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In difesa degli anarchici

In difesa degli anarchici

Nota storica sulla lettera del 23.12.1920

La lettera qui riprodotta, una delle ultime che il vecchio Kropotkin scrisse, si inquadra nella fase finale della vita del militante e teorico anarchico. Anche in questo scritto egli coglie la possibilità che gli dava la notorietà internazionale, nonché il prestigio di coerente rivoluzionario e stimato scienziato, per rivolgersi in diverse occasioni, direttamente o indirettamente, a Lenin. Nel congedarsi da questo interlocutore potente talvolta usa la formula “Con cameratismo ed affetto”. D’altronde, aveva avuto tre intensi colloqui personali con lui da quando Piotr era tornato nella sua terra russa nel 1917.

Kropotkin sperava nella rivoluzione in corso, che apprezzava come sforzo gigantesco per uscire dall’oppressione zarista e per inaugurare una nuova era di eguaglianza, malgrado la guerra civile, e si impegnò a difenderla denunciando le aggressioni straniere. Non mancava comunque di mettere in guardia dall’accentramento del potere a Mosca e nell’apparato di partito e si batteva per il riconoscimento delle esperienze cooperative rurali nelle campagne.

Lo scopo della missiva del 23 dicembre 1920 era di solidarizzare con il dr. Alexander Atabekjan, un esponente del (purtroppo poco noto) movimento libertario armeno. Questo militante aveva operato, già da giovane tipografo dedito alla stampa ed alla diffusione del giornale “La Comune”. Anche lui era giunto a Mosca nel 1917, attirato dalle potenzialità libertarie del contesto sociale e politico in profonda trasformazione (altre notizie interessanti si possono trovare nel libro, appena uscito, di Jordi Maíz, Né Zar, Né Sultani, a cura delle edizioni Zero in Condotta e nella voce biografica del sito Anarcopedia, assai utile anche in questo caso).

Quando si parla, verso la fine del testo del 23 dicembre, di “ostaggi” si fa riferimento a quanto esplicitato in una lettera precedente di un paio di giorni. Si tratta di persone ostili al bolscevismo (socialdemocratici, guardie bianche, ufficiali del generale zarista Vrangel): servono come minaccia nel caso che i nemici volessero fucilare dei prigionieri ex combattenti rossi.

Il vecchio anarchico ritiene che i rivoluzionari russi, in quanto “apostoli di una nuova vita”, non dovrebbero ricorrere agli stessi metodi dei loro nemici reazionari. (Il testo di due lettere, questa del 21 dicembre 1920 ed una del 4 marzo 1920, si possono leggere sul sito “Storia politica italiana e internazionale”).

Claudio Venza

Dmitrov (provincia di Mosca)

23 dicembre 1920

Rispettabilissimo Vladimir Dmitrievič,[1]

Vi ringrazio tanto per il messaggio sul dottor Atabekjan. La Commissione Straordinaria mi ha anche informato che egli è stato da essa condannato. E

poi non ho capito come sia stato “condannato” quando non si è riunito un tribunale.

Ora nuovamente da voi con una richiesta. Leggete, per favore, la lettera allegata per V.I. Lenin e trasmettetela. Egli riceve, probabilmente, un tale mucchio di lettere, che anche una centesima parte di esse difficilmente può raggiungerlo. Nel frattempo, la dichiarazione degli ostaggi, per non parlare della sua efferatezza nell’attuale periodo, farà inoltre la peggiore impressione su coloro che si adoperano per stabilire in Europa Occidentale un migliore atteggiamento nei confronti della Russia.

P. Kropotkin.

Testo originale in Звезда [Zvezda], 1930, № 6, p. 193.

NOTE

[1] Vladimir Dmitrievič Bonč-Bruevič (1873-1955) – attivista di partito e di stato, etnografo, dottore in scienze storiche. Segretario personale di Vladimir Il’ič Ul’janov (alias Lenin). Autore di memorie su P.A. Kropotkin. [N.d.T.]

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