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Le origini della polizia

Le origini della polizia

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In Inghilterra e negli Stati Uniti, la polizia è stata inventata nel giro di pochi decenni, approssimativamente dal 1825 al 1855.

La nuova istituzione non era una risposta ad un aumento della criminalità, e non ha portato a nuovi metodi per contrastarla. Il modo più comune per le autorità di risolvere un crimine, prima e dopo l’invenzione della polizia, è che qualcuno deve dire loro chi l’ha commesso.

Inoltre, la criminalità ha a che fare con gli atti degli individui, e le élites dominanti, che hanno inventato la polizia, volevano rispondere alle sfide poste dall’azione collettiva. Per dirla in poche parole: l’autorità ha creato la polizia in risposta a una folla grande e ribelle. Ovvero

gli scioperi in Inghilterra, 

le rivolte del Nord degli Stati Uniti

la minaccia dell’insurrezione degli schiavi nel Sud degli Stati Uniti.

Dunque la polizia è una risposta alla folla non al crimine.

Mi concentrerò in particolar modo su chi erano queste folle e su come sono riuscite a diventare una tale sfida. Vedremo come una delle difficoltà per i governanti, oltre all’aumento della polarizzazione sociale nelle città, sia stata l’inefficacia dei vecchi metodi di supervisione individuale della popolazione attiva. In questi decenni, lo stato è intervenuto per colmare questa frattura sociale.

Vedremo come, nel Nord, l’invenzione della polizia sia stata solo una parte degli sforzi da parte dello stato di gestire e formare i lavoratori giorno per giorno. I governi hanno anche ampliato i loro sistemi assistenziali al fine di regolamentare il mercato del lavoro, e l’educazione pubblica per addomesticare le menti degli operai. Collegherò poi questi temi al lavoro della polizia, per ora mi concentrerò su come si sia sviluppata la polizia a Londra, New York, Charleston (South Carolina) e Philadelphia.

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Per capire perché la polizia moderna ha un ruolo così speciale, bisogna partire dalla situazione in cui ha iniziato a fare la sua comparsa il capitalismo. In particolare, prenderò in considerazione i comuni di epoca tardo medievale, circa mille anni fa.

La classe dominante del tempo non risiedeva in città. I proprietari terrieri feudali vivevano in campagna. Non avevano i poliziotti. Mettevano insieme degli uomini armati per terrorizzare i servi della gleba — che erano semi-schiavi — o per combattere contro altri nobili. Ma questi non erano professionisti a tempo pieno.

La popolazione delle città era composta per lo più da servi che avevano comprato la loro libertà, o che erano semplicemente fuggiti dai loro padroni. Erano chiamati borghesi, che significa abitanti del borgo. La borghesia ha aperto la strada alle relazioni economiche che più tardi presero il nome di capitalismo.

Ai fini della nostra analisi, possiamo affermare che un capitalista è qualcuno che usa i soldi per fare più soldi. All’inizio, i maggiori capitalisti erano i mercanti. Un mercante prendeva i soldi per acquistare merci al fine di venderle per più soldi. Vi erano anche capitalisti che si occupavano solo di denaro — i banchieri — prestando un certo importo al fine di ottenerne di più indietro.

Poteva anche essere un artigiano che acquistava i materiali e creava qualcosa, come le scarpe, al fine di venderla per più soldi. Nel sistema delle corporazioni, un maestro artigiano lavorava a fianco degli operai qualificati e degli apprendisti, potendo così sorvegliarli. I maestri traevano profitto dal loro lavoro, quindi c’era lo sfruttamento, ma i garzoni e gli apprendisti avevano ragionevoli speranze di diventare maestri a loro volta. I rapporti di classe nelle città erano abbastanza fluidi. Visto che al tempo le corporazioni ponevano alcuni limiti allo sfruttamento, erano i mercanti che accumulavano veramente il capitale.

In Francia, nel XI e XII secolo, queste piccole città divennero note come comuni. Si accorparono in vari modi, talvolta con il permesso del signore feudale, ma in generale sono stati considerati come entità autonome o persino città-stato.

Ciononostante non avevano i poliziotti. Avevano i propri giudici e piccole forze armate composte dai cittadini stessi. Queste forze generalmente non avevano nulla a che fare con il contrasto alla criminalità. Se il cittadino veniva derubato o aggredito, o truffato in un affare, sporgeva direttamente denuncia.

Un esempio di questa giustizia fai da te, metodo che durò per secoli, era conosciuto come “grido d’allarme” (hue and cry). Se eri in un mercato e vedevi qualcuno che stava rubando, avresti dovuto urlare e gridare, dicendo: “Fermo,al ladro!” e inseguire il ladro. Il patto era che chiunque avesse assistito avrebbe dovuto aggiungersi al grido di allarme ed inseguire egli stesso il ladro.

Le città non avevano bisogno di poliziotti perché avevano un alto grado di uguaglianza sociale, che dava alle persone un sentimento di mutuo appoggio. Nel corso degli anni, i conflitti di classe all’interno della città si intensificarono, ma anche così, le città erano tenute insieme, tramite la lotta comune contro il potere dei nobili e il predurare dei legami di obbligo reciproco.

Per centinaia di anni, i francesi hanno conservato un ricordo idealizzato di questi comuni, come comunità autogestite di eguali. Non sorprende quindi che nel 1871, quando i lavoratori presero il potere a Parigi, si autoproclamarono la Comune. Ma stiamo andando troppo avanti di quanto dovremmo.

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Il capitalismo ha subito grandi cambiamenti da come si era sviluppato all’interno della società feudale. Prima di tutto, le dimensioni delle imprese sono via via aumentate. Ricordate, questo è il punto, trasformare piccoli mucchi di soldi in sempre più grandi mucchi di soldi. Le dimensioni delle aziende hanno iniziato a crescere a dismisura durante la conquista delle Americhe, al tempo in cui oro e argento sono stati saccheggiati dal nuovo mondo e gli africani sono stati rapiti per lavorare nelle piantagioni.

Sempre più cose sono state prodotte per la vendita sul mercato. Coloro che non sono riusciti a stare al passo della concorrenza hanno cominciato a perdere la loro indipendenza come produttori e a ricercare un lavoro salario. Tuttavia in posti come l’Inghilterra, la più grande spinta a cercare un lavoro salariato è stata l’espulsione dei contadini dalla terra.

Le città, e di conseguenza le disuguaglianze, si sono accresciute proprio con l’arrivo di questi contadini. La borghesia capitalista divenne uno strato sociale sempre più nettamente distinto dai lavoratori di quanto si era abituati e il mercato stava avendo un effetto corrosivo sulla solidarietà delle corporazioni di mestiere. Le officine artigiane divennero più grandi che mai, e un capo inglese era ormai al comando di decine di lavoratori. Sto parlando della metà del 1700, il periodo immediatamente a ridosso del reale inizio dell’industrializzazione delle fabbriche.

Anche in questo periodo non c’erano poliziotti, ma le classi più ricche cominciarono a ricorrere sempre più alla violenza per sopprimere la popolazione povera. A volte è stato ordinato all’esercito di sparare tra la folla ribelle, e a volte i conestabili arrestavano i capi e li impiccavano. Così la lotta di classe stava cominciando a riscaldarsi, ma in Inghilterra le cose hanno realmente iniziato a cambiare quando la rivoluzione industriale è decollata.

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Nello stesso periodo, i francesi stavano attraversando una rivoluzione politica e sociale iniziata nel 1789. La classe dirigente britannica era terrorizzata dala possibilità che i lavoratori inglesi seguissero l’esempio francese, e aveva proibito i sindacati e le riunioni con più di 50 persone.

Ciononostante, il proletariato inglese riuscì ad organizzare una serie di scioperi e manifestazioni sempre più partecipate nel periodo che va dal 1792 al 1820. Le autorità inglesi reagirono inviando l’esecito. Ci sono però solo due cose che l’esercito può fare, ed entrambe sono dannose. Può rifiutarsi di sparare, e comunque di disperdere la folla e con essa le sue rivendicaIoni, o può sparare in mezzo alla folla e produrre martiri della classe operaia.

Questo è esattamente ciò che successe a Manchester nel 1819. I militari caricarono 80,000 persone, ferendone a centinaia e uccidendo 11 manifestanti. Questa azione, nota come il massacro di Peterloo, invece di soggiogare i contestatori, provocò un’ondata di scioperi e proteste.

Anche la “classica” tattica di impiccare i capi del movimento iniziò a ritorcersi contro. Un’esecuzione avrebbe esercitato un effetto intimidatorio su un gruppo di cento persone, ma i solidali all’uomo condannato ora arrivavano fino a 50.000, e le esecuzioni faceva aumentare la loro voglia di combattere. L’espansione delle città inglesi e la conseguente crescita di polarizzazione sociale al loro interno, ovvero due cambiamenti quantitativi, avevano iniziato a produrre qualitativamente nuovi focolai di lotta.

La classe dirigente aveva bisogno di nuove istituzioni per riavere il controllo. Una di queste fu la polizia di Londra, fondata nel 1829, solo dieci anni dopo Peterloo. La nuova forza era stata progettata specificamente per infliggere una violenza non letale, tale da stroncare la folla cercando di evitare la creazione di nuovi martiri. Ora, una qualsiasi forza organizzata per compiere violenza sta, potenzialmente, per uccidere delle persone; inoltre, per ogni omicidio commesso dalla polizia, ci sono centinaia di migliaia di singoli atti di violenza che non sono letali, ma calcolati e tarati per produrre intimidazione, evitando come risposta una protesta collettiva.

Quando la polizia di Londra non era concentrata nel controllo delle manifestazioni, gli agenti venivano sparpagliati in tutta la città per il controllo quotidiano dei poveri e della classe operaia. Questo riassume la duplice funzione che contraddistingue specificamente la polizia moderna: c’è la forma diffusa di sorveglianza e di intimidazione che passa sotto il nome di lotta alla criminalità, e poi c’è la forma concentrata che si assume per affrontare scioperi, rivolte e dimostrazioni importanti.

La polizia è stata creata per “avere a che fare” con la folla ma ciò che vediamo per la maggior parte del tempo è la presenza del poliziotto “sul marciapiede”. Prima di parlare dell’evoluzione della polizia di New York, voglio esplorare il legame tra queste due modalità di lavoro della polizia.

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Partiamo dal tema più generale della lotta di classe e il suo uso degli spazi all’aperto. Questa è un questione molto importante per i lavoratori e per i poveri:

per il lavoro

per il tempo libero e le attività creative

per lo spazio di vita, se non hai una casa

… e per la politica.

Concentriamoci, in primo luogo, sul lavoro. Mentre i commercianti di successo detenevano gli spazi interni, quelli con pochi mezzi erano costretti a vendere sulla strada. I primi vedevano i secondi come concorrenti e mandavano la polizia a sgomberarli.

I venditori ambulanti erano anche efficaci distributori di beni rubati perché erano mobili e anonimi. Non solo borseggiatori e ladri hanno usato i venditori ambulanti per questa funzione. I servi e gli schiavi della classe media (la schiavitù permase a New York fino al 1827) derubavano i loro padroni e passavano le merci ai venditori locali. La “perdita di ricchezza” che fuoriusciva dalle confortevoli case della città è stato un altro motivo per cui la borghesia ha richiesto un’azione efficace contro i venditori ambulanti.

La strada era anche semplicemente il luogo dove i lavoratori trascorrevano il loro tempo, visto che le loro case non erano confortevoli. La strada era un posto dove potevano trovare amicizia e intrattenimento gratuito e, a seconda del luogo e del periodo, ci si poteva impegnare in opposizioni politiche e religiose. Lo storico britannico marxista EP Thompson riassume tutto questo quando scrive che la polizia inglese del XIX secolo era imparziale nel suo tentativo, perpetrato con la medesima solerzia, di ripulire le strade da venditori ambulanti, mendicanti, prostitute, artisti di strada, picchetti, bambini che giocano a calcio e oratori socialisti o di libero pensiero. Frequentemente il pretesto era la denuncia fatta da un bottegaio per interruzione di scambi commerciali.

Su entrambe le sponde dell’Atlantico, la maggior parte degli arresti erano per crimini senza vittime o reati contro l’ordine pubblico. Un altro storico marxista Sidney Harring fa notare che: “la definizione in criminologia di ‘crimini contro l’ordine pubblico’ si avvicina pericolosamente alla descrizione storica delle ‘attività svolte nel tempo libero dalla classe operaia’ ”.

La vita all’aria aperta è stata, ed è, particolarmente importante per l’attività politica della classe operaia. I politici di carriera e i manager aziendali possono incontrarsi all’interno e prendere decisioni che hanno grandi conseguenze, perché sono al comando della burocrazia e della forza lavoro. Ma quando i lavoratori si incontrano e prendono decisioni su come cambiare le cose, solitamente non ha importanza dove sono a meno che non si tratti di raccogliere sostenitori allora è meglio la strada, si tratti di uno sciopero o una manifestazione. La strada è il terreno di prova per gran parte della politica della classe operaia, e la classe dirigente è pienamente consapevole di questo. Ecco perché ha messo la polizia sulla strada come una contro-forza ogni volta che la classe operaia manifesta la sua forza.

Ora possiamo guardare le connessioni tra le due forme principali dell’attività di polizia, pattuglia di routine e controllo della folla. La vita quotidiana di pattuglia abitua alla violenza e alla minaccia di violenza da parte della polizia e rende i poliziotti sempre pronti a compiere atti di repressione quando i gruppi dei lavoratori e degli oppressi diventano troppo grandi. Non è solo una questione di fare pratica con le armi e le tecniche. Il lavoro routinario di pattuglia è fondamentale per creare una mentalità tra i poliziotti in cui la loro violenza è per un bene superiore.

Il lavoro quotidiano consente anche ai comandanti di scoprire quali poliziotti si trovino maggiormente a proprio agio quando infliggono dolore, assegnandoli quindi alla prima linea quando si tratta di dare un “giro di vite”. Allo stesso tempo, i “poliziotti buoni” che si incontrano per strada forniscono una copertura cruciale fatta di pubbliche relazioni per il brutale lavoro che viene fatto dai “poliziotti cattivi”. Il lavoro di routine può anche diventare utile in periodi di sconvolgimenti politici, perché la polizia ha già utilizzato del tempo nei quartieri cercando di identificare i capi e gli attivisti più radicali.

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Ora possiamo saltare nuovamente dentro la narrazione storica e parlare di New York City.

Inizierò con un paio di punti di riflessione sulle abitudini della folla prima della rivoluzione. Durante il periodo coloniale, talvolta le persone diventavano irrequiete, ma spesso tale inquietudine veniva formalizzata in modo tale da essere consentita o almeno tollerata dall’élite coloniale. C’erano varie celebrazioni che ricadevano nella categoria del “malgoverno”, in cui le posizioni sociali erano invertite e i livelli più bassi potevano far finta di essere al vertice. Era un modo per i ceti subalterni per sfogarsi attraverso la satira dei loro padroni, un modo che riconosceva il diritto dell’elite di detenere il potere in ogni altro giorno dell’anno. Questa tradizione di malgoverno simbolico era particolarmente diffusa tra Natale e Capodanno e anche agli schiavi era permesso partecipare.

C’era anche la celebrazione annuale della giornata del Papa, in cui i membri della maggioranza protestante sfilavano con delle effigi, tra cui una del Papa, e alla fine le bruciavano. Una piccola provocazione settaria, “tutto per un sano divertimento”, tutto approvato dai padri della città. A quel tempo, la giornata del Papa solitamente non portava alla violenza effettiva contro i cattolici perché a New York ne vivevano solo poche centinaia e, prima della rivoluzione, non vi era una sola chiesa cattolica.

Queste celebrazioni erano rumorose e anche turbolente, ma tendevano a rafforzare più che a rompere il legame tra gli ordini inferiori e l’élite.

Le classi subalterne erano anche vincolate all’élite dalla costante supervisione personale. Questa era applicata agli schiavi e ai servi di casa, naturalmente, ma anche ad apprendisti artigiani e operai qualificati che vivevano nella casa del maestro. Così non c’erano molte persone subordinate che girovagavano per le strade a tutte le ore. In realtà, per un periodo ci fu un’ordinanza coloniale che affermava che i lavoratori potevano stare in strada solo per andare e tornare dal lavoro.

Questa situazione rendeva i marinai e i lavoratori a giornata degli elementi molto turbolenti e senza controllo. Tuttavia i marinai trascorrevano la maggior parte del loro tempo vicino al lungomare e gli operai, ovvero la classe dei lavoratori con salario regolare, non erano ancora un gruppo particolarmente numeroso.

In tali circostanze, dove la maggior parte delle persone erano sorvegliate durante il giorno, non c’era alcun bisogno di una forza regolare di polizia. C’era un sorvegliante di notte, che faceva la guardia contro gli atti di vandalismo e arrestava qualsiasi uomo o donna di colore che non riusciva a dimostrare di essere libero. Il sorvegliante non era in alcun modo un professionista. Tutti avevano un lavoro di giorno e si turnavano l’incarico di guardia notturna, così non pattugliano le stesse strade regolarmente, e tutti odiavano farlo. I ricchi hanno comprato loro una via d’uscita pagando dei sostituti per esercitare tale compito.

Durante il giorno un piccolo numero di agenti assicuravano il servizio, ma non pattugliavano. Erano agenti della corte che eseguivano atti di citazione e mandati di arresto. Non facevano lavoro investigativo. Nel 1700 e nel 1800, il sistema era basato quasi interamente su informatori a cui veniva promessa come ricompensa una parte dell’ammenda che il colpevole avrebbe dovuto pagare.

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Il periodo rivoluzionario ha cambiato un paio di cose circa il ruolo della folla e la relazione tra classi. Nel 1760, iniziato con l’agitazione contro lo Stamp Act, l’élite dei commercianti e dei proprietari promosse nuove forme di mobilitazione popolare. Ci furono nuove manifestazioni e sommosse che attinsero dalla tradizione corrente, come ad esempio l’uso delle effigi; invece di bruciare il Papa, bruciavano il governatore, o il re Giorgio.

È importante notare la composizione di classe di queste folle. Potevano esserci gli stessi membri dell’élite, ma il nocciolo duro erano i lavoratori qualificati, noti collettivamente come le maestranze. Ciò significa che un maestro stava in mezzo alla folla con i suoi garzoni e apprendisti. Le persone di più alto rango sociale vedevano i maestri artigiani come loro luogotenenti che mobilitavano il resto delle maestranze.

Con l’intensificarsi del conflitto con la Gran Bretagna, le maestranze diventarono più radicali e si organizzarono in modo indipendente dall’élite coloniale. C’erano degli attriti tra le maestranze e l’élite, ma mai una totale rottura.

Quando i britannici furono sconfitti e l’élite ha istituito il proprio governo, ne aveva abbastanza di tutte queste manifestazioni nelle strade. Nei nuovi Stati Uniti indipendenti continuarono ad esserci ribellioni e rivolte, ma stavano prendendo nuove forme, anche perché lo sviluppo economico stava riuscendo a rompere l’unità delle maestranze stesse.

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Passo ora ai cambiamenti che seguirono la rivoluzione e che hanno prodotto una nuova classe lavoratrice che si poneva al di fuori del miscuglio conflittuale degli altri elementi sociali.

Cominciamo con i lavoratori qualificati. Anche prima della rivoluzione, si era acuita la divisione tra padroni e operai qualificati. Per capire questo, dovremmo guardare più da vicino l’influenza persistente del sistema delle “gilde”; formalmente le gilde non esistevano negli Stati Uniti, ma alcune delle loro tradizioni sopravvivevano tra i lavoratori qualificati.

Le antiche corporazioni erano state essenzialmente dei cartelli, dei sindacati di lavoratori che hanno avuto un monopolio su un’abilità particolare che ha permesso loro di gestire il mercato. Potevano stabilire il prezzo per le loro merci e persino decidere in anticipo quanto grande stava per essere il mercato.

Il mercato permetteva per consuetudine una stabilità delle relazioni tra i lavoratori del commercio. Un maestro poteva acquisire un apprendista come servo dai suoi genitori in cambio della promessa di insegnargli un mestiere e dandogli vitto e alloggio per sette anni. Gli apprendisti diventavano operai qualificati, ma spesso continuavano a lavorare per il maestro, perché non c’era spazio per diventare a loro volta maestri. Gli operai qualificati ricevevano uno stipendio con contratti a lungo termine. Ciò significava che la paga sarebbe continuata ad arrivare nonostante le variazioni stagionali della quantità di lavoro. Anche senza la struttura formale delle corporazioni, gran parte di questi rapporti consuetudinari era ancora in vigore nel periodo prerivoluzionario.

Dal 1750 al 1850, tuttavia, questa struttura corporativa degli operai esperti stava sgretolandosi anche perché si stava affievolendo il controllo dei commercianti sul mercato. Il commercio proveniente da altre città o dall’estero pregiudicava la capacità dei maestri di decidere i prezzi, e poneva le varie botteghe artigiane in concorrenza tra di loro in un modo che ci è oggi familiare.

La concorrenza ha portato i maestri a diventare dei moderni imprenditori, alla ricerca di innovazioni che permettessero di diminuire il lavoro manuale e di trattare i lavoratori come salariati usa e getta. Le imprese sono diventate più grandi e più impersonali, più simili a fabbriche, con decine di dipendenti.

Nei primi decenni del XIX secolo, gli apprendisti stavano perdendo non solo i loro contratti a lungo termine, ma anche la possibilità di vitto e alloggio all’interno delle famiglie dei maestri. Gli apprendisti consideravano questo fatto come un’opportunità per essere liberi, giovani uomini che si sottraevano sia dall’autorità dei genitori che dei padroni. Liberi di andare e venire a loro piacimento, potevano incontrare giovani donne ed avere un propria vita sociale con i loro coetanei. Le donne erano impiegate principalmente in vari servizi domestici, o si prostituivano.

La vita all’aria aperta si stava trasformando via via che questi giovani si mescolavano con le altre parti della popolazione, compresa la classe operaia oramai in via di sviluppo.

Questa mescolanza non era sempre tranquilla. L’immigrazione irlandese cattolica era aumentata dopo il 1800. Nel 1829, c’erano circa 25.000 cattolici nella città, una persona su otto. Gli irlandesi erano stati segregati in alcuni quartieri, spesso vivevano a fianco dei neri, che erano ormai circa il cinque per cento della popolazione. Nel 1799, i protestanti avevano bruciato l’effigie di San Patrizio, e gli irlandesi avevano reagito all’offesa. Questo genere di scontri si sono riproposti frequentemente nel corso degli anni successivi, ed era chiaro agli irlandesi che i connestabili e le guardie notturne erano schierati contro di loro.

Così, ancor prima che ci fosse la moderna forza di polizia, i poliziotti stavano già facendo una schedatura su base razziale. L’élite cittadina prese atto della mancanza di rispetto, fino ad arrivare alla manifesta ostilità, degli irlandesi per le guardie, ed estese la sua sorveglianza anche attraverso pattugliamenti più mirati. Tale decisione andava di pari passo alla crescente attenzione dei sorveglianti verso gli africani, che vivevano nelle stesse zone ed avevano avuto un atteggiamento altrettanto ostile verso le autorità.

Nascosta sotto le divisioni settarie e razziali c’era la concorrenza economica, poiché i lavoratori irlandesi erano generalmente meno abili e avevano stipendi più bassi rispetto ai lavoratori specializzati. Allo stesso tempo, i maestri stavano cercando di deprofessionalizzare il lavoro nelle officine. In questo modo, gli apprendisti inglesi entrarono a far parte del mercato del lavoro vero e proprio perdendo i loro contratti a lungo termine; ad un certo punto, si sono trovati sulla scala salariale solo un gradino sopra gli immigrati irlandesi. I lavoratori neri, che prestavano servizio domestico o lavoravano come operai generici, erano più in basso degli irlandesi di uno o due gradini.

Allo stesso tempo, si stava espandendo la vecchia classe salariale operaia, concentrata intorno alle banchine e agli edifici in costruzione, perché dopo la rivoluzione si stavano espandendo sia il commercio che l’edilizia.

Nel complesso, la popolazione ebbe una rapida crescita. New York contava 60.000 persone nel 1800, quasi raddoppiate nel 1820. Nel 1830, sempre New York aveva più di 200.000 abitanti e 312.000 nel 1840.

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Ecco un profilo appena accennato della nuova classe operaia di New York.

In quei decenni, tutte le parti di questa classe non ancora omogenea iniziarono delle azioni collettive specifiche per il loro settore. È una storia piuttosto complicata, a causa del numero di azioni e della frammentazione della classe. Possiamo partire con una generalizzazione ovvero che la forma più comune di lotta è stata anche la più elementare: il tumulto.

Se osserviamo alcune caratteristiche specifiche, dal 1801 al 1832, gli afroamericani newyorkesi sono insorti quattro volte per evitare che gli ex schiavi fossero rimandati ai loro padroni fuori città. Queste azioni generalmente non portarono ad alcun risultato, le guardie risposero in generale violentemente, e i partecipanti ricevettero condanne eccezionalmente dure. Anche gli abolizionisti bianchi hanno partecipato e sono stati condannati per questi tumulti. Queste rivolte mostrano l’attivismo indipendente del popolo nonostante la disapprovazione dell’élite, per non parlare della disparità razziale nell’applicazione della legge.

C’erano anche le molestie dei bianchi contro le chiese e i teatri degli afroamericani, fino ad arrivare a vere e proprie sommosse, in cui erano coinvolti generalmente gli immigrati poveri, ma a volte vi presero parte anche i bianchi ricchi e gli stessi connestabili. Nel 1826 una rivolta contro gli afroamericani durò tre giorni e danneggiò molte chiese e abitazioni della popolazione nera, oltre che le case e chiese dei ministri bianchi abolizionisti.

Tuttavia non c’era solo il conflitto tra i lavoratori bianchi e neri. Nel 1802, i marinai bianchi e neri scioperarono per avere stipendi più alti, causa comune per la maggior parte degli scioperi durante questo periodo, il metodo era qualcosa che lo storico Eric Hobsbawm ha chiamato “contrattazione collettiva attraverso la rivolta”. In questi casi, gli scioperanti rendevano inutilizzabili le navi che pagavano i salari più bassi. I lavoratori portuali si unirono senza distinzioni razziali o settarie per alcuni scioperi molto combattivi nel 1825 e nel 1828.

Per le rivendicazioni dei lavoratori qualificati e degli specialisti difficilmente si doveva ricorrere a tale coercizione fisica, perché possedevano il monopolio sulle loro specifiche competenze. Tuttavia proprio in questi anni gli operai qualificati divennero più militanti. Ci furono tre ondate di scioperi dei lavoratori del commercio nel 1809, 1822 e nel 1829. Ogni ondata era più combattiva e minacciosa rispetto alla precedente, e prese di mira anche altri lavoratori qualificati rompendo di fatto la solidarietà. Nel 1829, i garzoni organizzarono un movimento di lotta per limitare la giornata lavorativa a 10 ore e fondarono il Partito dei lavoratori. Il partito si sciolse nello stesso anno, ma condusse alla fondazione, avvenuta nel 1833, del General Trade Union.

Mentre tra i lavoratori cresceva una maggior consapevolezza di se stessi come classe, iniziarono ad impegnarsi in qualsiasi tafferuglio dove ci fosse una folla riunita, nelle taverne, nei teatri e in piazza. Questi disordini non potevano avere nessun obbiettivo economico o politico chiaro, ma erano comunque delle istanze per l’autoaffermazione collettiva dalla classe operaia o di una parte etnica o settaria della classe. Nei primi decenni del secolo, scoppiavano questo tipo di tumulti almeno quattro volte l’anno, ma nel periodo che va dal 1825 al 1830, i newyorkesi sono insorti al ritmo di una volta al mese.

Una di queste sommosse ha particolarmente allarmato l’elite, conosciuta come la rivolta di Natale del 1828, è avvenuta in realtà a Capodanno. Una folla rumorosa di circa 4.000 giovani lavoratori inglesi, muniti di tamburi e trombette, si diresse verso Broadway dove vivevano i ricchi. Sulla strada, danneggiarono una chiesa africana e picchiarono i suoi membri. Le guardie arrestarono alcuni dei rivoltosi, ma la folla li liberò e mise in fuga le guardie. Altri si unirono alla folla che andava verso il quartiere commerciale, dove danneggiarono alcuni negozi. Al Battery(uno dei parchi storici di NY), ruppero le finestre di alcune delle case più ricche della città, poi si diressero verso Broadway, perché sapevano che la gente ricca stava festeggiando al City Hotel, lì giunti sbarrarono le vie di uscita dell’edificio. Si presentò un nutrito contingente di guardie, ma i leader della folla chiesero una tregua di cinque minuti. Questi minuti permisero alle guardie di riflettere sulla lotta che stavano per affrontare; passati i cinque minuti le guardie si fecero da parte e la folla assordante marciò con loro davanti lungo Broadway.

Questo spettacolo di aperta sfida della classe lavoratrice ebbe luogo davanti agli occhi delle famiglie più influenti della città di New York. Da subito i quotidiani iniziarono ad invocare una maggiore sorveglianza, così la rivolta di Natale accelerò il processo di formazione che portò nel 1845 alla creazione del dipartimento di polizia di New York

La riforma del 1845 amplia le forze di polizia, le professionalizza e le centralizza attraverso una catena di comando militare. La sorveglianza viene estesa alle 24 ore, e ai poliziotti viene proibito di avere un secondo lavoro. La paga viene aumentata, ma gli agenti non ricevono più una parte delle ammende comminate ai delinquenti.

Ciò significava che i poliziotti non uscivano più in pattuglia alla ricerca di come sbarcare il lunario, e questo avrebbe portato ad una strana selezione dei procedimenti giudiziari. Eliminando il sistema della tassa veniva data ai comandanti una maggiore libertà di impostare criteri e priorità, dando vita ad un dipartimento più rispondente alle esigenze mutevoli dell’élite economica.

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Nel Sud la storia della polizia è un po’ diversa da come ci si potrebbe aspettare.

Una delle forze di polizia di tipo moderno nasce a Charleston, nella Carolina del Sud, e diventa completamente professionalizzata ancor prima di quella di New York. Il precursore della forza di polizia di Charleston non era un insieme di guardie urbane ma schiavi che pattugliavano le campagne. Come puntualizza uno storico, “in tutti gli Stati [del Sud] [prima della guerra civile], pattuglie di sorveglianti armati girovagavano perlustrando la campagna giorno e notte, intimidendo, terrorizzando e brutalizzando gli schiavi per sottometterli e renderli mansueti”.

In generale erano forze di volontari bianchi che fornivano le proprie armi. Nel corso del tempo, il sistema si è adattato alla vita della città. La popolazione di Charleston non è esplosa come a New York. Nel 1820 c’erano ancora meno di 25.000 persone e la metà di loro erano afroamericani.

L’unico modo per il Sud di avviare una vera e propria industrializzazione doveva prevedere la possibilità di far lavorare gli schiavi come lavoratori salariati nelle città. Alcuni schiavi erano direttamente di proprietà dei padroni della fabbrica, soprattutto nelle città del Sud più industrializzate, come Richmond. La maggior parte degli schiavi urbani, tuttavia, erano di proprietà dei cittadini bianchi che li usavano per il servizio personale e “li affittavano” ai datori di lavoro tramite il pagamento di uno stipendio.

In un primo momento, i maestri artigiani trovavano il lavoro per i loro schiavi e trattenevano l’intera paga. Subito dopo, tuttavia, considerarono più conveniente che gli schiavi si procacciassero da sè un impiego, trattenendosi una tariffa per il tempo speso lontano dal loro padrone. 

Questo nuovo sistema ha modificato radicalmente il rapporto tra gli schiavi ed i loro padroni, per non parlare di quello fra gli stessi schiavi. Gli schiavi si sottraevano al controllo diretto dei loro padroni per periodi di tempo sempre più lunghi, inoltre guadagnavano per sè al di là del fio pagato ai loro proprietari. Molti afroamericani si potevano anche permettere di vivere fuori dalle abitazioni dei loro maestri; potevano sposarsi e convivere in modo indipendente. Dai primi decenni del XIX secolo, Charleston era un sobborgo nero, popolato soprattutto da schiavi e da alcuni ex-schiavi.

La popolazione bianca del Sud, sia in città che in campagna, ha vissuto nella paura costante di un’insurrezione. Nella campagna, tuttavia, gli afroamericani erano sotto costante sorveglianza, e c’erano poche opportunità per gli schiavi di sviluppare dei legami sociali all’interno di un regime di lavoro così estenuante. La condizione drammaticamente più libera nelle città significava che lo stato doveva intervenire per fare il lavoro di repressione di cui gli schiavisti solitamente si occupavano per conto proprio.

La guardie e i sorveglianti di Charleston si svilupparono per tentativi ed errori in una forza di polizia cittadina la cui fisionomia moderna è resa riconoscibile già dal 1820, brutalizzando quotidianamente la popolazione afroamericana e rimanendo sempre in allerta per una rapida mobilitazione atta a controllare la folla. L’impulso più forte verso l’istituzionalizzazione si ebbe nel 1822, quando furono scoperti i piani per l’organizzazione di un’insurrezione degli schiavi. L’insurrezione venne stroncata, dando un ruolo primario alle azioni violente.

La forza di polizia del Sud era molto più militarizzata di quella del Nord, anche prima della professionalizzazione. La polizia a cavallo era un eccezione nel Nord, mentre era la regola nel Sud; la polizia del Sud inoltre era dotata di armi con baionette.

La storia specifica delle forze di polizia varia per ogni città americana, ciononostante, dal momento che si stavano affrontando problemi simili atti a reprimere i lavoratori urbani e i poveri, si tendeva a convergere su soluzioni istituzionali molto simili. L’esperienza del Sud rafforza un punto che era già chiaro anche nel Nord: fin dal primo giorno il razzismo contro gli afroamericani è stato costruito attraverso il lavoro quotidiano della polizia americana.

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Verso la fine, dirò poche parole su Philadelphia, ma prima ho intenzione di esporre alcuni temi che si applicano a tutti i casi.

Prima di tutto, abbiamo bisogno di mettere la polizia nel contesto di un più ampio progetto della classe dirigente di gestire e plasmare la classe operaia. Ho detto all’inizio che l’avvio delle rivolte degli operai ha coinciso con una nuova ripartizione dei vecchi metodi di supervisione personale della forza lavoro. Lo stato è intervenuto per fornire la sorveglianza. I poliziotti erano parte di tale intento, ma nel Nord, lo stato ha anche implementato i suoi programmi di assistenza ai bisognosi e per la scuola pubblica.

Il lavoro della polizia era integrale a questo sistema assistenziale, attraverso il lavoro di schedatura dei poveri e la loro reclusione negli ospizi. Ancor prima che la polizia fosse istituzionalizzata gli agenti classificavano i “poveri meritevoli” distinguendoli dai “non meritevoli”. Se erano disoccupati e inabili al lavoro, li spedivano direttamente tra le braccia caritatevoli delle chiese o verso le città; se erano in grado di lavorare, venivano etichettati come “fannulloni” e relegati negli orribili ospizi.

Il sistema assistenziale per i poveri ha contributo in modo sostanziale alla creazione del mercato del lavoro salariato. La funzione chiave del sistema era di rendere la disoccupazione così sgradevole e umiliante da essere disposti ad accettare qualsiasi tipo di lavoro a salari bassissimi solo per evitare la disoccupazione. Punendo le persone più povere, il capitalismo ha creato dei livelli ancora più infimi nella scala salariale, spingendo verso il basso anche i livelli già presenti.

La polizia non svolgeva un ruolo diretto nella selezione delle persone, ma offriva un valido aiuto per la punizione. Come abbiamo visto, un gran parte del lavoro di polizia aveva a che fare con il rendere la vita sgradevole alle persone disoccupate che bighellonavano nelle strade.

L’aumento delle attività della polizia moderna coincise anche con la diffusione dell’istruzione pubblica. Le scuole pubbliche abituavano i bambini alla disciplina del lavoro capitalista. I bambini venivano separati dalle loro famiglie per eseguire una serie di attività accanto ad altri, sotto la direzione di una figura autorevole, secondo un calendario stabilito da un orologio. Il movimento di riforma della scuola sviluppatosi tra il 1830 e il 1840 ha avuto anche il compito di plasmare il carattere morale degli studenti. L’obiettivo principale doveva essere quello di educare gli studenti a sottomettersi volontariamente all’autorità, ad essere in grado di lavorare sodo, ad esercitare l’autocontrollo senza aspettarsi gratificazioni immediate.

In realtà, il concetto di buona cittadinanza che usciva dal movimento di riforma della scuola era perfettamente allineato con il concetto di criminologia che era stato inventato per classificare le persone sulla strada. La polizia doveva focalizzarsi non sulla criminalità, ma su determinati tipi di criminali, con un metodo di analisi comportamentale sostenuto da credenziali apparentemente scientifiche. Il “delinquente”, ad esempio, è un concetto che è comune alla scuola e all’attività di polizia, e in pratica ha contribuito a collegare le due attività.

L’ideologia del “bravo cittadino” doveva avere un grande effetto nelle menti degli studenti, incoraggiandoli a pensare che i problemi nella società provenivano dalle azioni dei “cattivi ragazzi”. Uno degli obiettivi chiave della scolarizzazione, secondo il riformatore Horace Mann, avrebbe dovuto essere quello dell’impianto di un certo tipo di coscienza negli studenti, in modo da disciplinare autonomamente il proprio comportamento ed essere poliziotti di se stessi. Usando le parole di Mann, l’obiettivo era che i bambini “pensassero più ai loro doveri che alla polizia”.

È inutile dire che uno schema analitico atto a dividere la società tra buoni e cattivi è perfetto per l’identificazione dei capri espiatori, soprattutto quelli di matrice razziale. Un siffatto regime moralistico era (ed è) anche un diretto concorrente per una visione del mondo classista, che identifica l’antagonismo a base della società come il conflitto tra sfruttatori e sfruttati. Per questo l’attività di polizia andava oltre la semplice repressione, “insegnava” un’ideologia della cittadinanza buona e cattiva che combaciava con le lezioni tenute in classe e l’educazione impartita in orfanotrofio.

Complessivamente l’invenzione della polizia era parte di una più ampia espansione delle attività dello stato per ottenere il controllo sul comportamento quotidiano della classe operaia. Scolarizzazione, assistenza ai poveri e polizia erano tutti finalizzati a formare dei lavoratori utili e leali alla classe capitalista.

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Il prossimo punto comune è qualcosa che sappiamo tutti, e che è questo:

C’è la legge… e poi c’è quello che i poliziotti fanno.

In primo luogo, diciamo alcune parole riguardo la legge: nonostante ciò che si possa aver imparato in classe durante le ore di educazione civica, la legge non è il quadro in cui opera la società. La legge è un prodotto del modo in cui la società funziona, ma non vi dice come funzionano davvero le cose. La legge non è nemmeno un riferimento per capire il modo in cui la società dovrebbe funzionare, anche se alcune persone ci credono ancora.

La legge è semplicemente uno strumento tra gli altri, nelle mani di coloro che esercitano il potere, per influenzare il corso degli eventi. Le società per azioni sono autorizzate a utilizzare questo strumento perché possono assumere avvocati costosi. I politici, i pubblici ministeri e la polizia hanno inoltre il potere di usare la legge.

Riferendoci in particolare ai poliziotti e alla legge, la legge ha molte e diverse disposizioni che i poliziotti possono effettivamente utilizzare, quindi l’esecuzione è sempre selettiva. Ciò significa che essi possono scegliere su quale parte della popolazione porre particolare attenzione e quali tipi di comportamento cambiare. Vuol dire anche che i poliziotti hanno sempre un’opportunità per essere corrotti. Se potevano agire in modo discrezionale per rilevare un crimine, potevano ricattare chiunque per non farlo incriminare.

Un altro modo per comprendere bene il divario tra la legge e cosa fanno i poliziotti è quello di esaminare l’idea comune che la punizione comincia dopo la condanna in tribunale. Il fatto è che chi ha avuto a che fare con i poliziotti sa bene che la punizione inizia dal momento in cui gli agenti depongono le mani su di te. Possono arrestarti e metterti in prigione senza formulare delle precise accuse. Questa è la punizione, e loro lo sanno. Per non parlare dell’abuso fisico, o dei vari modi in cui possono provocare senza ricorrere all’arresto.

Così la polizia tiene sotto controllo le persone senza un preciso ordine del tribunale, e le punisce ogni giorno senza una sentenza. Ovviamente poi, alcune delle funzioni sociali chiave della polizia non vengono scritte nella legge. Fanno parte della cultura di polizia che i poliziotti imparano gli uni dagli altri con l’incoraggiamento e la direzione dei loro comandanti.

Questo ci riporta alla questione iniziale. La legge si occupa di crimini e gli individui sono accusati di reati. Ciò nondimeno la polizia era davvero stata creata per far fronte a tutto ciò che i lavoratori e i poveri potevano realizzare nelle loro espressioni collettive: i poliziotti si occupano di folle, quartieri e determinati segmenti della popolazione, tutte entità collettive.

Essi possono utilizzare la legge a loro piacimento, ma le direttive politiche generali provengono dai loro comandanti o dal proprio istinto di poliziotti esperti. Le direttive politiche hanno spesso una natura collettiva, per esempio, ottenere il controllo di un quartiere ribelle. A seconda di cosa decidono di fare capiscono che leggi utilizzare.

Questo è il vero significato di politiche come la “tolleranza zero”, o di teorie come quella delle “finestre rotte” *, politiche che, in passato, avrebbe potuto essere francamente definite “per il negro che non sta al suo posto” (uppity nigger). L’obiettivo è quello di intimidire e affermare il controllo sopra una massa di persone, agendo solo su alcuni. Tali tattiche sono nate con la polizia. La legge è uno strumento da usare sugli individui, ma il vero obiettivo è quello di controllare il comportamento dell’intera massa.

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Vorrei parlare infine di alcune alternative.

Una di queste è un sistema di giustizia che è esistito negli Stati Uniti prima dell’ascesa della polizia ed è ben documentato per Philadelphia, che è il posto di cui tratterò. La città coloniale di Filadelfia ha sviluppato un sistema di tribunali minori in cui si svolgevano la maggior parte delle cause. Il sindaco e gli assessori erano i giudici e i magistrati. I poveri potevano risparmiare pagando una tassa al magistrato per sentire il caso.

Allora, come oggi, la maggior parte dei reati erano commessi da poveri contro altri poveri. In queste corti, la vittima dell’aggressione, del furto o della diffamazione agiva come il procuratore. Un connestabile poteva essere coinvolto al fine di portare l’imputato, che non è la stessa cosa di un arresto da parte di un poliziotto. Tutta l’azione era guidata dai desideri della vittima, non dagli obiettivi dello stato e l’imputato potreva anche fare una controquerela.

Non c’era nessun avvocato coinvolto su entrambi i lati, quindi l’unica spesa era la tariffa al magistrato. Il sistema non era perfetto, perché il giudice poteva essere il danneggiato, e la vita dei poveri non finiva di essere miserabile dopo aver vinto una causa. Ma il sistema era abbastanza popolare e continuò a funzionare per qualche tempo in parallelo, anche dopo che lo stato aveva avviato il sistema di polizia moderna e dei procuratori.

L’incremento della polizia, andato di pari passo con quello dei procuratori, significava che lo stato stava mettendo il pollice sulla bilancia della giustizia. In tribunale, si può sperare di essere considerato innocente fino a prova contraria. Prima di arrivare davanti alla corte, però, bisogna passare attraverso le mani dei poliziotti e dei procuratori che certamente non ti trattano come se fossi innocente. Hanno la possibilità di farti pressione o torturarti per una confessione o, al giorno d’oggi, estorcerti una confessione sotto forma di un patteggiamento.

Anche se fazioso il sistema è arrivato ad essere dominato dai poliziotti e dai pubblici ministeri, i tribunali minori avevano dimostrato ai cittadini di Filadelfia che un’alternativa era possibile e che era anche più adatta per la risoluzione delle controversie fra eguali.

Questa è la chiave, abbiamo un’alternativa disponibile se riusciamo ad abolire le relazioni sociali diseguali in difesa delle quali è stata inventata la polizia. Quando i lavoratori di Parigi hanno preso la città per due mesi nel 1871, hanno stabilito un governo dandogli il vecchio nome di comune. Il punto di partenza per l’uguaglianza sociale a Parigi risiedeva nella necessità di eliminare la repressione, i comunardi vollero sperimentare l’abolizione della polizia considerata una forza separata dello stato, e sopratutto separata e distinta dalla cittadinanza. Le persone avrebbero scelto i propri agenti di pubblica sicurezza, responsabili nei confronti degli elettori e soggetti a un richiamo immediato.

Questo modello non entrò mai a regime perché la città era costantemente sotto assedio, ma i comunardi potevano aver avuto l’idea giusta; per superare il regime repressivo della polizia, il lavoro cruciale era vivere per la Comune, ovvero costruire una comunità di eguali che si autogoverna. Che è quello che più o meno dobbiamo fare ancor oggi.

David Whitehouse

traduzione a cura di Cristina Tonsig

Articolo tratto da https://worxintheory.wordpress.com/2014/12/07/origins-of-the-police/

Ripubblicato da libcom http://libcom.org/history/origins-police-david-whitehouse/

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Nel 1982 i criminologi James Q. Wilson e George Kelling pubblicano un articolo dal titolo Broken Window Theory (Teoria della finestra rotta). Secondo tale teorizzazione, non punire piccole trasgressioni può generare fenomeni di emulazione che portano a spirali di violenza più gravi. 

L’idea nasce, appunto, dall’esempio della finestra rotta: se qualcuno rompe una finestra di un edificio e non viene aggiustata, sostengono i due studiosi, si diffonde in chi la vede l’idea che l’edificio sia abbandonato o lasciato senza cura, attraendo presti altri teppisti nel rompere le altre finestre e generando altri fenomeni di violenza contro la proprietà. 

Questa formulazione, applicabile anche ad altri fenomeni di teppismo urbano, è stato adottato da diverse municipalità americane come modalità di gestione del territorio e prevenzione del crimine contro le proprietà (come ad esempio la riverniciatura dei muri sopra i graffiti).

Alcune fonti.

Sul sistema di giustizia e sicurezza in Europa durante il Medio Evo:

Tigar, Michael. Law and the Rise of Capitalism. New York: Monthly Review Press, 2000.

Su classe operaia e polizia in Inghilterra:

Thompson, E. P. The Making of the English Working Class. Vintage, 1966.

Farrell, Audrey. Crime, Class and Corruption. Bookmarks, 1995.

Per la storia e l’analisi delle funzioni della polizia negli Stati Uniti:

Williams, Kristian. Our Enemies in Blue: Police and Power in America. Revised Edition. South End Press, 2007.

Silberman, Charles E. Criminal Violence, Criminal Justice. First Edition. New York: Vintage, 1980.

Per comprendere l’evoluzione del sistema poliziesco nelle città degli Stati Uniti:

Bacon, Selden Daskam. The Early Development of American Municipal Police: A Study of the Evolution of Formal Controls in a Changing Society. Two volumes. University Microfilms, 1939.

Fonti specifiche su New York, Philadelphia e il Sud:

Gilje, Paul A. The Road to Mobocracy: Popular Disorder in New York City, 1763-1834. The University of North Carolina Press, 1987.

Steinberg, Allen. The Transformation of Criminal Justice: Philadelphia, 1800-1880. 1st edition. Chapel Hill: The University of North Carolina Press, 1989.

Wade, Richard C. Slavery in the Cities: The South 1820–1860. Oxford University Press, 1964.

Sui primi anni della scuola pubblica negli Stati Uniti:

Bowles, Samuel, and Herbert Gintis. Schooling In Capitalist America: Educational Reform and the Contradictions of Economic Life. Reprint. Haymarket Books, 2011.


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