Sandro Morena: la gioia della militanza. La nuova uscita di Germinal

C’è stato un momento, durante la serata al Carso in Corso a Monfalcone dedicata a Sandro Morena venerdì 7 novembre scorso, in cui ho avuto l’impressione che le pareti stesse tremassero. Una scossa tellurica per pura vibrazione collettiva: erano i Barrio Alto che avevano appena attaccato il pezzo giusto, quello da tirarti su la pelle delle braccia e da far saltare i bicchieri sul tavolo. Una musica ruvida, meticcia, anarchica come certi muri scritti: world music dal confine, dalle periferie, alle lotte, ai brindisi e alle cicatrici. E soprattutto alle storie di chi non si è mai tirato indietro.

L’evento dedicato a Sandro — compagno, storico orale, attivista — non è stato un memoriale imbalsamato. È stata una cena di famiglia in cui tutti portano qualcosa: un ricordo, una bottiglia, un pezzo di musica, una risata. La convivialità anarchica, quella che Sandro amava davvero, è diventata la colonna portante della serata. Più che un ricordo, un rilancio. Più che una commemorazione, una festa dove le malinconie si sciolgono nella voglia di esserci ancora, insieme.

Tra una chitarra e un coro che non conosce stonature perché tutto è permesso, si respirava quella “gioia della militanza” di cui Sandro parlava spesso: una formula che gli riusciva naturale come versare vino agli ospiti o come mettere in asse una discussione politica senza farne un ring da intellettuali. I Barrio Alto, Paolo Zei, Laura Fogagnolo, Alessandro Guerra e Piero Purich hanno fatto la loro parte: è stata la colonna sonora perfetta di quella Bisiacaria che non vuole arrendersi al livore istituzionale e che continua a difendere i suoi spazi libertari come fossero esistenze collettive.

Dentro questa atmosfera è arrivato anche il nuovo numero di Germinal, quello dedicato interamente a Sandro Morena. Un numero che non si sfoglia: si abbraccia. E che ora si trova in distribuzione al Germinal in via del Bosco a Trieste e al Caffè Esperanto di Monfalcone, con possibilità di richiedere copia digitale o cartacea.

Sfogliandolo, ti pare di sentire Sandro parlare. Le sue molte vite, la sua sete di conoscere, il suo modo di fare storia orale come si fa il pane — con le mani — vengono restituite attraverso contributi che sono al tempo stesso lucidi e commossi.

La poesia di Alessio Lega in chiusura è un colpo al cuore: un ritratto di Sandro che ride “fra i gendarmi”, una risata che scardina i cardini dello Stato più di cento trattati accademici. Poi ci sono le parole delle compagne e dei compagni del Caffè Esperanto, che ricordano l’uomo generoso e radicale che ha donato la sede al collettivo, trasformando un luogo in una promessa politica che continua.

La copertina con l’elaborazione grafica di un quadro del writer Mattia Campo Dall’Orto e all’interno un’illustrazione di Anton Špacapan Voncina, oltre a una foto di Mara Fella, arricchiscono le fonti iconografiche del numero che contiene immagini che in molti ci hanno inviato e che ritraggono Sandro in diverse epoche della sua vita.

Anna Di Gianantonio racconta la “gioia della militanza” come relazione e libertà; Gualtiero Pin traccia un ritratto di viaggio, combattimento e memoria; Chiara Paternoster dell’Associazione Esposti Amianto ricorda l’immenso lavoro di Sandro nel far emergere la verità sull’amianto; Piero Purich ne restituisce il tratto “politropos”, viaggiatore nello spazio e nel tempo; Marco Niro ricostruisce il Sandro mentore, quello che con ostinata fiducia sapeva dare una spinta a nuovi scrittori e nuove storie. E poi gli interventi dei compagni e delle compagne, di amici e della nipote: Federico, Andrea, Giustina, Liviana, Monica, Gigi, Ciua, Tiziano, Paolo De Toni, Massimo Carlotto e altre e altri ancora che hanno contribuito. Ognuno aggiunge un tassello alla figura di un militante che non stava mai fermo. Ne esce una sinfonia polifonica, come se la storia stessa di Sandro fosse raccontata da un coro: quello della sua comunità di compagni e compagne, amici, sodali, complici. E ogni voce dice la stessa cosa: non si tratta solo di ricordarlo, ma di continuarlo.

La musica dei Barrio Alto ha cucito tutto: le parole, i bicchieri, gli abbracci. E mentre la festa continuava, qualcuno ha detto che Sandro avrebbe fatto un brindisi, poi avrebbe sistemato il microfono, fatto due critiche giganti o un coro assurdo e infine si sarebbe goduto la festa di quella comunità che tanto amava.

E forse è proprio questo il punto: non lasciarci soli, mai. Ed è nel casino felice delle nostre serate, nelle copie di Germinal che passano di mano in mano, nei cori e nelle discussioni tra Trieste, Gorizia e Monfalcone, che Sandro continua a stare con noi.

Perché la memoria è lotta. E la nostra lotta, gioiosa, è diventata musica e una copia del nostro Germinal. Ancora una volta. Per Sandro e con Sandro: perché se non si balla non è la nostra rivoluzione.

Luca – Caffè Esperanto

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