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Siamo nella Stanza 101?

Siamo nella Stanza 101?

Per controllare un popolo c’è bisogno di conoscere la sua paura ed è palese che la prima paura di ogni individuo è quella di essere in pericolo mortale, una volta che l’essere umano è reso schiavo della sua paura è facile fargli credere che papà Stato sarà lì pronto ad aiutarlo anzi a salvarlo. La tortura posta in essere nella stanza 101 rientra nell’ultima fase (“Accettazione”) del sistema di lavaggio del cervello perpetrato dal Ministero dell’Amore.” (ORWELL, George, 1984)

La Paura che hanno i dominati è sicuramente il fondamento del dominio su di loro da parte dei dominati. Ora noi da molte settimane viviamo nel terrificante mondo del COVID-19 (la malattia causata dal Sars-CoV-2, per gli amici coronavirus): l’ultima puntata, al momento in cui scriviamo queste righe, è il decreto governativo DPCM del 4.3.2020. Per evitare o, meglio rallentare, il diffondersi della malattia il governo ha preso misure draconiane: in tutta Italia

sono sospesi fino al 15 marzo 2020 i congressi, le riunioni, i meeting e gli eventi sociali (…) è altresì differita a data successiva al termine di efficacia del presente decreto ogni altra attività convegnistica o congressuale (…) le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro (…) gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (…) Lo sport di base e le attività motorie in genere, svolte all’aperto ovvero all’interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della raccomandazione di cui all’allegato 1, lettera d); (…) i servizi educativi per l’infanzia (…) le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività’ scolastiche e di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, di corsi professionali, master e università per anziani (…) i viaggi d’istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (…)” e molte altre restrizioni.

Oltre a ciò, sintetizzando, il decreto conferma determinate restrizioni di ordine sanitario nell’accesso alle strutture sanitarie, determinate disposizioni minori su scuole ed università e l’autorizzazione/deciso consiglio ai datori di lavoro di utilizzare “la modalità di lavoro agile” (telelavoro e simili).[1] Oltre a ciò, il governo ha deciso successivamente di aumentare queste restrizioni in una intera regione, la Lombardia, ed in quattordici province del Nord Italia: questo fino a domenica otto marzo, in cui scrivo queste righe.[2]

Di fronte ad una malattia infettiva estremamente grave e dall’alta morbilità e/o mortalità, contro la quale non esistono cure se non al massimo sintomatiche, le misure di isolamento di popolazioni e singoli individui sono probabilmente necessarie se si vuole ridurre il più possibile l’impatto mortifero della malattia stessa. Qual è il problema, allora? Non è giusto rinunciare per un tempo limitato a determinate libertà civili, come lo sciopero, le manifestazioni, i convegni, le riunioni o determinate abitudini culturali, come gli spettacoli, l’attività sportiva, le feste private, le cerimonie religiose o laiche d’ogni genere per abbattere il più possibile il numero di morti extra che si verificherebbe senza questi sacrifici collettivi?

Le cose però, osservandole con più attenzione, non sono così semplici. Innanzitutto, anche se di solito non ci pensiamo, noi conviviamo con tutta una serie di malattie infettive decisamente più pericolose e mortali del COVID-19 con il suo tasso di letalità del 2/3%: pensiamo soltanto – oltre alla polmonite che ho già citato in un articolo precedente[3] con i suoi circa quattro milioni di morti all’anno ed un tasso di letalità notevole nel caso di resistenza agli antibiotici[4] – ad una malattia come l’Ebola, con una letalità che può arrivare al 90%.[5] L’attuale COVID-19 sembra possedere una letalità molto superiore rispetto alla classica influenza stagionale ma anche i numeri di questa non scherzano affatto: solo per l’Italia, una media di 460 morti l’anno per i morti dove non si riscontrano in apparenza altre patologie concomitanti, circa 8.000 in media se si aggiungono le morti dove sono evidenti patologie pregresse dell’apparato respiratorio – a livello mondiale si parla di centinaia di migliaia di morti.[6] Se non bastasse, ci sono forti indizi, provenienti da fonti autorevolissime, che tale letalità dell’influenza sia fortemente sottostimata.[7] Inoltre, il numero di morti di cui si parla qui è calcolato sulla media degli ultimi anni: se volessimo andare indietro nel passato, nemmeno tanto remoto, e mettere nel conto la spagnola di inizio secolo (stime che vanno dai cinquanta ai cento milioni di morti), le “asiatiche” del 1957 e del 1968 (oltre un milione di morti ciascuna) ed altre influenze dalla letalità minore ma comunque un bel po’ superiore alla media, ci vorrebbe poco a far apparire inquietante l’influenza stagionale che, detto per inciso, anch’essa si rinnova ogni anno prendendo di sorpresa l’apparato immunitario.

Il calcolo della letalità, poi, giustamente è stato fatto in base al numero di persone che si sono fatte controllare, in pratica che si sono presentate ai presidi sanitari, generalmente con sintomi gravi. Il problema però potrebbe essere che la stessa paura che circonda questo virus potrebbe falsare molto le statistiche e farlo apparire molto più letale di quanto sia in realtà – una sorta di profezia che si autodetermina. Innanzitutto, molte persone potrebbero averlo percepito come una sorta di peste bubbonica dai sintomi molto diversi dall’influenza stagionale e, di conseguenza, di fronte a sintomi parainfluenzali, non aver proprio pensato a farsi controllare. Poi – e forse soprattutto – di fronte al rischio di una lunga quarantena moltissime persone hanno dovuto soppesare i rischi economici di una tale situazione – che possono arrivare anche al licenziamento od al fallimento – ed in mancanza di sintomi eccessivamente gravi hanno evitato accuratamente di farsi controllare. Quante siano queste persone è difficile dirlo: il mio sospetto è però che non siano affatto poche, in Italia come altrove, grazie anche al fenomeno di generale e crescente impoverimento degli ultimi decenni.

Nell’articolo scorso[3] analizzavo le possibili ragioni – legate in gran parte alle dinamiche della comunicazione nell’età della rete che ha amplificato le potenzialità di gruppi politici ed economici nonché governi di diffondere su larga scala notizie false e di renderle credibili – di una sorta di “tempesta perfetta” della comunicazione che ha amplificato la percezione della pericolosità del COVID-19 relativamente a tante altre malattie circolanti. Ora il problema è proprio questo: la malattia con cui oggi stiamo facendo i conti è certo pericolosa ma le dinamiche messe in atto dal governo potrebbero esserlo ancora di più. Della serie, insomma: se si riesce ad infondere nella gente una tale paura nei confronti di una malattia come il COVID-19 al punto da ritenere un prezzo accettabile in cambio della sicurezza le enormi restrizioni alle libertà civili ed individuali di cui sopra, data l’enormità di malattie da cui siamo circondati, la scenetta da parte dei governi è replicabile facilmente in ogni occasione.

Negli anni e decenni passati occorrevano attentati clamorosi per impaurire le masse e fargli accettare legislazioni liberticide: adesso la malattia è apparsa come un meccanismo molto più efficace. Di là delle motivazioni attuali dei governi, che magari derivano dal fatto che gli stessi governanti potrebbero essere stati contagiati dal vero e proprio stato di panico che accompagna la diffusione di questo morbo, indubbiamente nel futuro la tentazione di utilizzare una qualunque delle tante malattie che ci circondano per far fuori una situazione di conflittualità sociale, atomizzando le persone, impedendo i contatti e lasciando le forze governative da sole sul campo, sarebbe molto forte. Chi si opponesse a tutto ciò verrebbe bollato con una versione moderna 2.0 dell’antico marchio dell’untore ed il basso numero di morti verrebbe giustificato facilmente con le stesse misure liberticide che, si dirà, “hanno funzionato” ed avrebbero ancora di più giustificazione nell’essere ripetute alla prossima occasione.

Che fare allora? La situazione non è facile: la paura della morte per malattia, grazie anche ad una cultura popolare infarcita di film e serie televisive sci-fi e soprattutto horror dove il virus mutante distrugge l’umanità, sarà un potente fattore di disciplinamento dei corpi e delle menti. Si delinea una situazione complessa, della quale abbiamo una sola certezza: le soluzioni non saranno facili.

Enrico Voccia

SITOGRAFIA

[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/04/20A01475/sg

[2] http://1.citynews-firenzetoday.stgy.ovh/~media/4862926611576/dpcm_20200308-2.pdf

[3] VOCCIA, Enrico, “Un’Influenza Bestiale”, in Umanità Nova, n. 4, anno 100, p. 2.

[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Polmonite

[5] https://www.epicentro.iss.it/ebola/

[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Influenza | https://www.epicentro.iss.it/influenza/epidemiologia-mondo

[7] https://corrieredellumbria.corr.it/news/attualita/1502004/coronavirus-fa-paura-ma-ogni-anno-influenza-stagionale-causa-8-mila-morti-contagio-istituto-nazionale-sanita-malati-malattia-contagi-contagiati.html

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