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Unione contadina

Unione contadina

Il documento fondativo dell’Unione Contadina, presentato al congresso dell’USI tenutosi a Modena nell’ottobre scorso, mi trova d’accordo, almeno nelle sue linee fondamentali. Infatti la carta tiene conto dei percorsi pratici e del dibattito che in questi anni hanno visto molti di noi presenti nelle reti contadine. Quelle reti contadine che, nelle loro articolazioni territoriali, hanno messo al centro l’agroecologia, il mutuo appoggio, l’autogestione, il rapporto tra le realtà metropolitane e le situazioni rurali. Quale è, quindi, il senso di queste note?
Vi è, dal mio punto di vista, la necessità di articolare meglio alcuni nodi e di porre alcune discriminanti. Il primo nodo è che questa Unione si pone come ulteriore tassello in un fronte largo, in un percorso di approfondimenti e costruzione di chiarezza nelle pratiche di liberazione che, dalla specificità contadina e delle aree rurali si estende all’insieme della classe dei subalterni e degli sfruttati, in un percorso di ricomposizione sociale che, come si sarebbe detto un tempo, sia foriero di una nuova umanità. Ma si può – e si deve! – dire anche oggi.
Quindi nessun cappello sulle reti o percorso separato dalle stesse! Nell’insieme molteplice e federalista, che ci contraddistingue, vi è un Gruppo di Lavoro in più. Dando attenzione ai diversi soggetti presenti nel lavoro agricolo, sviluppando cooperazione sociale autogestita, mettendo attenzione quindi al rapporto possibile tra piccoli produttori, lavorator* precari che arrotondano il reddito, pensionati agroamatoriali, braccianti.
Braccianti che vedono una presenza massiccia di immigrat*: basti pensare che, in Italia, sono ca 230.000 quelli/e regolari presenti nel comparto e si stima in altrettanti quelli assunti a nero, a fronte di ca un milione di salariati in agricoltura. Braccianti italiani ed immigrati con cui costruire insieme progetto sociale e conflitto contro lo sfruttamento, che nel settore dell’agroindustria è massimo. Nostra patria è il mondo intero!
Infatti, e tra l’altro, l’agricoltura è il settore lavorativo con più addett* a livello mondiale! Ed a livello mondiale vediamo una serie di cambiamenti di paradigma nell’accumulazione capitalista: l’estrema finanziarizzazione dell’economia vede, a fianco dello sfruttamento della manodopera, l’estendersi di modalità “estrattiviste”, in sostanza di forme di sfruttamento e controllo dei territori dove gli umani sono un orpello ci cui si può fare a meno. Servono terre da lavorare con macchine e chimica per produzioni agricole da esportazione rispetto al territorio (la realtà Mapuche in Cile ed in Argentina si può leggere con questa lente), terre dove saccheggiare le residue ricchezze del sottosuolo, terre da massacrare per estrarne le “terre rare” per le nuove tecnologie energetiche ed informatiche, ecc.
L’estrattivismo non è solo un modello di sfruttamento e di controllo del territorio. È una modalità per esternare ed alienare le persone dalle proprie radici sociali, per distruggere le forme di comunità, comprese quelle del lavoro subalterno, che comunque hanno prodotto lungo il ’900 forme alte e raffinate di conflitto di classe.
Quindi un GdL che operi anche sulla situazione internazionale, quantomeno per dare stimoli, collegando lo sfruttamento proprio delle modalità salariali, all’aspetto della salubrità del lavoro e della prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali. Alla salubrità del territorio ed alla prevenzione degli “incidenti” (sic!) che l’industria capitalista produce.
Quello della salute è uno dei temi fondamentali del nostro percorso: dentro Genuino Clandestino e nei nodi territoriali è al primo posto. Alla salute dei nostri prodotti dobbiamo affiancare la salute del nostro lavoro, cosa che facciamo, e a fianco di essa quella della salute dei nostri vicini lavoratori, salute del suolo e del territorio, ecc. Dobbiamo, e possiamo, portare attenzione agli incidenti sul lavoro.
L’agricoltura è uno dei comparti con il più alto numero di incidenti sul lavoro. Incidenti che, spero sinceramente di sbagliarmi, tendono ad incrementarsi, viste le politiche reazionarie e fasciste del governo sull’immigrazione ed il lavoro. Già, il governo, con Salvini l’ineffabile ministro dell’interno che propone l’ennesimo assalto agli usi civici ed ai (pochi e residui!) beni comuni, partendo dalle terre demaniali. Le vuole rendere disponibili per le italiche famiglie che danno figli alla patria…
Penso che sia necessario affrontare il nodo politico di cosa proporre in alternativa al dominio statoiatrico. Internazionalismo e territorio, macro e micro, assemblea tra liber* ed eguali contrapposta alla delega ed a scegliersi (quando si vince!) il padrone. Comunalismo libertario versus dominio e sfruttamento. Generalizzazione dell’autogestione, su tutti i terreni: produttivi, sociali, politici, di relazione, ecc. e pratica del federalismo.
Quanto scritto sopra può essere l’indice delle cose da sviluppare praticamente con l’azione diretta e con il dibattito nella nascente USI contadina, da far vivere e proporre a tutte le reti dove siamo presenti, unendole alle cose non citate da me, ma scritte nelle carte dei diversi percorsi fondamentali.

Enrico bak

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