Nella primavera del 1871, durante il suo soggiorno nella valle di Saint-Imier, Michail Bakunin tenne, davanti a un pubblico di operai, tre conferenze nelle quali, dopo aver ritracciata la storia della borghesia francese e della sua funzione rivoluzionaria nel 18º secolo, esponeva la missione storica del proletariato del diciannovesimo secolo. Pubblichiamo la parte finale dell’ultima conferenza, in occasione dell’anniversario dell’inizio della Comune di Parigi (18 marzo 1871).
Il clero e la nobiltà sono stati smascherati e battuti nel 1793. La rivoluzione del 1848 ha smascherato la borghesia e ne ha mostrato l’incapacità e la malvagità. Durante le giornate di giugno, nel 1848, la classe borghese ha altamente rinunciato alla religione dei suoi padri; quella religione rivoluzionaria che aveva avuto la libertà, l’uguaglianza e la fraternità per principio e per base. Appena il popolo ebbe presa sul serio l’uguaglianza e la libertà, la borghesia, che non esiste che per lo sfruttamento, vale a dire per l’ineguaglianza economica e per la schiavitù sociale del popolo, si è gettata nella reazione.
Gli stessi traditori che vogliono perdere ancora una volta la Francia, questi Thiers, Jules Favre, e l’immensa maggioranza dell’Assemblea nazionale del 1848, hanno lavorato per il trionfo della reazione più immonda, come vi lavorano ancora oggi. Hanno cominciato col distruggere il suffragio universale e più tardi hanno portato alla presidenza Luigi Bonaparte. Il timore della rivoluzione sociale, l’orrore dell’uguaglianza, il sentimento dei propri delitti e la paura della giustizia popolare, avevano gettato tutta questa classe, in altri tempi intelligente ed eroica e oggi stupida e vile, nelle braccia della dittatura di Napoleone III. Ed essi ne hanno avuto la dittatura militare, per diciotto anni di seguito, e non bisogna credere che i signori borghesi se ne siano trovati troppo male. Quelli che volevano ribellarsi e giocare al liberalismo in modo troppo rumoroso e incomodo per il regime imperiale, sono stati naturalmente scartati, soffocati. Ma tutti gli altri, quelli che lasciando le fisime politiche al popolo, si sono applicati esclusivamente e seriamente al grande affare della borghesia, allo sfruttamento del popolo, sono stati potentemente protetti e incoraggiati: si sono dati loro perfino, per salvare l’onore, tutte le apparenze della libertà. Infatti, non esisteva sotto l’Impero un’Assemblea legislativa regolarmente eletta a suffragio universale? Tutto andò dunque benissimo secondo i desideri della borghesia. E non ci fu che un solo punto nero, l’ambizione conquistatrice del sovrano, che trascinando la Francia in spese rovinose, ha finito coll’annientare l’antica potenza. Ma questo punto nero non era un accidente, era una necessità del sistema. Un regime dispotico, assoluto, quand’anche con le apparenze della libertà, deve necessariamente appoggiarsi su di un esercito potente, e ogni grande esercito permanente rende necessaria, prima o poi, la guerra all’esterno. La gerarchia militare ha difatti per principale aspirazione l’ambizione, ogni tenente vuole diventare colonnello, e ogni colonnello generale, e quanto ai soldati, essi, sistematicamente demoralizzati nelle caserme, sognano i nobili piaceri della guerra: il massacro, il saccheggio, il furto, lo stupro; prova ne sono le prodezze dell’esercito prussiano in Francia. Ebbene, se tutte queste nobili passioni sapientemente e sistematicamente nutrite nel cuore degli ufficiali e dei soldati, restano a lungo senza soddisfazione, inaspriscono l’esercito e lo spingono al malcontento, e dal malcontento alla rivolta. Perciò è necessario fare la guerra. Tutte le spedizioni e le guerre intraprese da Napoleone III non sono stati capricci personali, come pretendono oggi i signori borghesi: sono stati una necessità del sistema imperiale dispotico che [i borghesi] stessi avevano fondato per timore della rivoluzione sociale. Sono le classi privilegiate, è l’alto e basso clero, è la nobiltà decaduta, è infine – e soprattutto – questa rispettabile, onesta e virtuosa borghesia la quale [come] le altre classi e più dello stesso Napoleone III, è causa di tutte le orribili sventure che hanno ora colpito la Francia.
E voi l’avete visto tutti, compagni, che per difendere questa Francia sfortunata non si è trovato in tutto il paese che una sola massa, la massa degli operai delle città, quella precisamente che è [stata] tradita e abbandonata dalla borghesia all’Impero e sacrificata dall’Impero allo sfruttamento borghese. In tutto il paese non vi sono stati che i generosi lavoratori delle fabbriche e delle città a volere la sollevazione popolare per la salvezza della Francia. I lavoratori delle campagne, i contadini demoralizzati e istupiditi dall’educazione religiosa che fu loro impartita dal primo Napoleone ad oggi, hanno preso il partito dei Prussiani e della reazione contro la Francia. Si potevano guadagnare alla rivoluzione: in un opuscolo che molti di voi hanno letto, intitolato Lettere a un Francese, esposi i mezzi che conveniva usare per trascinarli nella Rivoluzione. Ma per farlo occorreva anzitutto che le città si sollevassero e si organizzassero rivoluzionariamente. Gli operai hanno provato, tentando anche in molte città del sud della Francia: a Lione, Marsiglia, Montpellier, Saint-Etienne, Tolosa. Ma dappertutto sono stati compressi e paralizzati dai borghesi radicali in nome della Repubblica. Sì, è nel nome stesso della Repubblica che i borghesi divenuti repubblicani per timore del popolo, è nel nome della Repubblica che Gambetta, il vecchio peccatore Jules Favre, Thiers, la volpe infame, e tutti i Picard, Ferry, Jules Simon, Pelletan e altri, è in nome della Repubblica che hanno assassinato la Repubblica e la Francia.
La borghesia è colpevole. È la classe più ricca e numerosa di Francia – eccettuato s’intende la massa popolare – avrebbe potuto salvare, se avesse voluto, la Francia. Ma per questo avrebbe dovuto sacrificare il suo denaro, la sua vita e appoggiarsi francamente sul proletariato come avevano fatto i suoi avi del 1793. Ebbene, ha voluto sacrificare il denaro meno della vita, e ha preferito che i Prussiani conquistassero la Francia, piuttosto che salvarla con la rivoluzione popolare.
La questione fra gli operai delle città e la borghesia è stata posta nettamente. Gli operai hanno detto: faremo saltare in aria le case piuttosto che abbandonare le città ai Prussiani. I borghesi hanno risposto: apriremo le porte delle città ai Prussiani piuttosto che permettervi di fare disordine pubblico, e vogliamo conservare le nostre preziose case a ogni costo, anche dovessimo baciare il culo ai S[ignori] Prussiani.
E notate che sono oggi gli stessi borghesi che osano insultare la Comune di Parigi, questa nobile Comune che salva l’onore della Francia e, speriamo nello stesso tempo, la libertà del mondo; sono gli stessi borghesi che l’insultano oggi, e in nome di cosa? – in nome del patriottismo!
Veramente, questi borghesi hanno la faccia di bronzo! Sono giunti a un tal grado d’infamia, da perdere fin l’ultimo sentimento di pudore. Ignorano la vergogna. Prima di essere morti sono già completamente marci.
E non è solo in Francia, compagni, che la borghesia è putrida; moralmente e intellettualmente annientata; lo è allo stesso modo in tutta Europa, e in tutti i paesi d’Europa [soltanto il proletariato] ha conservato il fuoco sacro: esso soltanto porta oggi lo stendardo dell’umanità.
Qual è il suo motto, la sua morale, il suo principio? La solidarietà. Tutti per uno e uno per tutti. È il motto e il principio della nostra grande Associazione internazionale, la quale, superando le frontiere degli Stati, e con ciò stesso, distruggendo gli Stati, tende a unire i lavoratori del mondo intero in una sola famiglia umana, sulla base del lavoro ugualmente obbligatorio per tutti, e in nome della libertà di ciascuno e di tutti. Questa solidarietà si chiama, in economia sociale, lavoro e proprietà collettiva, in politica si chiama distruzione degli Stati e libertà di ognuno per la libertà di tutti.
Sì, cari compagni operai, solidalmente coi vostri fratelli lavoratori del mondo intero, ereditate da soli la grande missione dell’emancipazione dell’umanità. Avete tuttavia un coerede, lavoratore anch’esso, sebbene in altre condizioni. È il contadino. Ma il contadino non ha ancora la coscienza della grande missione popolare. È stato avvelenato, è ancora avvelenato dai preti, e serve, contro se stesso, come strumento di reazione. Dovete istruirlo, dove salvarlo suo malgrado, trascinandolo spiegandogli che cos’è la Rivoluzione sociale.
Nel frattempo, e soprattutto agl’inizi, gli operai dell’industria non devono, non possono contare che su se stessi; ma saranno onnipotenti se lo vorranno. Soltanto devono volerlo seriamente, e per realizzare questa volontà non ci sono che due mezzi. Stabilire dapprima nei gruppi, poi fra tutti i gruppi, una vera solidarietà fraterna, non solo di parole, ma anche d’azione, non solo con le feste, i discorsi, i brindisi, ma anche nella vita quotidiana. Ogni membro dell’Internazionale deve poter sentire, deve essere praticamente convinto, che tutti gli altri membri sono suoi fratelli.
L’altro mezzo è l’organizzazione rivoluzionaria, l’organizzazione per l’azione. Se le sollevazioni popolari di Lione, Marsiglia e di altre città della Francia sono fallite, è per mancanza d’organizzazione, e ve ne posso parlare con cognizione di causa, perché ci sono stato e ne ho sofferto. E se la Comune di Parigi s’impone oggi così saldamente, è perché durante l’assedio gli operai si sono seriamente organizzati. Non è senza ragione che i giornali borghesi accusano l’Internazionale di aver prodotto questa magnifica sollevazione di Parigi. Sì, diciamolo con fierezza, sono i nostri fratelli internazionalisti che col loro lavoro perseverante hanno organizzato il popolo di Parigi e resa possibile la Comune di Parigi.
Siamo dunque buoni fratelli, compagni, e organizziamoci. Non credete di essere alla fine della Rivoluzione, siamo solo all’inizio. La Rivoluzione è ormai all’ordine del giorno per molte decine di anni. Essa verrà a trovarci, presto o tardi, prepariamoci dunque, purifichiamoci, diventiamo più reali, meno chiacchieroni, meno chiassosi, meno parolai, meno bevitori, meno buontemponi. Siamo più austeri e prepariamoci degnamente a questa lotta che deve salvare tutti i popoli ed emancipare finalmente l’umanità.
Viva la Rivoluzione sociale! Viva la Comune di Parigi!
Michail Bakunin