelettriche e tranviarie.

Nel Gennaio 1919 viene riorganizzato l’ufficio Fatturazione (180 lavoratori, di cui solo 25 a tempo indeterminato) e molti impiegati passano in pianta stabile, ma con il calo dello stipendio (da 150 pesetas mensili a 125 e da 125 a 105), cosa che provoca veementi proteste (a quanto si dice, Fraser Lawton, direttore della società, godrebbe di uno stipendio mensile di ben 30.000 pesetas oro). Monta così la protesta al grido di “a lavoro uguale, uguale stipendio”.

2 Febbraio – otto di coloro che hanno capeggiato la protesta e che si erano rivolti alla CNT per costituire un nucleo sindacale al posto della vecchia società operaia aziendale, vengono licenziati.

5 Febbraio – per solidarietà tutti i loro colleghi scendono in sciopero, vanno in Plaza de Catalunya, alla sede della Canadiense, e dichiarano che il lavoro verrà ripreso solo dopo la riassunzione dei colleghi licenziati. Ha inizio così uno sciopero che, per la sua importanza, durata e dimensione, costituisce un mito nella storia dell’anarcosindacalismo spagnolo.

I lavoratori si appellano direttamente al Governatore, González Rothwos, dal quale ottengono la promessa di una mediazione con l’azienda; tornati alla Canadiense, trovano però gli ingressi presidiati dalla polizia in armi che impedisce loro di entrare. Sono stati tutti licenziati.

8 Febbraio – la scena si ripete, questa volta con la presenza di ben 60 uomini della polizia comandati dal Capo della polizia Martorell in persona, che minaccia i licenziati di arresto immediato se si avvicineranno all’entrata degli uffici. Informata dell’accaduto, la CNT riunisce i sindacati di settore (elettricità, acqua, gas, legno) che sono in contatto con i lavoratori della Canadiense per decidere le contromisure. Viene stilata una piattaforma che è poi trasmessa all’azienda: ritiro dei licenziamenti, aumento dello stipendio per tutti, licenziamento dei crumiri e di un alto dirigente (Coulston, che aveva insultato i lavoratori) e garanzie contro le eventuali rappresaglie. La risposta dell’azienda è un comunicato stampa con cui si cerca nuovo personale e si promette un aumento di stipendio, ma sui licenziamenti nessuna apertura. Chiarissime le parole del Direttore Fraser Lawton ai giornalisti:Gli operai non hanno nessun diritto. Fuori, fuori!”

10 Febbraio – l’impresa fa pubblicare sui quotidiani un ultimatum che chiede la ripresa del lavoro e accusa il sindacato di utilizzare la vertenza per puri fini politici. Nel frattempo, la notizia dello sciopero a Barcellona giunge al Governo di Madrid che, pressato dall’ambasciatore inglese, interviene sul Governatore accusandolo di essere troppo “morbido” con gli scioperanti e invitandolo a spalleggiare la Canadiense utilizzando la Polizia del Commissario Martorell. Per tutta risposta la CNT lancia lo sciopero degli addetti alla lettura dei contatori, che colpisce al cuore la Canadiense perché la priva di un fiume di denaro. Lo stesso giorno iniziano le rappresaglie del padronato: sconosciuti feriscono gravemente Santiago Pascual di 29 anni, delegato sindacale di Tarrasa già più volte perseguitato dalla polizia.

13 Febbraio – nella calle Calabria tre uomini con il volto coperto da fazzoletti sparano a Joaquín Barò Valero, l’unico tra tutti i “letturisti” che non si era unito allo sciopero. Barò Valero muore due giorni più tardi e la Canadiense offre una ricompensa di 10.000 pesetas (pari a 10 anni di salario di uno dei suoi operai) a chi fornirà informazioni sugli attentatori. Non le otterrà mai.

14 Febbraio – colpito il settore amministrativo della Canadiense, nella notte vengono recisi alcuni cavi della corrente elettrica e molti quartieri si trovano improvvisamente al buio completo. Il sindaco della città Manuel Morales Pareja si incontra con le tre aziende fornitrici, Canadiense, Energía Eléctrica de Cataluña e Catalana de Gas y Electricidad, per stabilire una comune linea di azione contro lo sciopero.

17 Febbraio – entrano in sciopero gli aderenti al sindacato dei metallurgici addetti alla manutenzione della Ferrocarril de Sarriá (di proprietà della Canadiense), una linea di trasporto locale che unisce Barcellona alla vicina località di Sarrià e che ha una notevole importanza perché è usata dai lavoratori della zona nord della città. Il Governatore informa immediatamente il Ministro dell’interno, precisando che lo sciopero alla Ferrocarril bloccherà un servizio pubblico e rischia di paralizzare alcune imprese; propone quindi la militarizzazione dei lavoratori come già accaduto nel 1916. La risposta di Madrid è che questa soluzione è assolutamente da evitare per non scatenare uno sciopero generale in tutta la Spagna e perché i soldati entrerebbero in stretto in contatto con elementi sovversivi. Il Ministero consiglia invece di procedere con la “Incautaciòn”, ovvero la requisizione delle aziende da parte dello Stato che le gestirà utilizzando i soldati, e con la deportazione in altre province dei componenti del Comitato di sciopero e dei loro eventuali sostituti grazie ai poteri conferiti dalla sospensione delle Garanzie costituzionali. Ma chi dirige la lotta? Chi deve essere deportato? Nessuno lo sa.

Il Comitato di sciopero (detto “Comitato fantasma” perché opera in totale clandestinità) lavora freneticamente 24 ore su 24, riunendosi in posti sempre diversi per evitare le retate della polizia e utilizzando anche le informazioni fornite da un infiltrato che lavora nel Governatorato. Ne fanno parte alcuni giovani membri della Federazione locale: Simón Pierà, dirigente del sindacato muratori, Ricardo Fornells, rappresentante dei vetrai, Emilio Mira del sindacato del legno, Manuel Mascarell (vetraio), Francisco Botella (saldatore metallurgico) e Paulino Díez Martìn, rappresentante dei carpentieri e segretario generale della Federazione locale. Per dare un sostegno alle famiglie dei lavoratori in sciopero viene organizzata in città una colletta che in una sola settimana raccoglie ben 50.000 pesetas mentre il Sindacato dei metallurgici dispone che siano versate giornalmente 2 pesetas ad ogni scioperante.

Ricorda ancora Pestaña: “Durante lo sciopero, ogni sabato i lavoratori versavano oltre alla quota sindacale anche 1, 2 o 3 pesetas per i compagni in sciopero; così ognuno delle migliaia di lavoratori in lotta riceveva circa 30 pesetas alla settimana. Come non ammirare questa struttura minimale, eppure molto complessa; un’organizzazione che permetteva di raccogliere e distribuire i fondi tra gli scioperanti senza avere a disposizione né locali né luoghi dove riunirsi”.

Nella stessa giornata del 17 Febbraio avviene il primo contatto diretto tra l’azienda e il Comitato di sciopero nei locali di Plaza de Calalunya, ma non appena Fraser Lawton vede dall’altra parte del tavolo membri della CNT, abbandona la riunione senza neppure ascoltare le loro proposte.

21 Febbraio – alle 4 del pomeriggio, il Comitato rilancia e indice lo sciopero per tutti i 1.200 lavoratori della Canadiense. Vengono fermati i trasformatori situati sulla Avenida del Parallelo, si sospende la fornitura dell’energia elettrica a quasi tutta la città; molti tram restano bloccati nelle strade, il 70% delle fabbriche di Barcellona e provincia è bloccato, chiusi i negozi, i cinema e i teatri. Non fa eccezione lo stesso edificio del Governo, che resta al buio. Solo le zone rifornite dalla “Energía Eléctrica de Cataluna” (a capitale tedesco) sono illuminate; nel resto della città, la ronda notturna della polizia deve usare le torce per svolgere il servizio. Iniziano ad affluire in città militari del Genio provenienti da altre province per mettere nuovamente in funzione gli impianti della Canadiense, ma con magri risultati: due soldati muoiono per folgorazione. Nello stesso giorno, contro la proposta degli industriali di abbassare i salari e di procedere con i licenziamenti a causa del calo delle esportazioni, le lavoratrici del settore tessile presentano la loro piattaforma: riconoscimento del sindacato, giornata di 8 ore, il sabato libero, paga completa anche in caso di incidente sul lavoro e abolizione del lavoro minorile.

22 Febbraio – Barcellona è ormai quasi completamente paralizzata quando il Comitato chiama allo sciopero i lavoratori delle altre due società che forniscono energia elettrica. Al porto i grandi depositi di carbone della Canadiense sono pieni di minerale, inutilizzato perché il sindacato dei trasporti ha imposto l’embargo.

23 Febbraio – la militarizzazione è in atto: i soldati del 4 Reggimento Zappatori hanno preso possesso della Sede della Canadiense e degli impianti; verso le 11 di notte la corrente riappare in alcuni quartieri ma a basso voltaggio e non senza problemi. Infatti, nella calle Baja de San Pedro si verifica una potente esplosione all’interno di una azienda che produce tubi del gas mentre i pochi tram tornati in servizio vengono attaccati a sassate e colpi di pistola. Entrano in sciopero gli addetti della “Energía Eléctrica de Cataluña” mentre il Comitato avvisa i lavoratori delle fabbriche rimesse in funzione che la corrente elettrica viene fornita grazie al lavoro di crumiri e militari e che quindi si astengano da lavoro.

24 Febbraio – la Canadiense avvisa che chi non tornerà al lavoro entro la giornata sarà automaticamente considerato licenziato; ciò nonostante solo 24 su 1.200 tornano al lavoro.

26 Febbraio – il Sindicato de Luz, Agua y Gas de Barcelona decreta lo sciopero generale, viene nuovamente sospesa l’erogazione della energia elettrica e nelle poche fabbriche aperte si lavora a singhiozzo. I tram sono ancora una volta fermi e il Governatore militarizza il servizio pubblico dell’acqua. Alle otto di sera il Governatore Rothwoss si appella al Governo “Questi sono militari. Datemi tecnici civili esperti! Qualcuno si era offerto ma è poi fuggito dopo essere stato minacciato dagli operai, gli uffici amministrativi dell’azienda sono deserti perché tutti gli impiegati aderiscono allo sciopero e il console francese chiede che sia data protezione alla Lebon (una grande compagnia francese)”.

27 Febbraio – vengono sospese le garanzie costituzionali anche nella Provincia di Lérida perché si teme che scendano in sciopero i lavoratori delle centrali idroelettriche della zona. Il Primo ministro Romanones annuncia che si dimetterà non appena risolto il problema di Barcellona.

28 Febbraio – arrivano da Saragozza 30 soldati elettricisti mentre un manifesto della Federación Local de Barcelona rilancia le tre condizioni: riapertura dei sindacati chiusi, libertà per i lavoratori arrestati e ritiro della sospensione delle garanzie costituzionali.

1° Marzo – a Barcellona scarseggia l’acqua perché i militari non sono in grado di mettere in funzione gli impianti. La Canadiense informa che gli scioperanti verranno riassunti, non riconosce però il sindacato degli impiegati e conferma che gli otto licenziati non saranno riassunti. In pratica non cede di un solo millimetro.

2 Marzo – il Comitato chiede al Sindaco che invii i tre punti della richiesta al Governo e che una risposta giunga entro 48 ore ma il Governo prende ancora tempo.

3 Marzo – si uniscono allo sciopero gli addetti alla centrale elettrica di Sant Adrià de Besos.

4 Marzo – sono ormai scadute le 48 ore concesse dal Comitato al Governo. Sciopero nelle fabbriche di San Feliu de Guixols. I lavoratori del legno di Tarragona ottengono le 8 ore e un 20% di aumento. Il giorno seguente si aggiungono allo sciopero anche gli addetti de La Catalana, l’ultima società del gas ancora in funzione.

6 Marzo – inizia una nuova fase. Sciopero degli operai elettricisti delle dighe che alimentano le centrali idroelettriche di Tordera, che forniscono Sabadell e Penedés, e di quella di Tremp, che fornisce Igualada. Sciopero anche a Molins del Rey. A Barcellona, a causa delle continue avarie è totalmente fermo il servizio dei tram.

7 Marzo – la cittadina di Badalona inizia ad oscurarsi per uno sciopero alla azienda La Propagadora.

8 Marzo – il Governo cede alle pressioni delle associazioni degli imprenditori e dichiara lo Stato di guerra; agli angoli delle strade di Barcellona appaiono soldati con cannoni e mitragliatrici. Il Governatore militare di Barcellona, Milans del Bosch, emana un bando che ordina a tutti gli operai in sciopero di età compresa tra i 21 ed i 38 anni, dipendenti delle aziende La Canadiense, Ferrocarril de Sarriá – Las Planas – Rubí, Servicio de transportes de Barcelona, Catalana de Gas y Electricidad, Energía Eléctrica y Gas Lebón, di presentarsi ai rispettivi luoghi di reclutamento pena la condanna a 4 anni di carcere. La risposta del Comitato è semplice: presentarsi al lavoro ma rifiutarsi di svolgerlo. Ogni lavoratore deve regolarsi secondo coscienza ma dovrà poi accettare le conseguenze della sua scelta.

La stampa borghese dà notizia che grandi masse di operai si sono presentate ai centri di raccolta, ma la realtà è ben diversa. L’anarchico madrileno Mauro Bajatierra racconta: “Neppure uno dei tanti lavoratori e impiegati militarizzati e radunati nelle caserme fece un passo per obbedire agli ordini. Le autorità non si aspettavano una simile reazione né potevano costringerli con la forza perché erano troppi; alla fine decisero di rinchiuderli tutti nel castello del Montjuich. Quindi formarono lunghe colonne di mobilitati che, sotto la scorta della Guardia civil, vi furono condotti attraversando a piedi la città”.

Il numero dei detenuti non è mai stato certo. Lo storico Balcells parla di 3.000, Joan Ferré di 4/5.000, altri di 800. In ogni caso si trattò di una pacifica insubordinazione di massa, estremamente pericolosa per coloro che l’avevano causata poiché – per il suo enorme valore morale – costituiva il rischio di un contagio tra la truppa. Bajatierra annota: “l’atteggiamento della maggioranza delle truppe che assistettero ai fatti dimostrava come la disciplina potesse rompersi da un momento all’altro” e le condanne comminate nel mese di Agosto 1919 contro un centinaio di soldati rivelano che molte decine di loro disobbedirono agli ordini, insultarono i loro comandanti o addirittura disertarono.

10 Marzo – un nuovo sciopero degli scaricatori del porto impedisce il rifornimento di carbone alla Canadiense. Il Governatore militare Milans nomina comandante della polizia del Governatorato l’odiatissimo ex capo della polizia Bravo Portillo, con l’ordine di individuare al più presto dove vengano stampati Solidaridad Obrera ed i comunicati del Comitato di sciopero. Risultato: un nulla di fatto. A sua volta, il Comitato accoglie una proposta del Sindicato Unico de Artes Gráficas. Se il Governo militare impedisce l’uscita di Solidaridad Obrera e censura le notizie che appaiono sui quotidiani, il sindacato utilizzerà la cosiddetta “Censura roja”, ovvero lo sciopero dei tipografi. Il primo caso è proprio quello del Bando sullo stato di guerra: la Censura roja fa sì che appaia solo su alcuni quotidiani minori mentre, per averlo pubblicato successivamente, il Sindacato multa di 1.000 pesetas il Diario del Comercio e di 2.500 El Progreso (tutte pagate e versate nelle casse del sindacato).

11 Marzo – il Governo Romanones decreta la giornata di lavoro di 8 ore nel settore delle costruzioni; è il primo segnale di un cambiamento della politica nei confronti dello sciopero. Lo stesso giorno viene nominato un nuovo governatore civile, Carlos E. Montanés, deputato indipendente e ingegnere, e un nuovo capo della polizia, Gerardo Doval.

12 Marzo – nonostante il segnale di “ammorbidimento” da parte del governo, viene proclamato lo sciopero dei conducenti dei tram “Quel giorno i tranvieri diedero un esempio di disciplina e di unità d’azione che tempo addietro sarebbe parso impossibile”. Il servizio viene perciò affidato ai militari che però non riescono riattivarlo adeguatamente. È chiaro che la CNT è ancora in grado di mobilitare masse di lavoratori, mentre il Governo è in completo stallo. Peggiora la situazione delle imprese, soprattutto quelle dei settori acqua, luce e gas, perché i soldati non sono stati in grado di sostituire i lavoratori in sciopero. Ricorda ancora Pestaña: “Le stazioni di trasformazione elettrica si incendiavano, le dinamo bruciavano, i cavi e tutto il materiale andavano in rovina”

13 Marzo – arriva a Barcellona José Morote, un sottosegretario con il compito di iniziare la trattativa. Nella stessa giornata il Governatore civile Montanés si incontra con Fraser Lawton e lo convince ad incontrarsi con il Comitato di sciopero.

14 Marzo – il delegato del governo accetta le proposte del Comitato (Liberazione degli arrestati, ritorno alle garanzie costituzionali e riapertura delle sedi sindacali) ed inizia la trattativa, che si protrarrà per ben tre giorni. Per il Comitato di sciopero sono presenti Simòn Pierà, Camilo Piñón, Saturnino Meca, Francisco Botella, José Duch, Salazar e Penya della Canadiense, che presentano i seguenti punti:

1) Riammissione dei licenziati; 2) Aumento degli stipendi; 3) Garanzie per evitare rappresaglie; 4) Giornata di 8 ore; 5) Pagamento integrale del salario in caso di incidente; 6) 50 mila pesetas quale indennizzo; 7) Pagamento dei salari persi durante lo sciopero. Convinta dal Governatore, la Canadiense accetta quasi tutto ma sui licenziati non cede e la trattativa si ferma.

15 Marzo – ritorna in distribuzione Solidaridad Obrera che ora è stampata a Valencia. Per aumentare la pressione la CNT indice una nuova serie di scioperi: quello dei giornalisti e dei tipografi che lasciano Barcellona senza quotidiani, degli addetti ai telefoni e degli impiegati delle banche.

17 Marzo – il capo del Governo, Conte di Romanones, appresa la notizia che la UGT socialista sta per proclamare lo sciopero generale nazionale se non si risolverà la vertenza della Canadiense, telefona al Governatore di Barcellona ordinando che la trattativa si concluda entro 24 ore. Un’ora dopo Fraser Lawton capitola ed accetta tutte le richieste della CNT: 1) Riammissione di licenziati e scioperanti. 2) Spostamento del personale a facoltà dell’impresa. 3) Aumenti: a chi guadagna 100 pesetas al mese va il 60%, tra 100 e 150 il 40%, tra 150 e 200 il 20%, tra 300 e 400 il 15%, tra 400 e 500 il 10%. 4) Equiparazione del salario con quelli della Federación Patronal di Barcelona. 5) Pagamento del salario da metà Febbraio e dal 1 Marzo con l’aumento. 6) Giornata di lavoro di 8 ore. 7) Paga intera in caso di incidente sul lavoro. 8) Nessuna rappresaglia. 9) Ripresa del lavoro entro 48 ore. Lo sciopero è durato 45 giorni.

Peffe

tratto da http://madrid.cnt.es/historia/auge-de-la-cnt/ e da PACO IGNACIO TAIBO II “Que sean fuego las estrellas. Barcelona 1917-1923”


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