Aggiornamento
Il 14 giugno in tribunale c’è stata l’udienza del riesame sulle misure
cautelari, nella quale i 12 antirazzisti hanno ribadito la propria
decisione di disobbedire all’obbligo di dimora.
Il giorno successivo è arrivata la sentenza del riesame, che annullava
tutti i 12 divieti di dimora.
Venerdì 10 giugno, dai microfoni di radio Blackout, diversi anarchici, cui è stato inflitto dal tribunale il divieto di dimora da Torino, per impedire che continuino le lotte in cui sono impegnati, hanno annunciato che disobbediranno. Nessuno di loro se ne andrà da Torino, nonostante il rischio di vedersi rubare un pezzo ancora più consistente di libertà.
Dopo la dichiarazione pubblica i “banditi” da Torino si sono uniti ad un corteo spontaneo, partito da corso Vercelli e conclusosi in via Cigna, dove è in corso la Blackout Fest.
La prossima settimana, sabato 18 giugno, ci sarà un corteo solidale con chi ha scelto di strappare le carte e riprendersi la propria libertà.
Di seguito il testo della loro dichiarazione:
“È a Torino che abbiamo visto portare via uomini e donne perché non avevano un documento. A Torino abbiamo visto la polizia caricare un corteo di operai che avevano osato ribellarsi.
A Torino abbiamo visto le pattuglie dei carabinieri aiutare padroni e banche a sbattere in strada i nostri vicini di casa in ritardo con l’affitto o con il mutuo.
A Torino abbiamo visto interi quartieri trasformarsi secondo le esigenze dei ricchi sulla testa dei più poveri che li abitano.
A Torino e nelle sue valli abbiamo visto la celere bastonare le persone accampate a difesa della terra in cui vivono.
Ma a Torino abbiamo anche visto decine di persone sollevarsi per permettere a un clandestino di scappare a un controllo e centinaia di facchini tener testa a chi li voleva cacciare dai cancelli del CAAT. Qui abbiamo visto intere vie chiuse dai cassonetti per respingere un ufficiale giudiziario e decine di abusivi riprendersi la piazza sotto gli occhi impotenti della polizia. È a Venaus che le stesse persone bastonate hanno rialzato la testa e spazzato via plotoni di celere riconquistando il terreno perduto.
Se è vero che ovunque soprusi e ribellioni sono all’ordine del giorno, è a Torino che noi abbiamo deciso di coltivare un sogno comune.
Puntiamo i piedi, qui vogliamo rimanere, qui vogliamo lottare.
Dodici divieti di dimora a chi in una giornata di ottobre era andato presso la sede di Ladisa, ditta fornitrice dei pasti all’interno del Cie di corso Brunelleschi, a restituirgli un po’ della merda che quotidianamente somministra ai reclusi. Un‘iniziativa all’interno di un percorso di lotta contro il Cie e contro chi lo fa materialmente funzionare.
Sono anni che la Procura ci colpisce incarcerando e allontanando i nostri affetti.
Abbiamo tenuto duro, giorno dopo giorno, affrontando la paura e il dolore che la repressione porta con sé.
Abbiamo portato avanti con fatica le lotte dei compagni allontanati, incarcerati e sorvegliati.
E se in tutti questi anni di lotte a Torino abbiamo affrontato gli attacchi repressivi cercando sempre di spingere un passo più in là i percorsi che si stavano portando avanti, questa volta ci siamo guardati e negli occhi di ognuno abbiamo ritrovato la medesima voglia di non partire.
Questi dodici divieti di dimora sono la goccia che fa traboccare il vaso, non siamo più disposti a razionalizzare la nostra rabbia.
Non accettiamo più di dover salutare compagni e affetti perché costretti ad andarsene
Non accettiamo più che le nostre vite, la nostra quotidianità siano determinate da un pezzo di carta
Non accettiamo più di rinunciare ai progetti che ognuno di noi ha costruito in città e di doverci reinventare altrove.
Restiamo qui, esattamente nel punto in cui le nostre coscienze ci costringono a stare.
Per noi questi divieti di dimora sono carta straccia.
Saremo in una radio libera a trasmettere, davanti alla porta di J. per resistere al suo sfratto, sotto le mura del Cie per sostenere le rivolte dei reclusi, nelle strade per opporci alle deportazioni, ovunque ci andrà di stare.
Le conseguenze le conosciamo, con una certezza quasi matematica tra qualche giorno ci porteranno in carcere.
Precisamente nel punto in cui il Tribunale avrà la forza di metterci.
Nel centro esatto del ciclone che sta stravolgendo le nostre vite.
Consapevoli della nostra scelta, forti della solidarietà che non ci lascerà soli, noi da qui non ce ne andiamo.
Banditi a Torino”
Tratto da anarres