Al momento in cui scrivo le condizioni di Alfredo Cospito sono state valutate tali da trasferirlo dal carcere di Opera all’ospedale San Paolo di Milano. Le notizie non permettono di aggiungere altro fuorché l’ordine è arrivato direttamente dal Ministro della Giustizia. L’avvocato Franco Rossi Albertini, legale di Alfredo Cospito, avrebbe saputo solo dalla stampa del trasferimento in ospedale del suo assistito. Oltre a questo, fonte La Repubblica, sembra che il sostituto procuratore generale della Cassazione – Pietro Gaeta – abbia chiesto di annullare il 41 bis per il detenuto. Infine, nella serata di sabato, il Vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture, a commento degli scontri avvenuti durante il corteo di 400 (dicasi quattrocento) anarchici a Milano, ha invocato la chiusura di “covi e siti” di questi delinquenti (fonte Ansa). Va da sé che chiunque voglia approfondire maggiormente la conoscenza dei fatti, navigando anche semplicemente per i siti di informazione pubblica, può rendersi conto del quadro della situazione e dare una valutazione politica sia dei fatti specifici relativi a Milano, sia della situazione di Alfredo Cospito, ma più in generale – ed è questo il punto centrale – del portato sociale e politico, abilmente rappresentato dai media, in quasi la loro totalità, dell’attualità del momento.
In poche parole i fatti del Bel Paese suggeriscono che: «Basta la salute ed un bel paio di “scuse” nuove e puoi “governare” il mondo». Si, perché quanto sta accadendo attorno alla protesta di Alfredo Cospito e più in generale in relazione alle varie questioni politiche di questi mesi, mostra che per l’attuale esecutivo di destra, ma anche se fosse di sinistra, cambierebbe poco, lo slogan della campagna elettorale – Pronti – era relativo al fatto che gli eredi dell’Italia maschia e tutta d’un pezzo, sono realmente pronti, ma a dire tutto e il contrario di tutto pur di giustificare scelte fatte, o non fatte, fallimenti, attendismi, decisioni impopolari e vigliacche. Ed ecco profilarsi le solite figure storiche con cui prendersela: i sobillatori e gli speculatori, gli anarchici – pericolosissimi – e gli invasori. L’Europa è l’eterna scusante per tutto, la Francia poi si tira fuori ad ogni occasione possibile, cercando certo di non sbilanciarsi troppo in quanto l’Europa è anche l’Italia e quindi non proprio esente da colpe e responsabilità. Alla fine l’importante è avere il nemico con cui prendersela, verso cui fomentare odio e su cui scaricare colpe e responsabilità. Anche in maniera rabberciata, tanto la politica degli annunci dura il tempo di un click su facebook, e poi è tutto dimenticato fino al mattino successivo quando una nuova scusante, un nuovo pretesto, potrà essere tirata fuori.
“La colpa della crisi economica e del rincaro dei prezzi è di coloro che hanno governato prima!”. Certo, ma prima quanto? E se anche fosse, in base a cosa questa coalizione al potere in campagna elettorale si diceva pronta a governare? Probabilmente in relazione ai soliti imperativi: raccattare soldi per i potenti a danno dei più deboli. Agitare malcontento e frustrazione nella miseria quotidiana delle classi lavoratrici e degli sfruttati per fomentare la perenne guerra fra poveri che fa dimenticare come in ogni poltrona dell’esecutivo e del legislativo risieda la responsabilità – certo in diversa misura – delle pessime condizioni di vita e di lavoro della totalità delle persone di questo paese.
Scuse e pretesti. Dalle informazioni disponibili è difficile dire se il trasferimento di Alfredo Cospito in ospedale è legato ad un TSO, come evocato dal Ministro della Giustizia, oppure no. A detta di molti sarebbe un fatto gravissimo, sia sul piano giuridico sia su quello politico. Nulla di nuovo sotto il sole, ma decisamente molto, molto inquietante e pericoloso, in particolare in un paese in cui i momenti di crisi politica ed istituzionale sono stati sempre sottolineati dai richiami violenti all’ordine costituito. Quella attuale, in realtà, sembra più una strategia della distrazione, piuttosto che della tensione vera e propria, di stragista memoria. E speriamo che rimanga tale.
Per il momento restano le parole, le risposte, le frasi dette e i pretesti addotti da chi ha potere e da chi veicola, a livello mediatico, potere. Alla fine si è di fronte al solito capro espiatorio: oggi gli anarchici, ieri i clandestini. I musulmani si vendono sempre bene, anche in maniera democratica e liberale, in particolare legati a vicende criminali come l’omicidio di una donna che voleva essere libera, come l’assassinio di Saman Abbas testimonia. E poi come non ricordare l’abbattimento della casa occupata dai Rom, ad opera di una sindaca leghista, in Piemonte, poco dopo l’insediamento del governo giallo-verde nel 2018? E i porti chiusi di allora? E i porti “spostati” di oggi, che allungano il disagio dei naufraghi mandandoli per centinaia e centinaia di chilometri a sbarcare lontano dai luoghi più vicini alla costa africana? Alla fine i tanti problemi di questa società, reali, drammatici, prodotti della cattiveria economica, politica e culturale, vengono presentati con narrazioni fantasmatiche, prive di argomentazioni razionali, logiche, e soprattutto umane. Altro che governare, gli obiettivi sono quelli di favorire i potenti di sempre, dividere l’opinione pubblica in tifoserie e cercare di raccattare voti in tutte le maniere possibili. Sono decenni che i media veicolano non-argomentazioni sbandierate unicamente per riscrivere la storia, per creare – ancora – confusione, per mettere sullo stesso piano vittime e carnefici.
L’operazione finita male – forse – dei ragazzi di Salò sdoganati, alle porte della fine della Prima Repubblica, ha visto un crescendo di strutturazione di linguaggi dove un tavolino di un bar ribaltato diventa la prova per essere accusati di devastazione e saccheggio. Una scritta o una vetrina rotta, si trasformano in atti di terrorismo. Dove il ritornello è sempre lo stesso: “Si però le Foibe… e allora i Marò?” E così via. La vittoria militare, dei signori del Palazzo, al G8 di Genova 2001, ha dato il via libera ad una riscrittura del fare politica che da allora non ha trovato ostacoli. A Genova, in sostanza, l’obiettivo, nella varietà dei movimenti presenti, era uno solo: affermare il bisogno urgente di risposte alle tante istanze di riscatto sociale che la fine dei grandi partiti di massa e la concertazione assoluta dei sindacati confederali sembravano aver precipitato nell’oblio. La risposta fu chiara, nella mattanza di quei tre giorni: non c’è alcun terreno di trattativa, botte da orbi per chi si illude di difendere i diritti e per chi ne chiede di nuovi, criminalizzazione a piene mani per chi non capisce la lezione. Da quel momento in poi la regressione sul piano dei diritti, delle garanzie, delle sicurezze, ha subito un’accelerazione importante. Accresciuta poi dall’azione di partiti azienda o da bancone del supermercato elettorale, funzionali alle classi dirigenti e buoni solo a caricarsi di slogan da promozione commerciale. La caccia ai black bloc di allora è continuata sotto altre forme, mobilitata volta per volta a seconda della gravità economica e sociale presente, e cambiando capri espiatori a seconda della bisogna.
Insomma a questa classe al potere piace vincere facile. Una classe dirigente, politica ed industriale, affaristica e auto-rappresentativa, pataccara ed arrogante, molto, molto cattiva e pericolosa. Una casta brava ad arricchirsi sulle miserie altrui, tagliando salari e aumentando orari, cancellando sicurezze e rubando lavoro. Se non si hanno argomenti sufficienti si accostano gli anarchici ai mafiosi, distorcendo la contingenza della lotta al 41 bis, tacendo sul sadismo di stato erogato a piene mani. Ma soprattutto alterando la realtà dei fatti e della storia in quanto con la mafia chi ha fatto trattative, chi ha garantito appalti e protezioni e chi, soprattutto dalle sedi della politica e istituzionale, ha intessuto proficue relazioni non sono certo gli anarchici.
Pretesti, balle e politica degli annunci, l’Italia degli otto milioni di baionette è in piena attività. Auguriamoci che anche quella della dignità e della solidarietà di classe riesca a farsi di nuovo soggettività sociale, nei cantieri e in mezzo al mare, dietro le sbarre e negli stage gratuiti, nel lavoro nero e nella salute negata. Altrimenti si potranno solo rimpiangere le brioche promesse da Maria Antonietta.
Giordano Cotichelli