Una cosa che mi ha sempre incuriosito nei commenti sulle elezioni è la serena indifferenza di parte notevolissima dei commentatori più o meno professionali a quanto è effettivamente successo. Prendiamo le elezioni greche che tanti entusiasmi e mal di pancia hanno prodotto, ufficialmente Syriza ha avuto il 36,34% dei voti sul 63,87% di cittadini greci che è andato a votare e che corrisponde al 23,21% di voti sull’assieme dei cittadini greci aventi diritto al voto. Per amor di precisione va detto che questi dati vanno presi con prudenza visto che fra le strutture greche in crisi c’è l’anagrafe e che quindi è possibile che la percentuale effettiva di votanti sia più alta ma, in ogni caso, anche se si rivelasse che non è il 23% ma il 26%, nulla cambierebbe per l’essenziale.
In ogni caso, il primo partito in Grecia resta, di gran lunga, quello degli astenuti e Syriza ha la quasi maggioranza assoluta in Parlamento solo grazie ad un robusto premio alla prima lista, quel premio che i sostenitori italiani di Syriza considerano una truffa ai danni degli elettori.
Sarebbe interessante capire cosa caratterizzi l’astensione, posso sbagliarmi ma è, in gran parte, la scelta di aree sociali che non hanno alcuna fiducia nel sistema della rappresentanza politica non perché hanno aderito all’astensionismo rivoluzionario, magari una parte si ma solo una parte marginale, ma perché ritengono le elezioni un affare del ceto politico e non loro.
E’ comunque utile ricordare il carico di speranze che Syriza si è portata dietro e con la quale in cinque anni è passata dal 3% al 36 %, il voto greco è stato un voto di opinione, un tentativo elettorale, dopo che quelli di piazza sono andati male, di reagire ad una situazione disastrosa.
E’ comunque un bene che oggi una forza di sinistra a sinistra del vecchio e catarroso (nonché pescato con le dita nella marmellata dello scandalo delle banche cipriote che facevano circolare capitali sporchi russi) partito comunista greco vinca le elezioni è comunque segno di una situazione in cui la working class e i ceti popolari non si sono così sbandati da seguire le sirene nazi elleniche.
D’altro canto, l’alleanza con Anel, un partito di destra, ha molto stupito e scandalizzato diversi sinistrignaccoli. Se costoro avessero avuto un minimo di attenzione alle prese di posizione ufficiali, nulla di segreto, delle principali forze politiche europee avrebbero notato che Vladimir Putin in Russia e Marine Le Pen in Francia, per tacere del loro nanesco sodale italiano Salvini, sostenevano Syriza.
Lascerei da parte, provvisoriamente, le ipotesi di nascita di un fronte rossobruno continentale e mi terrei a ciò che è chiaro ed evidente: l’opposizione destra/sinistra va, ammesso che abbia un senso, riarticolata sulla base di quella fra fautori di un potere sovranazionale europeo, di destra e di sinistra, e sovranisti, cioè i fautori di una ripresa di autorità, potere e parola dello stato nazionale, di destra e di sinistra.
Per amor di chiarezza, a me pare evidente che l’idea che lo stato nazionale possa, a maggior ragione in paesi di rilevanza modesta, porre le briglie al capitale mondiale sia una trita panzana destinata a rapide e dolorose smentite ma il fatto che un’idea non abbia alcun fondamento non la rende necessariamente meno seduttiva ed efficace anzi spesso avviene il contrario.
Basta a questo proposito pensare al fanatismo religioso, il fatto che, con ogni probabilità, il dio degli ebrei, dei cristiani e dei mussulmani non esista non impedisce, stano all’oggi, all’integralismo islamico di esistere, di operare, di essere soggetto politico.
Non deve quindi stupire troppo che oggi, in mancanza di un movimento internazionale di emancipazione dei lavoratori riprenda spazio l’ipotesi che proprio il semidefunto stato nazionale possa essere uno strumento per opporsi alle oligarchie tecnoburocratiche e finanziarie che da decenni sempre più ci allietano.
Se, tornando all’Italia ed alla Francia, ragioniamo sull’insediamento sociale ed elettorale della destra, appare evidente come il Front National e la Lega Nord abbiano conquistato consensi in ceti popolari una volta appannaggio dei partiti di sinistra o comunque, appunto, popolari e che si presentino sul mercato politico come i veri difensori dei ceti subalterni a fronte di una destra e di una sinistra tradizionali subalterne al grande capitale multinazionale.
In estrema sintesi, si stanno dando su base internazionale tre processi politici fra di loro intrecciati:
– la diffusione di movimenti populisti in senso proprio e cioè di movimenti critici verso le élites tecnocratiche e finanziarie dominanti;
– la radicalizzazione di settori di forza lavoro non tradizionale, di tipo tecnico scientifico che sono attratti da proposte democratiche radicali
– derive nazionaliste e comunque di chiusura
Ciò che conta è quali siano i punti di caduta della dialettica fra queste derive, se verranno riassorbite in movimenti reazionari o se apriranno nuove contraddizioni, se produrranno o meno proposte politiche interessanti.
Da questo punto di vista, è sin ovvio che la Grecia è una piccola nazione e il suo prodotto interno lordo è poca cosa, Syriza, al di là dei miti, è una piccola forza politica, vi è però un impatto simbolico di quanto si è dato che eccede il suo peso effettivo.
E’ possibile che le classi dominanti europee affrontino la situazione addolcendo le misure che hanno imposto alla Grecia nel contesto di una modifica generale della politiche economiche. Se sarà così Syriza sarà stata l’alfiere di una nuova ondata socialdemocratica. Una crisi verticale della Grecia aprirebbe nuovi e complessi scenari.
In ogni caso quanto è avvenuto in questi giorni richiede, a mio avviso, una riflessione seria su cosa sta avvenendo sul piano della teoria e della prassi politica.
Cosimo Scarinzi