Sabato 26 ottobre, a Bologna, millecinquecento persone hanno dato vita a un corteo “per una svolta radicale nelle politiche ambientali in regione”.
La manifestazione, promossa da Comitato Besta, Comitato contro l’autonomia differenziata, Confederazione Cobas, Legambiente, Parents for future, Rete Emergenza Climatica e Ambientale, Un altro Appennino è possibile e Unione Sindacale Italiana (USI-CIT), ha visto l’adesione di numerosi comitati, sindacati e partiti della sinistra.
Presenti anche alcuni compagni del circolo Berneri di Bologna, impegnati nell’aiuto agli alluvionati.
«In tutto il Paese e in Emilia-Romagna – era scritto nell’appello dei promotori – veniamo da anni di politiche ambientali sbagliate e inefficaci per contrastare il cambiamento climatico, affermare nei fatti la vera e necessaria transizione ecologica, fermare il dissesto idrogeologico e il consumo di suolo, attuare politiche per tutelare e preservare i beni comuni.
I fenomeni alluvionali (…) indicano con chiarezza che siamo di fronte ad una crisi climatica, che è il prodotto, in primo luogo, di un modello produttivo e sociale che ha scelto la crescita economica quantitativa a discapito dell’ambiente e della salute delle popolazioni. (…)
La legislatura regionale che sta alle nostre spalle, e, in specifico, la giunta regionale che l’ha guidata, ha sostanzialmente aderito e promosso la logica di questo modello (…). D’altro canto le impostazioni negazioniste, portate avanti in primo luogo dalla destra, propongono sia scelte ambientali che di modello sociale ancora peggiori. (…)
A fronte di questa situazione, la scelta prioritaria, per noi, è naturalmente quella di costruire e rafforzare la mobilitazione sociale per affermare la prospettiva di un modello produttivo, sociale e ambientale alternativo a quello oggi dominante.
Per questo, chiediamo con forza a chi guiderà la prossima legislatura regionale i seguenti obiettivi prioritari:
– avviare l’uscita dall’economia del fossile, a partire dalla messa in discussione del rigassificatore di Ravenna, del CCS e del gasdotto, per realizzare più rapidamente possibile il passaggio al 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili (solare e eolico, privilegiando i piccoli impianti capillari in quanto meno impattanti). In questo senso vanno anche messe in discussione l’utilizzo delle biomasse a fini energetici e la proliferazione degli impianti di biogas/biometano, in particolare quando prodotte da una logica speculativa e di puro sfruttamento degli incentivi pubblici. Diventa necessario, inoltre, rimettere in primo piano il risparmio energetico.
– difesa, ripubblicizzazione ed estensione dei beni comuni, iniziando dall’acqua e dal ciclo dei rifiuti, per i quali vanno previsti la minimizzazione della loro produzione e, in particolare, di quelli non riciclati, uscendo al più presto dal ricorso all’incenerimento;
– moratoria su tutte le opere che prevedono ulteriore consumo di suolo, con particolare riferimento ai poli logistici, e, invece, avvio di un programma serio di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua e di riassetto idrogeologico. In questo quadro va inserito un intervento forte di tutela del verde, di rimboschimento e di blocco della distruzione di ogni area boschiva e va prevista una moratoria del taglio degli alberi indiscriminato in tutto il territorio regionale. Si tratta inoltre di rigenerare le scuole esistenti e valorizzare anche le aree ex militari a beneficio del verde pubblico. Ciò a maggior ragione dopo la devastante alluvione del maggio 2023, che deve portare a superare una vecchia concezione di “messa in sicurezza” del territorio fondata puramente su interventi di ingegneria idraulica.
– cancellazione della legge regionale 24/2017 in tema di consumo di suolo e suo radicale ripensamento sulla base della legge di iniziativa popolare regionale promossa da RECA e Legambiente Emilia-Romagna;
– moratoria e ridiscussione delle grandi opere stradali (Passanti di Bologna, bretella Sassuolo-Campogalliano, Cispadana, Tirreno-Brennero e altre ancora), in connessione con il forte rilancio del trasporto collettivo e della mobilità ciclabile e pedonale;
– stop definitivo a nuovi impianti a fune volti a sostenere lo sci da discesa (nuova seggiovia Polla-Lago Scaffaiolo e collegamento col versante toscano) e a nuove piste da sci;
– ridiscussione degli assetti aeroportuali e della gestione del traffico ad essi connesso, accrescendo il ruolo di intervento delle comunità locali;
– stop definitivo all’espansione degli allevamenti intensivi e avvio di un programma per la loro riduzione, in un quadro di promozione di un sistema agroindustriale basato sulla prossimità e la valorizzazione della naturalità e, più in generale, sul sostegno delle produzioni alimentari realmente biologiche a chilometro zero o quasi;
– approvazione delle proposte di legge regionale di iniziativa popolare promosse da RECA e Legambiente Emilia-Romagna e dei loro contenuti in tema di energia, acqua, rifiuti e consumo di suolo, anche per dare valore agli strumenti di democrazia diretta e partecipativa».
Tanti, come si può constatare, gli obiettivi, anche se coerenti nel loro insieme. Tante, e diverse nei metodi utilizzati per tentare di raggiungerli, le organizzazioni che hanno aderito alla manifestazione.
Potevamo essere più numerosi, se l’allerta meteo non avesse scoraggiato la partecipazione di chi risiede nelle aree della regione più distanti da Bologna: è infatti da segnalare che, nel giorno della manifestazione, le scuole erano state chiuse e molte manifestazioni (inclusa l’attesa partita di calcio Bologna-Milan) erano state rinviate.
Una nota decisamente positiva è invece costituita dal rapporto di collaborazione che si è creato tra le organizzazioni promotrici che, nonostante la loro evidente diversità, hanno preparato l’evento in un clima di reciproca fiducia e reciproco rispetto che, in occasioni come questa, è difficile riscontrare.
Sospetto che a tale clima abbia contribuito la comune partecipazione all’impegnativa vertenza in difesa del parco don Bosco adiacente alle scuole Besta.
Luciano Nicolini