In Puglia, nel tratto tra Andria e Corato due treni si sono scontrati ad alta velocità, ad oggi sappiamo di almeno 27 morti e decine di feriti ma le vittime di questa ennesima strage annunciata sono destinate ad aumentare.
Strage si, tragedia no.
I treni viaggiavano in un unico binario, situazione da ferrovie dei primi anni ‘60, eppure sono 9 anni che in quella tratta sono stati stanziati dalla UE milioni di euro per metterla in sicurezza, infatti secondo gli standard imposti dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, i treni sul tratto Andria-Corato non potevano circolare e lo facevano solo in base ad una deroga, che durava da anni. Una linea ferroviaria, quella delle ferrovie del Nord barese, comprata e gestita da un’azienda privata, la Ferrotramviaria spa, dal 1937: gli interessi e i guadagni privati, i soldi pubblici e le vittime anche.
Fra i morti anche due capitreno e due macchinisti, perché le prime vittime di queste stragi annunciate sono proprio i lavoratori che da sempre denunciano lo smantellamento dei diritti e della sicurezza nelle ferrovie: mentre i governi di varia casacca sbandierano TAV (treni ad Alta Velocità) come innovazione necessaria fagocitando enormi quantità di capitali da decenni (la Torino-Lione non ancora cominciata è un affare che dura da 25 anni!) la gran parte dei treni circolano in condizioni pessime, con superlavoro per il personale ridotto da tagli aziendali e soverchiato da maggiori carichi lavorativi mettendo a repentaglio la propria sicurezza e quella dei viaggiatori. Le denunce sono innumerevoli e spesso i lavoratori che si espongono denunciando i rischi nelle tratte di competenza vengono intimiditi, diffidati e infine licenziati.
Tra i casi più eclatanti c’è la strage di Viareggio del 29 giugno del 2009, il bilancio dei morti allora fu di 39 vittime dopo che il treno merci 50325 nella tratta Trecate-Gricignano deragliò provocando la fuoriuscita di gas da una cisterna contenente GPL perforatasi nell’urto, innescando un incendio di vastissime proporzioni che interessò la stazione di Viareggio, con il successivo scoppio della cisterna stessa, qualche centinaio di metri a sud del fabbricato viaggiatori e le aree circostanti. Riccardo Antonini è un ex ferroviere licenziato dall’allora amministratore di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti e che oggi, dopo un’imperturbabile carriera nonostante i processi, è stato fatto Amministratore Delegato e Direttore Generale di Finmeccanica S.p.A.
Quale fu la colpa di Riccardo Antonini? Quella di essersi schierato a fianco dei familiari delle vittime della strage ferroviaria. Secondo il Codice etico dell’azienda, Riccardo è stato licenziato per “essersi posto in un evidente conflitto d’interessi con la Società”, perché per l’azienda ferroviaria esercitare il diritto di cronaca e di critica su un’immane disastro come quella di Viareggio sarebbe “conflitto d’interessi”.
Ma i casi di licenziamento o di persecuzione antisindacale ai danni dei lavoratori delle ferrovie in agitazione sono molti, così come grandi sono le manifestazioni e le proteste ma anche le azioni dirette contro le roboanti “grandi opere” e altrettanto solerte è la repressione con tanto di denunce, processi e arresti per ormai centinaia di NO TAV.
Con queste Grandi Opere (l’ultima è stata l’Expo a Milano) la classe politica italiana continua a rifocillare gli interessi dei padroni delle grandi aziende del paese, drenando una quantità insostenibile di soldi pubblici, attingendo da finanziamenti europei, lasciando lavorare mafia e ‘ndrangheta da sud a nord, incassando tangenti, spartendosi posizioni di potere, intascando pacchetti di voti, tutto questo mentre i servizi ferroviari sono sempre più scadenti, molte tratte non vengono coperte, spesso sono sottodimensionate, e incidenti e stragi continuano.
Quella che va in onda da sempre è una vera e propria guerra di classe!
Quella dei governi e dei padroni contro il resto degli sfruttati, non solo e non più economicamente, con i salari ridotti o da fame, con il ricatto della “crisi” e le delocalizzazioni, con la precarizzazione spinta e ormai diffusa ma anche attraverso la guerra fra poveri, lo spauracchio dei migranti, la criminalizzazione di chi non vuole più limitarsi alla protesta ma incidere realmente sulla propria vita a partire dai quartieri, dai paesi o dalle città dove abita. E’ una guerra, a volta dichiarata e spesso a bassa intensità, contro la salute di tutti, perché un ambiente inquinato, depredato e messo a profitto è un attacco verso la vita stessa.
Riprendersi il futuro significa organizzarsi, fare rete, solidarizzare, passare dall’indignazione all’azione diretta, stragi come questa, l’ennesima strage annunciata, ci dimostra che delegare e legittimare un sistema ormai votato alla predazione significa accettare di essere le prossime vittime, i prossimi morti della prossima strage.
An Arres