A poche settimane dallo scoppio del cosiddetto “Signalgate” gli effetti concreti provocati da quanto è avvenuto sono davvero risibili. Ci riferiamo al polverone sollevato dalla pubblicazione dei contenuti di una serie di conversazioni, avvenute tra l’11 e il 15 marzo scorso tramite il programma “Signal”, alle quali hanno partecipato i vertici del Potere statunitense. Il testo è stato diffuso da un giornalista che è stato invitato dal “Responsabile della Sicurezza Nazionale” a partecipare a una “chat” nella quale sono stati condivisi alcuni particolari relativi ai piani di attacco militari contro le postazioni degli Houti in Yemen.
Una audizione davanti al Senato, che ha ascoltato le dichiarazioni delle più alte cariche dei servizi responsabili della sicurezza del paese e di alcune delle persone inserite nel gruppo su “Signal” ha avuto pochi risultati. I protagonisti, non potendo smentire quanto pubblicato, hanno provato a minimizzare in tutti i modi l’accaduto affermando che non sono stati rivelati segreti e che l’invito ricevuto dal giornalista è stato un “errore”, anche se non hanno saputo spiegare come sia avvenuto. Un commentatore ha definito l’intera vicenda come un “incredibile cocktail di incompetenza”.
Tra le altre reazioni, una associazione che ha come scopo quello di monitorare l’attività del Governo ha presentato una denuncia alla magistratura, in quanto usando “Signal” sarebbe stata violata la “Federal Records Act”, che prevede una serie di regole che dovrebbero essere seguite da tutte le persone che ricoprono incarichi pubblici quando le comunicazioni riguardano la loro attività istituzionale. Obblighi che, è stato notato da altri, sarebbero violati costantemente da alcuni dei partecipanti alla famigerata “chat” visto che utilizzano “Gmail” per discutere della loro attività. Parlamentari del Partito Repubblicano e di quello Democratico hanno chiesto la creazione di una Commissione di inchiesta e un sondaggio a caldo ha rilevato che il 60% degli elettori repubblicani ritengono che quanto avvenuto sia un problema serio per il Governo. In una intervista un ex direttore della CIA ha affermato che in casi del genere è necessaria una approfondita indagine. Da segnalare, sul versante “misteri & complotti”, che qualcuno ha sostenuto che altre due persone, con un curriculum alquanto significativo, erano state (forse) invitate a entrare nel gruppo di discussione in questione. A questo si vanno ad aggiungere quelli che hanno collegato direttamente la Fondazione che gestisce “Signal” al Partito Democratico e alle Amministrazioni precedenti a quella di Trump, suggerendo che la pubblicazione dei messaggi sensibili sia frutto di un complotto politico. Tra le ultime reazioni è stato annunciato che il Ministero della Difesa ha aperto una propria inchiesta.
Di concreto, alla fine, a parte gli inevitabili e innumerevoli “meme” comparsi su Internet, c’è solo il fatto che è aumentato del 26% in tutti i paesi il numero di persone che hanno scaricato “Signal” sul proprio computer o telefonino. Nessuna tra le persone che hanno partecipato alla discussione in questione ha subito conseguenze negative, e probabilmente mai ne subirà, per uno scandalo che molti ritengono tra i più gravi della storia degli Stati Uniti.
Questa vicenda fa venire subito in mente che anche in Italia è recentemente accaduto qualcosa di simile a seguito della pubblicazione di un libro nel quale sono state raccolte alcune conversazioni digitali alle quali hanno partecipato esponenti del partito di maggioranza relativa. Gli effetti di questa pubblicazione hanno interessato, visto che non c’erano di mezzo segreti militari, il settore della satira e del gossip politico e questo sia per il contenuto delle discussioni che per la qualità delle persone che vi hanno partecipato. In questo caso però la tecnologia c’entra poco in quanto si è trattato di una classica “talpa” che ha passato le informazioni riservate al giornalista.
Tornando a cose più serie il “Signalgate” mostra quanto in un mondo come quello attuale, nel quale la tecnologia informatica predomina sovrana, quello che può essere definito “fattore umano” abbia un peso determinante. Riporre la propria fiducia in un software che, come tutti gli altri, contiene nel suo codice sicuramente qualche errore più o meno grande è un rischio inevitabile. Aggiungere a questo la cialtronaggine dei politici e una scarsa o inesistente capacità nell’uso della comunicazione elettronica trasforma un rischio in un fallimento sicuro. E questo vale sia per le persone ai vertici delle strutture del Potere che per tutte le altre; è vero per una conversazione segretissima e per un messaggio inviato per errore a un destinatario sbagliato. Quello che cambia possono essere la gravità delle conseguenze che dipendono dal contesto, dai partecipanti e dai contenuti che diventano di dominio pubblico quando non dovrebbero. Ma, come si è visto sopra, non è detto che gli effetti siano proporzionali all’importanza del fatto o delle personalità coinvolte.
Il problema è che oggi i destini della collettività sono spesso affidati agli strumenti della comunicazione digitale e le decisioni più importanti – ma questa non è una novità – vengono prese da gruppi più o meno ristretti di persone. In altri termini, viviamo in un contesto nel quale le azioni di una singola persona potrebbero salvare il mondo ma potrebbero anche condannarlo. Dovrebbe destare ulteriori preoccupazioni la tendenza in costante aumento a delegare sempre più decisioni critiche ai programmi che si basano sulla cosiddetta “Intelligenza Artificiale”, il che è anche una comoda scusa usata dai politici per scaricarsi in parte dalle proprie responsabilità personali.
Anche un episodio come quello del “Signalgate” fornisce comunque un chiaro esempio del funzionamento di un sistema sociale imperniato sulla gerarchia, sui suoi difetti e sui pericoli che comportano per la collettività. D’altra parte casi del genere ci forniscono anche una motivazione in più per continuare a lottare al fine di costruire una società nella quale le decisioni importanti vengano prese in modo completamente diverso, trasparente, meno accentrato e più diffuso, meno gerarchico e più collaborativo. Con delle modalità che non potranno mai essere completamente prive di errori ma che almeno avranno il vantaggio di essere più comprensibili, più facilmente criticabili, più correggibili e quindi migliorabili.
Pepsy