La guerra del governo turco contro i rivoluzionari‭

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Lo Stato,‭ ‬il Governo,‭ ‬si reggono sulla violenza.‭ ‬Quello che sta succedendo in Turchia non fa che dimostrarlo.‭ ‬La strage del‭ ‬20‭ ‬luglio scorso al centro culturale Amara di Suruç,‭ ‬quando furono uccise in un attentato‭ ‬35‭ ‬persone,‭ ‬tra cui cinque giovani anarchici,‭ ‬che partecipavano ad una conferenza stampa della Federazione delle Associazioni dei Giovani Socialisti,‭ ‬ha costituito un punto di svolta nella strategia repressiva del governo turco.‭ ‬La strage già dai giorni successivi aprì la strada ad una più stretta militarizzazione delle aree di confine con la Siria,‭ ‬con la creazione di una zona cuscinetto frutto degli accordi tra USA e Turchia,‭ ‬ma soprattutto è servita al governo di‭ ‬Davutoğlu‭ (‬Primo ministro turco,‭ ‬del partito islamista-conservatore AKP‭) ‬a lanciare una nuova strategia‭ “‬antiterrorismo‭”‬.‭ ‬I raid compiuti dall’aviazione turca a partire dal‭ ‬24‭ ‬luglio hanno reso chiaro anche ai meno informati contro chi fosse rivolta questa nuova strategia.‭ ‬Infatti anche se negli attacchi aerei venivano colpite anche alcune postazioni dello Stato Islamico in Siria,‭ ‬i bombardamenti erano principalmente rivolti contro le postazioni del PKK‭ (‬Partito dei Lavoratori del Kurdistan‭) ‬in Iraq e anche in Turchia.‭ ‬Questa lettura è confermata dalla brutale repressione interna:‭ ‬il‭ ‬24‭ ‬luglio con una operazione di polizia che ha coinvolto circa‭ ‬3000‭ ‬agenti sono state arrestate oltre‭ ‬250‭ ‬persone,‭ ‬la maggior parte delle quali accusate di essere membri del PKK o di altre formazioni armate.‭ ‬Nei giorni successivi sono continuati gli arresti,‭ ‬mentre le manifestazioni di protesta venivano sciolte con la forza,‭ ‬e lo stato turco ha risposto con sempre maggiore violenza agli attacchi dei gruppi armati contro la polizia e l’esercito.‭ ‬Nel mese di agosto per impedire ulteriori arresti,‭ ‬in alcuni centri delle zone curde della Turchia i gruppi armati legati al movimento curdo o alla sinistra rivoluzionaria turca hanno preso il controllo assieme alla popolazione di alcuni quartieri,‭ ‬sbarrando la strada con le barricate ai mezzi della polizia e dei militari.‭ ‬In alcune di queste città le zone controllate con le armi dalla popolazione e dai gruppi militanti hanno dichiarato l’autogoverno‭; ‬è accaduto a Silopi,‭ ‬Cizre,‭ ‬Lice,‭ ‬Silvan,‭ ‬Varto,‭ ‬Bulanik,‭ ‬Yusekova,‭ ‬Semdinli,‭ ‬Edremit,‭ ‬e in alcuni quartieri di Van,‭ ‬Diyarbakir e Batman.‭ ‬Lo stesso è avvenuto nella città di Istanbul dove,‭ ‬dopo un mese di scontri ininterrotti,‭ ‬il quartiere di Gezi ha dichiarato l’autogoverno.‭ ‬La reazione del governo turco è stata ancora una volta il terrore:‭ ‬attraverso l’esercito ha scatenato una vera e propria guerra per soffocare queste rivolte.

Dal momento che le operazioni militari del governo turco stanno continuando non staremo a fare una cronaca di fatti che sarebbero presto superati dal corso degli eventi,‭ ‬si faranno però alcuni riferimenti per capire perché si parla di guerra riferendosi alla attuale strategia repressiva del governo turco.‭ ‬Dallo scorso luglio ad oggi lo stato turco è tornato,‭ ‬come negli anni‭ ‘‬90,‭ ‬a bruciare villaggi e ampie aree di foreste e coltivazioni,‭ ‬è stato imposto il coprifuoco in molte città a maggioranza curda,‭ ‬nelle quali peraltro arresti e perquisizioni sono quotidiane e,‭ ‬oltre ai soprusi e alle angherie verso la popolazione civile da parte delle forze che pattugliano le strade,‭ ‬ci sono stati casi di torture,‭ ‬sparizioni,‭ ‬assassinii e brutalità nei confronti di militanti o sospetti tali.‭ ‬I quartieri e le città che avevano dichiarato l’autogoverno o in cui comunque la popolazione aveva organizzato forme di resistenza al coprifuoco alle coercizioni del governo,‭ ‬sono stati attaccati con armi da guerra,‭ ‬con l’uso di carri armati,‭ ‬cecchini,‭ ‬elicotteri e in alcuni casi con il bombardamento.‭ ‬Ci sono state inoltre rappresaglie,‭ ‬con intere famiglie massacrate.‭ ‬La città di Cizre,‭ ‬che conta‭ ‬120mila abitanti è da‭ ‬9‭ ‬giorni sotto l’assedio della polizia e dei militari turchi che sparano a vista a chiunque sia nelle strade e bloccano i rifornimenti e il passaggio delle ambulanze.‭ ‬Nelle ultime settimane i fascisti turchi legati al MHP‭ (‬Partito del Movimento Nazionalista‭) ‬hanno iniziato un attacco sistematico non solo contro le sedi dei partiti curdi in tutta la Turchia e contro le manifestazioni dei curdi,‭ ‬ma anche con agguati nelle strade contro singoli militanti o semplici passanti colpevoli solo di essere curdi.

Come è evidente non si tratta di una semplice operazione di polizia.‭ ‬Non siamo di fronte ad una reazione agli attacchi del PKK contro la polizia turca avvenuti nei giorni immediatamente successivi alla strage di Amara.‭ ‬Si tratta di una strategia pianificata che ha il suo punto cardine proprio in quella strage,‭ ‬nella quale la responsabilità dello stato turco è chiara.‭ ‬Una strategia volta a colpire le forze rivoluzionarie turche e il movimento curdo,‭ ‬incarcerando centinaia e centinaia di militanti,‭ ‬limitando fortemente se non cancellando del tutto l’agibilità politica dell’enorme movimento di solidarietà che si è sviluppato nell’ultimo anno,‭ ‬facendo capire alla gente che scendere in piazza contro il governo significa affrontare le bocche dei fucili.‭ ‬Questa strategia del terrore e della guerra serve anche all’AKP per tentare di fare il pieno di voti alle prossime elezioni.‭ ‬Infatti in questo modo si mira a creare nell’elettorato conservatore il bisogno di un governo forte e dall’altra a stroncare l’opposizione dell’HDP.

Ma se in gioco ci fosse solo il potere dell’AKP e della cricca del Presidente della Repubblica Erdoğan non si sarebbe arrivati fino a questo punto.‭ ‬Perché non siamo più negli anni‭ ‘‬80:‭ ‬anche se gli apparati dello Stato in Turchia ancora sanno come creare le condizioni per un colpo di stato e come imporre la legge del terrore,‭ ‬oggi non vi è più la situazione internazionale imposta dalla guerra fredda.‭ ‬Inoltre oggi i carri armati nelle strade si trovano di fronte la popolazione e soprattutto i giovani.‭ ‬Perché non siamo più negli anni‭ ‘‬90:‭ ‬non si tratta,‭ ‬come allora,‭ ‬di una guerra di turchi contro curdi giunta all’apice dopo venti anni di guerriglia.‭ ‬In questi anni da una parte il movimento curdo si è legato in modo progressivo alla sinistra rivoluzionaria turca e ha abbandonato la linea della guerra di liberazione nazionale,‭ ‬dall’altra è aumentato il numero dei disertori e l’esercito ha perso molto potere e consenso.‭ ‬La strategia dello stato turco per la repressione interna risponde quindi ad un contesto molto più complesso.

La Turchia attraversa da oltre due anni una forte tensione sociale.‭ ‬La rivolta di massa del giugno‭ ‬2013‭ ‬nata da Gezi Park,‭ ‬le proteste seguite alla strage di lavoratori nella miniera di Soma nel gennaio‭ ‬2014,‭ ‬l’ampia solidarietà con la Rojava e con la lotta per la libertà del popolo curdo culminata nell’insurrezione dell’ottobre‭ ‬2014,‭ ‬gli scioperi operai del maggio-giugno‭ ‬2015.‭ ‬Questi elementi non costituiscono un movimento rivoluzionario,‭ ‬ma hanno fortemente messo in discussione il potere dell’AKP e costituiscono un potenziale pericolo per l’intero ordine politico e sociale fondato sullo sfruttamento e l’oppressione grazie al quale fanno profitti sia la vecchia borghesia kemalista sia le nuove‭ “‬tigri dell’Anatolia‭”‬,‭ ‬che assicura i privilegi e il potere della polizia e dell’esercito.‭ ‬In questo contesto di proteste e movimenti di massa hanno avuto un certo ruolo i gruppi anarchici e la sinistra rivoluzionaria turca,‭ ‬e sono riuscite a conquistare una sempre maggiore agibilità politica le varie componenti del movimento curdo.‭ ‬Altra preoccupazione per la classe dirigente turca è la Rojava,‭ ‬il Kurdistan Occidentale in territorio siriano.‭ ‬Il fatto che al di là dal confine turco esista una regione che da due anni è gestita attraverso forme di autogoverno e controllata dalle milizie di autodifesa popolare del PYD‭ (‬Partito dell’Unità Democratica,‭ ‬il partito curdo in Siria legato al PKK‭)‬,‭ ‬in cui sono presenti anche forze che puntano alla rivoluzione sociale,‭ ‬costituisce un simbolo di libertà troppo pericoloso.‭

Ma le potenzialità rivoluzionarie dei processi in atto nella regione compresa tra la Siria e la Turchia costituiscono un rischio anche per gli equilibri internazionali.‭ ‬Infatti è chiaro che l’AKP può permettersi impunemente‭ (‬per ora‭) ‬di scatenare la guerra contro l’opposizione interna solo perché devono essere garantiti anche gli interessi degli‭ “‬alleati‭”‬.
Nei giorni in cui l’aviazione turca iniziava i bombardamenti delle postazioni dello Stato Islamico e del PKK lo stesso Presidente della Repubblica Erdoğan confermava di aver concesso agli Stati Uniti l’utilizzo della base aerea turca di Incirlik‭; ‬inoltre il‭ ‬28‭ ‬luglio,‭ ‬quattro giorni dopo l’inizio dei raid,‭ ‬il Segretario generale della NATO Stoltenberg ha dichiarato che l’Alleanza‭ “‬supporta la lotta della Turchia contro il terrorismo‭”‬.

La strategia della Turchia mira quindi principalmente a colpire la componente rivoluzionaria per minarne la forza e l’influenza e ad isolarla terrorizzando la popolazione,‭ ‬blandendo le componenti più moderate e opportuniste.
Di fronte a questa situazione la solidarietà internazionalista è fondamentale.‭ ‬Come anarchici‭ ‬dobbiamo continuare a sostenere quei compagni che,‭ ‬come il gruppo anarchico DAF,‭ ‬lottano in una prospettiva di rivoluzione sociale sapendo che non saranno nuove elezioni o incarichi di governo ad assicurare maggiori libertà,‭ ‬che non saranno certo gli Stati Uniti,‭ ‬l’Unione Europea o altre potenze mondiali e regionali a difendere le esperienze di autogoverno.‭

Dario Antonelli

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