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No a memoria condivisa e pacificazione.

No a memoria condivisa e pacificazione.

I fascisti italiani dopo la liberazione hanno avuto un continuum di agibilità, copertura e impunità pressoché totali.

Dall’amnistia Togliatti che ha permesso il riscatto di migliaia di gerarchi, squadristi e criminali di guerra attraverso la riappropriazione di ruoli di potere sia aziendali che statali (prefetture, questure, esercito, magistratura ecc.), ai rapporti d’infiltrazione, supporto e protezione garantiti da ministeri, uffici riservati, servizi segreti ed élite politiche della neonata democrazia italiana.
Hanno inoltre avuto l’appoggio e l’aiuto da parte della NATO nella sua predominante direzione statunitense.


A dirlo non sono solo l’esperienza di tanti militanti e movimenti, delle analisi politiche ed eventualmente ideologiche, le contro inchieste ed i fatti nudi e crudi a cui un paese intero ha assistito in decenni di “prima” e “seconda” repubblica.

A confermarlo sono milioni di pagine d’inchieste, con tanto di riscontri oggettivi, da parte di alcuni togati della magistratura, grazie anche alla desecretazione di atti e documenti.

E anche, va detto, grazie ad una minoranza di giornalisti e storici seri e onesti che hanno deciso di rendere questi fatti, queste fonti, divulgativi.


Di tutto ciò ne siamo a conoscenza da anni, ma incalzati con l’incedere del cinquantesimo anniversario di Piazza Fontana, sono di oggi ulteriori parziali novità che non solo ne danno l’ennesima conferma ma aggravano questo continuum fascio-repubblicano o demo-fascista.

E non uso per sbaglio o come invettive provocatorie questi probabili neologismi.

Li uso con proprietà di conoscenza, storica e politica, con cognizione di causa sociale e antropologica, saperi che ormai dovrebbero essere patrimonio comune e diffuso e che invece sono al contrario minoritari e a fatica sopportati da una parte più significativa di generazioni di italiani.


Perché il vero grande equivoco, o propriamente inganno, è credere che lo stragismo, il terrorismo e la repressione di massa in Italia siano stati un attentato alla democrazia, una sorta di eccezione, grave e pericolosa, nelle istituzioni repubblicane.

Falso, balle, mistificazione pura.

Sono state, fin dalla sua nascita, parte costituiva della democrazia italiana.
Il terrorismo e lo stragismo di stato (da Portella della Ginestra fino alle torture di Genova 2001), il carattere di prepotenza antiproletaria e di repressione diffusa e capillare, con l’aiuto dei fascisti (dai nazional-rivoluzionari rautiani ai più apparenti moderati almirantiani) e la copertura, il depistaggio ostinato da parte dei governi, rappresentano gli articoli non scritti della Costituzione stessa. 
Una costituzione che non nomina mai l’antifascismo, la resistenza e i partigiani quali elementi fondanti.
Una costituzione che abbisogna di ulteriori leggi per regolare l’ovvio (Scelba e Mancino) e che in realtà non hanno mai ostacolato queste coperture né, cosa più importante, l’agibilità dei fascisti in seno alla Repubblica.


In sostanza ancora prima di Piazza Fontana e tutte le successive stragi, gli omicidi e i depistaggi che hanno concesso a gran parte dell’entourage delle istituzioni e della manovalanza nera coinvolta di rimanere impuniti, anche dopo tentati golpe e alcune condanne, SONO la democrazia italiana.
Non c’è niente di deviato, nulla di eccezionale, non ci sono episodi. Perché un processo che dura quarant’anni e che assolve tutti non è un episodio storico di un paese, è la storia di quel paese.
Questa decisione fu presa con la Conferenza di Jalta e la spartizione del mondo in egemonie mondiali.
Poi la storia umana, spesso in modo caotico e contraddittorio, con lo straboccante successo del capitalismo globale a scapito di quello di stato, ha fatto il resto.
Quello che era certo, e lo è tutt’ora, è che l’Italia doveva restare nell’alveo della ristrutturazione capitalistica e delle sue nuove forme di controllo cioè i governi liberal-democratici. 
Nel caso di necessità meglio una democratura o persino favorire ritorni nazionalisti quali regimi fascisti soft, ma giammai socialismo, mai.


Da Pino Pinelli a Carlo Giuliani la democrazia ha operato pienamente nei suoi poteri, costituzionali, ideologici e sociali.

An Arres

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