2 luglio: Una piazza antimilitarista a Torino

da www.anarresinfo.org

Nonostante la bollente estate torinese, centinaia di persone hanno dato vita ad un lungo pomeriggio di informazione e lotta in via Roma, di fronte all’ingresso della Galleria San Federico blindata dalla polizia per impedire che gli antimilitarist* si avvicinassero alla sede del DAP – Distretto Aerospaziale Piemontese.
Musica, interventi, e numerose azioni performanti hanno segnato questa ennesima tappa del percorso di lotta contro la nascita a Torino di un nuovo polo di eccellenza nel campo della ricerca e della sperimentazione di nuovi e sempre più sofisticati ordigni bellici. Una fabbrica di morte nel cuore della città, scelta anche dalla NATO per ospitare uno dei nove acceleratori di innovazione del progetto D.I.A.N.A.

Il futuro di Torino come città delle armi è stato anticipato dal presidente di Confindustria Bonomi sin dallo scorso autunno, quando è stato ufficialmente presentato il progetto di ampliamento dell’industria bellica in città.
Il netto rifiuto di questa prospettiva è stata la linea guida dei tanti interventi che si sono susseguiti.
Grande rilievo anche al recente vertice NATO di Madrid, dove è stata avviata la procedura per l’allargamento dell’Alleanza Atlantica alla Svezia ed alla Finlandia, dopo la caduta del veto della Turchia, che ha chiesto ed ottenuto l’impegno alla consegna di attivisti curdi che hanno lottato per il Confederalismo democratico in Siria e in Turchia.
E non solo. Il vertice ha deciso un ampliamento della presenza di uomini in armi in Europa ai confini con la Russia, aumentando ulteriormente il rischio, già forte, di un’escalation bellica. Il prezzo di queste scelte lo pagheranno i poveracci di ogni dove, che dovranno fare i conti con inflazione, erosione delle tutele, riduzione dei salari e delle spese sociale e favore di un prevedibile ulteriore incremento delle spese militari.
Non poteva mancare un intervento specifico sul ruolo della Turchia che si pone come ponte tra la Russia e il resto della NATO, mentre approfitta della ghiotta occasione per sferrare un ulteriore attacco alle autonomie in Siria del Nord e in Iraq.
Le fanfare della Taurinense in giro per la città per festeggiare con due anni di ritardo il centenario della brigata torinese degli alpini sono state occasione per ricordare il ruolo delle truppe di montagna nelle guerre del passato e del presente dall’invasione della Russia sino alle campagne degli ultimi anni in Iraq, Afganistan e, più di recente, in Lettonia.

Un altro tema forte è quello della guerra interna, che vede i militari a fianco della polizia nella guerra alla frontiere, che in questi anni ha mietuto decine di migliaia di vittime.
Un gruppetto di suonatori in divisa ha provato ad avvicinarsi ma il rapido intervento degli antimilitaristi ed il rombo dei tamburi della Murga li hanno indotti ad una veloce ritirata.
La Murga con danze e tamburi ha fatto numerosi interventi di piazza e messo in scena una performance centrata sull’aumento a 104 milioni di euro al giorno della spesa militare.
Un’esplicita denuncia degli orrori della narrazione nazionalista della guerra con un focus sulle guerre tricolori, è stata al centro dell’efficace azione teatrale di Salvatore.
L’assemblea antimilitarista ha proposto “Quello che resta”, un’azione di piazza dove abiti, giocattoli, passeggini, pentole, scarpe sono il segno di quello che è stato, della vita cancellata dalle bombe. Bombe sganciate in ogni dove anche da cacciabombardieri progettati a Torino e costruiti nello stabilimento di Leonardo di Caselle Torinese.

La giornata si è conclusa con l’impegno a mettersi di mezzo per impedire la nascita della città delle armi, per fermare l’arrivo a Torino della NATO.
Un impegno concreto contro tutte le guerre, gli eserciti, le frontiere.

Qui una galleria di immagini:
www.anarresinfo.org

Di seguito il testo analitico di indizione dell’iniziativa promossa dal Coordinamento contro la guerra e chi la arma:

“No alla città delle armi! No alla NATO a Torino
Contro la guerra e chi la arma
Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte. Torino è già oggi uno dei maggiori centri dell’industria bellica aerospaziale. Sono 350 le aziende grandi e piccole con un fatturato di circa 7 miliardi di euro.
Sempre a Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino. La Città dell’Aerospazio, che sorgerà tra corso Francia e corso Marche, ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO.
Questo progetto, partito nel giugno 2021 a Bruxelles, si inserisce nel programmi di innovazione tecnologica della NATO per il 2030. Compito del polo di Torino sarà quello di coordinare e gestire, attraverso bandi e fondi messi a disposizione dai Paesi alleati, la rete delle aziende e degli acceleratori di tecnologia italiani, per metterli a servizio delle necessità dell’Alleanza. In attesa della costruzione della Città dell’aerospazio l’acceleratore di innovazione avrà sede alle OGR.
In questo progetto la NATO investe un miliardo di dollari. Una montagna di soldi che verranno utilizzati per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.
L’industria bellica è il motore di tutte le guerre. La Città dell’Aerospazio e l’acceleratore di innovazione della NATO sono sostenute attivamente dal governo della città, da quello della Regione e da Confindustria.
Giocano la carta del ricatto occupazionale, in una città sempre più povera, dove arrivare a fine mese è sempre più difficile, dove salute, istruzione, trasporti sono sempre più un privilegio per chi può pagare.
I poveri del nostro paese, ogni volta che vanno a fare la spesa, portano a casa sempre meno cibo, abiti, medicine, perché l’aumento dei prezzi dell’energia e dei beni di prima necessità sta rendendo ancora più precarie le vite di noi tutti.
In questi mesi di guerra in Ucraina, migliaia di persone sono state uccise, torturate e stuprate, altre hanno perso la casa e preso la via dell’esilio. Il governo italiano ha inviato armi in Ucraina, moltiplicato il numero di militari impiegati ai confini con l’Ucraina e il Mar Nero, aumentato la spesa bellica.
I riflettori sull’Ucraina non devono distoglierci dalle altre 55 guerre che insanguinano il pianeta lontano dai riflettori dei media.
L’Italia è impegnata in ben 40 missioni militari all’estero, di cui 18 in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.
Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se le la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la Cura invece che per la guerra.

Bloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la

NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. Contro tutte le guerre.
Le armi che uccidono donne, uomini e bambini in ogni angolo del pianeta sono costruite anche a due passi dalle nostre case, a due passi dal giardinetti dove giocano i nostri bambini e bambine.
Per fermare le guerre non basta un no, non bastano le bandiere arcobaleno: urge mettersi di mezzo per chiudere e riconvertire le industrie di morte, per opporsi all’aumento della spesa militare, per bloccare l’invio di armi sui fronti di guerra.

Oggi ci vorrebbero tutti arruolati nella guerra imperialista tra la Russia e l’Ucraina. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.
Siamo a fianco della gente che muore sotto le bombe in Ucraina, siamo a fianco di chi, in Russia, subisce carcere e repressione per essersi opposto all’invasione dell’Ucraina.
Siamo a fianco dei lavorator* ucraini che una nuova legge obbliga a 12 ore di lavoro al giorno, mentre i padroni possono anche differire i salari. Siamo contro l’economia di guerra qui e ovunque.
Siamo a fianco di chi, in ogni dove, diserta la guerra tra gli stati, che si contendono il dominio imperiale sui territori, le risorse, le vite di donne, uomini e bambin*.
Siamo contro la guerra e chi la arma, a partire dal colosso armiero Leonardo, che fa buoni affari con tutti e sta per costruire a Torino la città dell’aerospazio.
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.
Coordinamento contro la guerra e chi la arma”

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