Il 22 novembre 2025 scenderemo in piazza con un corteo che partirà alle ore 9 dal parcheggio della portineria direzione ex-Ilva (Strada Appia, Statale 100) per raggiungere la raffineria ENI.
Questa data non è casuale: mentre la città celebra Santa Cecilia e si riempie del profumo delle pettole, noi scegliamo di far emergere l’altro odore che impregna l’aria: quello acre dell’inquinamento, del sangue e del profitto.
È la puzza di ENI, la stessa che unisce la distruzione ambientale di Taranto al colonialismo economico e militare che opprime la Palestina.
ENI è l’emblema del colonialismo italiano contemporaneo. Dietro i suoi slogan di sostenibilità si nasconde un modello estrattivista che saccheggia terre, devasta ecosistemi e finanzia regimi autoritari. Dalle coste dell’Africa alle piattaforme del Mediterraneo, dal delta del Niger alla nostra città, ENI ha costruito il proprio potere sulla sofferenza delle popolazioni locali, sulla violenza ambientale e sull’accumulazione di profitti derivati dalla guerra.
Oggi, mentre a Gaza si consuma un genocidio sotto gli occhi del mondo, l’ENI continua a stringere accordi con Israele per lo sfruttamento del gas nel Mediterraneo orientale.
Ogni litro di carburante, ogni barile estratto, ogni pipeline siglata è complicità diretta con quel sistema di oppressione che lega l’ecocidio al genocidio, il fossile alla morte, il colonialismo industriale alla devastazione climatica.
Taranto conosce bene questa logica di distruzione.
Da decenni la città vive sotto il ricatto della sopravvivenza, respirando la tossicità dell’acciaio e del petrolio.
Le stesse logiche che hanno trasformato Taranto in una zona di sacrificio alimentano, su scala globale, i dispositivi di guerra e sfruttamento.
Per questo il nostro corteo sarà un grido che parte da qui per attraversare confini, portando un messaggio chiaro: la liberazione di Taranto passa anche per la liberazione della Palestina.
Il nostro corteo non ha confini territoriali: è una chiamata aperta a tuttə. Studentə, lavoratorə, artistə, collettivi, reti solidali, comunità popolari: chiunque riconosca che la lotta contro l’inquinamento, contro l’occupazione coloniale, contro la violenza patriarcale e capitalista è una lotta unica e indivisibile.
Scenderemo in strada con rabbia e con cura, consapevolə che la rabbia è una forma di amore politico verso la vita e che la cura è una pratica rivoluzionaria.
Costruiamo un fronte che respinga la rassegnazione, che restituisca dignità ai territori e respiro ai corpi.
Alla fine del corteo, una pettolata di decompressione: un momento popolare di incontro e condivisione, per ricordare che anche la festa può essere parte della resistenza, e che la gioia collettiva è una forma di liberazione.
Il 22 novembre porteremo in strada la voce di una città che non accetta più di respirare veleno e silenzio.
Denunceremo le complicità italiane nel genocidio in corso, i rapporti economici e politici che legano ENI e Israele, le strutture di potere che continuano a mettere il profitto davanti alla vita.
Scendiamo in piazza perché crediamo che la libertà di Taranto e quella della Palestina siano la stessa lotta: contro il colonialismo, contro la devastazione, contro l’ingiustizia.
Dal fiume fino al mare, dai quartieri popolari fino ai cancelli della raffineria, porteremo la nostra rabbia, la nostra solidarietà e la nostra volontà di liberazione.
Collettivo Taranto per la Palestina