L’Artico e le sue risorse. Corsa all’oro in Canada e Groenlandia

Riflettere sull’Artico ci offre due possibilità: la prima è quella di far emergere una questione da troppi anni dimenticata, quasi accantonata dai dibattiti e dall’attenzione generale, ma che sta che diventando e diventerà sempre più vitale per gli interessi strategici delle potenze mondiali; la seconda è comprendere come le affermazioni di Trump sull’acquisizione della Groenlandia e di annessione del Canada, anche se apparentemente pittoresche e prive di senso, sono invece fasi di una partita molto concreta che in quella regione si sta giocando per il controllo degli equilibri globali.

L’Artico, per dimensione, è cinque volte il mar Mediterraneo; è la regione che si trova a nord del Circolo polare, ed ha il proprio centro nell’Oceano artico. Connette tre continenti, America, Asia ed Europa ed è circondato da una cintura di terre emerse che appartengono alla Russia (che occupa circa la metà della costa artica), all’Alaska (Stati Uniti), al Canada, alla Groenlandia, all’Islanda e alla Scandinavia. Ci vivono quattro milioni di persone, la maggior parte delle quali in Russia. L’Artico è una regione che apre a opportunità economiche senza precedenti: gli esperti di energia calcolano che nell’area del mar Artico giace il 13% delle risorse petrolifere ancora intatte nel pianeta, e il 30% del gas. Nell’Artico vi sono il 22% delle risorse energetiche mondiali, i 2/3 del gas importato in Europa proviene da qui. Questa area detiene il 15% delle terre rare. Al di là delle risorse naturali, l’Artico è fondamentale non perché contiene qualcosa, ma perché separa qualcosa: le vie d’acqua come ricchezza e fonte di potenza. Il trasporto delle merci, l’80% del loro volume ed il 70% del loro valore, avviene via mare. Il numero delle navi transitato nell’Artico tra il 2013 ed il 2019 è cresciuto del 25%, mentre la stima tra il 2040 ed il 2050 segna un incremento tra il 94 ed il 98%.

Ma è il cambiamento climatico che gioca un ruolo decisivo: infatti, con il progressivo fondersi dei ghiacci marini artici si aprono inediti scenari sulla regione, sia per quello che concerne l’ambiente, per le possibilità di sfruttamento, che, e soprattutto, per le nuove rotte marittime. Infatti, continuando così il riscaldamento globale, queste rotte saranno percorribili, senza l’intralcio dei ghiacci, prevedibilmente per il 2050. Il controllo delle rotte polari diviene così di interesse strategico. Attualmente sono tre: il passaggio a Nord-Ovest, la più praticabile, è una rotta navale che collega gli oceani Atlantico e Pacifico, passando attraverso l’arcipelago artico canadese all’interno del Mar Glaciale Artico. Il passaggio a Nord-Est è una rotta navale che, partendo dal Mare del Nord, prosegue nel Mar Glaciale Artico lungo la costa della Siberia e, attraverso lo stretto di Bering e il mare di Bering, raggiunge l’Oceano Pacifico. La Rotta Transpolare taglia il Polo Nord e raggiunge il Pacifico, attraversando l’Artico: via meno transitabile per la presenza maggiore di ghiacci. Tali vie, rispetto ai due corridoi internazionali oggi in uso, Canale di Suez e Canale di Panama, comportano un risparmio medio di 13 giorni di navigazione e minori costi per complessivi 2,5 mln di dollari per tratta.
Accanto al motivo economico, già di per sé rilevante, il controllo del territorio artico, specie Canada e Groenlandia, è da inquadrarsi nell’importanza strategica militare, essendo il punto geografico più ravvicinato tra Russia ed America. Nell’area la NATO, con il dissolvimento dell’Unione Sovietica, ha raddoppiato le attività militari dal 2015 al 2020, mentre la Russia ha consolidato sempre più la sua presenza, con l’81% degli armamenti nucleari. Con la presenza di sottomarini nucleari, di 90 navi e di trentacinque siti militari l’Artico è il punto di partenza di prima risposta in caso di attacco nucleare. L’interesse strategico è notevole, considerato che una parte considerevole del pil russo (15%), e l’80% del gas provengono da tale territorio. Il 22% dell’export russo dip06ende dall’Artico.

L’interesse canadese nell’Artico è rilevabile in quattro punti: quello dell’agibilità e del controllo della rotta marittima del nord ovest, della posizione strategica militare, ovvero la vicinanza geografica con la Russia e le sue installazioni nucleari artiche, le più tecnologicamente sviluppate dell’apparato nucleare russo, delle risorse minerarie e, per ultimo, del passaggio della fibra dei dati informatici North Fiber che congiunge il Giappone con il Nord Europa. Questo è il punto più ravvicinato per il transito via cavo da oriente ad occidente. L’obiettivo principale, per Ottawa, è quello di rendere il passaggio a nord ovest una rotta sempre più praticabile tra il Pacifico e l’Atlantico. Su tale rotta, nota sin dalle prime esplorazioni dell’Artide, è in corso una disputa territoriale tra Canada e Stati Uniti. Questi ultimi considerano il passaggio a nord ovest come acque internazionali, mentre il Canada le considera acque territoriali canadesi. La Via del Nord Ovest attualmente è un problema di costi, i ghiacci ne impediscono una piena agibilità, diviene pertanto indispensabile l’uso dei rompighiaccio. I canadesi ne posseggono 40, gli USA ne hanno solo 2, da qui il pressante interesse di Trump per il Canada, ovvero per le sue strutture artiche.

L’altro grande interesse USA per il Canada è quello militare. Il Canada e l’Alaska sono l’avamposto per la difesa territoriale attraverso il sistema NORAD (Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America). L’altro aspetto strategico è il progetto Far North Fiber, che diventerà il punto di passaggio di un nuovo cavo internet sottomarino, che collegherà la Scandinavia al Giappone, evitando strozzature come il canale di Suez ed il Mar Cinese Meridionale. Nei fondali sottomarini ci sono 400 cavi che attraversano i mari per 1,3 milioni di km, da cui dipendono le comunicazioni globali, le transazioni finanziarie, la cooperazione scientifica, le operazioni militari, il controllo dei satelliti e dei sistemi missilistici. Il Far North Fiber collegherà il Giappone con L’Europa per circa 16.000 km, contro gli attuali 26.000 km di collegamento attraverso la circumnavigazione dell’Africa. Un tragitto non solo più breve, ma che evita “punti sensibili” del globo come l’Oceano Indiano e le zone del Golfo, attualmente ad alto rischio geopolitico e di conflitto.

L’altro punto di attenzione della nuova amministrazione americana è la Groenlandia, territorio appartenente al Regno di Danimarca esteso circa 7 volte l’Italia, con una popolazione di 56.000 abitanti, quanti ne ha Savona. Nel 1979 la Groenlandia diventa autonoma dalla Danimarca. La vera ricchezza è rappresentata dalle terre rare, potenzialmente cruciali sullo scacchiere economico mondiale (e ce ne siamo accorti nella trattativa tra Usa e Ucraina). Le riserve stimate vanno dal settimo al secondo posto nella classifica mondiale. Il territorio è di assoluta importanza strategica per gli USA: controlla tre degli accessi al Mare Artico, quindi è fondamentale per il passaggio dei sottomarini; punto strategico di avvistamento radar alle spalle degli Usa per gli attacchi missilistici balistici, contende alla Russia il controllo delle acque del Nord; è il diaframma più stretto tra USA ed Eurasia.

In conclusione, stiamo assistendo anche in questa parte del pianeta ad una competizione globale per la spartizione delle risorse, con le inevitabili tensioni politiche e soprattutto militari. Ma il problema più immediato è un altro: il progressivo fondersi dei ghiacci artici apre inediti scenari sulla regione per lo sfruttamento di risorse rimaste inaccessibili all’umanità per millenni, accelerando un modello di produzione e di consumo che è nel contempo causa ed effetto della crisi climatica, e innestando una spirale senza fine. L’Artico, come altre situazioni, ci pone riflessioni ed occasioni per pensare, proporre ed organizzare modelli differenti di convivenza tra gli umani e tra il vivente.

Daniele Ratti

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