Quella che segue è un’intervista alla Rappresentanza dell’Unione Sindacale Italiana nel Coordinamento dei Sindacati di Base e Conflittuali – d’ora in poi “R”.
UN – Qual è stato il ruolo dell’USI all’interno del Coordinamento dei Sindacati di Base e Conflittuali?
R – Fin dall’inizio, ci riferiamo ai tragici avvenimenti della scorsa primavera quando Adil è stato assassinato, travolto da un camion mentre era impegnato in un picchetto organizzato dal SI Cobas, l’USI da subito ha lanciato un appello al sindacalismo di base per una iniziativa unitaria. C’è stata immediatamente una intesa dell’intero arco del sindacalismo di base nel proclamare lo sciopero generale nazionale di tutti i settori pubblici e privati nella giornata dell’11 ottobre che ha riscosso un importante successo, con manifestazioni partecipate in 27 città italiane. Da lì si è attivato un coordinamento stabile dei sindacati di base, con incontri settimanali, il più delle volte online, che ha promosso varie iniziative, tra cui la giornata nazionale di protesta contro il governo Draghi il 4 dicembre. La rappresentanza dell’USI è sempre stata presente in questi incontri a sostegno del Coordinamento come importante momento di opposizione al governo di unità e ai loro stretti alleati della Confindustria. Abbiamo sostenuto fin da subito l’importanza di introdurre la questione antimilitarista, contro le spese militari e per il ritiro delle missioni all’estero nella piattaforma unitaria rivendicativa.
UN – Come ha reagito il Coordinamento rispetto alle minacce di guerra che si sono purtroppo trasformate in guerra con l’invasione dell’Ucraina?
R – All’inizio c’è stata abbastanza condivisione ma con l’entrata in guerra sono iniziati i distinguo e solo cinque organizzazioni sindacali (Cub, SGB, Unicobas, Cobas Sardegna, USI CIT) hanno sottoscritto un appello condiviso contro la guerra, dando le responsabilità alle mire imperialiste contrapposte sia della Russia di Putin che ha invaso l’Ucraina sia della NATO, con in testa gli Stati Uniti e al seguito gli stati europei compresa l’Italia, lanciando la prospettiva di uno sciopero generale. A questo appello ne è seguito un altro sottoscritto dalle medesime sigle, con l’aggiunta di ADL Varese, che proponeva un’assemblea nazionale nella giornata del 9 Aprile a Milano, a sostegno della necessità di proclamare uno sciopero generale contro la guerra e l’economia di guerra, le cui conseguenze ricadono sui lavoratori e le lavoratrici, con l’aumento del costo della vita e delle speculazioni sui prezzi. Il documento pone obiettivi importanti come il cessate il fuoco immediato, la cessazione dell’invio delle armi da parte del nostro governo, il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, contro le spese militari e a favore di spese socialmente necessarie, come le case, le scuole, i trasporti, la sanità. Accanto vengono poste le rivendicazioni del salario adeguato al costo della vita, del ripristino della scala mobile, di una forte riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e di un salario garantito a tutti.
UN – Qual è stato il senso dell’Assemblea nazionale del 9 Aprile e quali risultati ha prodotto?
R – Lo scopo principale dell’Assemblea era quello di allargare il coinvolgimento nel sostegno e nella preparazione dello sciopero generale da parte dei sindacati di base non ancora aderenti, di comitati contro la guerra e di associazioni dell’ambientalismo. La relazione introduttiva affidata a una nostra compagna, come già avvenuto in precedenza all’Assemblea nazionale unitaria che si era svolta a Roma dopo lo sciopero dell’11 ottobre, la relativa condivisa presidenza di gestione e moderazione delle stesse, lo consideriamo un riconoscimento alla funzione di equilibrio che svolge il nostro sindacato all’interno del coordinamento. Il risultato dell’Assemblea nazionale lo riteniamo importante. Ci sono stati interventi in presenza e online da parte di rappresentanti sindacali partecipi all’organizzazione e non, collettivi aziendali, di associazioni antimilitariste, del No Muos, dell’Assemblea Antimilitarista; tutti hanno contribuito ad arricchire la relazione introduttiva e hanno espresso sostegno allo sciopero generale e sociale contro la guerra e ai contenuti espressi nell’introduzione. Forti sono state le preoccupazioni espresse verso il pericolo di un conflitto nucleare. Ad oggi, oltre alle organizzazioni sindacali che hanno promosso l’Assemblea, hanno aderito allo sciopero il Si Cobas, Slai Cobas, SLS, con la condivisione di organizzazioni politiche, sociali, contro la guerra e antimilitariste, convergendo tutte sulla proposta di proclamazione dello sciopero generale nella giornata del 20 maggio.
UN – Adesso come si pensa di continuare nel percorso per l’organizzazione dello sciopero generale?
R – Naturalmente è importante la preparazione nelle situazioni dove siamo presenti attraverso assemblee e informazioni. Siamo fiduciosi che le adesioni che ci sono state producano ulteriori coinvolgimenti. Ancora ci sono sindacati di base che non hanno aderito a tale percorso, anche se durante l’Assemblea ci sono stati interventi di collettivi aziendali molto critici verso i dirigenti di tali organizzazioni, schierandosi apertamente dalla parte dello sciopero. Come è stato riportato nella mozione approvata all’unanimità in assemblea ci saranno ulteriori incontri per allargare la partecipazione e la condivisione al percorso verso la giornata dello sciopero. Il primo sarà il 20 Aprile, in modalità online, aperto a tutti coloro che hanno dato la loro disponibilità a partecipare. C’è un impegno, espresso nella stessa mozione, di utilizzare le scadenze del 25 Aprile e del Primo Maggio con iniziative unitarie contro la guerra e a sostegno dello sciopero generale del 20 maggio. Siamo fiduciosi che la proposta dello sciopero contro la guerra avrà ulteriori allargamenti e adesioni locali e nazionali, perché l’astensione dal lavoro è l’unica proposta e risposta realistica che il sindacalismo conflittuale possa fare per esprimere nella concretezza la propria opposizione sociale. Nella nostra prospettiva non consideriamo lo sciopero del 20 maggio un punto di arrivo ma un punto di partenza contro la guerra e l’economia di guerra. Comunque vadano le cose sicuramente le condizioni di vita di lavoratori e delle lavoratrici subiranno un continuo peggioramento come conseguenza della guerra in corso.
Intervista Redazionale