Su dei raccontini sulla guerra di Spagna

vidalistalinistaLo scorso mese di marzo è uscito per i tipi di Asterios, editore di Trieste, un volumetto che raccoglie Racconti della guerra di Spagna. Si tratta di alcuni inediti redatti nei primi anni ’80, cioè poco prima della sua morte, da Vittorio Vidali, che i suoi compagni hanno sempre celebrato come il “leggendario” Comandante Carlos, Commissario Politico del Quinto Regimiento. Il suo ruolo storico, ben più rilevante, è stato quello di terminatore per conto del suo padrone Stalin, anche nella penisola iberica, di anarchici, trotzkisti e dissidenti vari rispetto alla linea moscovita. Fra l’altro, come lo stesso Vidali rammenta in uno dei Racconti (vedi p. 24), egli fu molto “chiacchierato” in occasione dell’assassinio di Trotzki.

La pubblicazione di questo breve memoriale offre al lettore uno spaccato di un’epoca colta attraverso gli occhi di un emissario della Terza Internazionale e dà, quindi, una testimonianza di tale rappresentazione degli accadimenti spagnoli dopo il golpe franchista del luglio 1936. In ciò nulla di male. Anzi, la ricerca storica non può che avvalersi anche di tali fonti (la memorialistica) per ricostruire fatti, prospettive, interpretazioni di accadimenti passati al fine di proporre dei giudizi (storici) sugli stessi. Il volumetto in questione si colloca all’interno di questo quadro.

Spiace però che il piccolo testo venga proposto al lettore privo di ogni presentazione critica, tale da collocare l’autore all’interno del contesto storico che gli è proprio: lo stalinismo e la repressione cruenta e feroce di ogni forma di critica rivoluzionaria. Di questa attività poliziesca egli fu un indiscusso protagonista.

L’editore si limita a corredare la prosa di Vidali con una brevissima nota bio-biliografica dalla quale non traspare il suo vissuto stalinista, così come lo stesso è totalmente celato nella scarna Nota per il lettore, di sapore chiaramente agiografico, che precede i Racconti in questione. Eppure ve ne sarebbe necessità, se non altro per chiarire la questione del “presunto organizzatore dell’assassinio di Leone Trotzki in Messico”, che l’autore stesso menziona, ma ovviamente solo per smentire l’accusa. Ciò che non può smentire però è il suo incarico di dirigente dell’apparato stalinista in Messico, la macchina che nel 1940 eliminò il concorrente Trotzki.

Pare insomma di trovarsi di fronte più che a una seria iniziativa editoriale – come quelle che hanno caratterizzato l’attività di Asterios Editore – a un maldestro tentativo di proporre ai lettori d’oggi un Vidali depurato dalle sue funzioni di militante staliniano e rappresentato quale fulgido eroe dell’antifascismo internazionale.

Una seria, per quanto succinta, analisi critica non avrebbe nuociuto all’importanza testimoniale dei Racconti e avrebbe evitato che la loro edizione cadesse nella becera e deludente esaltazione.

Si tratta, infatti, di pagine intrise di uno spirito buonista, che mal si sposa con la reale attività del loro autore durante la rivoluzione libertaria del 1936-1939, che viene opportunamente, in questo ambito, totalmente sottaciuta. In un altro volume di memorie, Vidali spiegò senza rimorsi né pudore che aveva diretto, da Commissario Politico della Divisione Lister, la distruzione delle Collettività rurali aragonesi nell’estate del 1937.

Ciò che colpisce in questa narrazione non è solo il trattare con infastidita sufficienza la componente anarchica (a p. 68 si fa cenno agli “zelanti rompiscatole” e, a p. 84, si addossa alla Colonna Durruti, “una formazione poco addestrata” la perdita della Città universitaria di Madrid). Nemmeno il compiacersi del peso (a suo dire sempre centrale e determinante) del Partito Comunista nella direzione delle operazioni politiche e militari della Repubblica. Sorprende di più il rammarico per l’assassino del russo Michael Koltzov, un comunista russo già presente in Spagna, che “arrestato dalla polizia segreta di Stalin, venne fucilato e soltanto dopo vent’anni fu «riabilitato»” (p. 28).

Della polizia segreta di Stalin, Vidali era parte integrante, uno dei suoi dirigenti, e, a posteriori, al fine di ricostruirsi una verginità politica di fronte ai suoi lettori, ne prese le distanze, quasi che egli, il Comandante Carlos, fosse totalmente estraneo a tali fatti; lui che, anche con le sue delazioni, aveva contributo a popolare i gulag staliniani!

Non si può naturalmente sapere la cifra esatta di quante delazioni sia stato il promotore diretto. Ricorda però Umberto Tommasini nel suo libro “Il fabbro anarchico” (Odradek, 2010) il caso di Luigi Calligaris, suo amico e compagno d’azione antifascista nei primi anni Venti a Trieste e molto noto anche a Vidali per le comuni lotte violente antisquadriste nelle strade di Trieste. Tommasini aveva ricevuto a Parigi, prima e dopo la sua partecipazione alla guerra contro Franco, le lettere del comunista triestino rifugiato in Unione Sovietica per sfuggire alle squadre d’azione fasciste e alle forze della repressione statale. Qui il comunista triestino, dopo un iniziale entusiasmo, aveva cominciato a esprimere dei dubbi sul carattere coerentemente rivoluzionario del regime e aveva commesso l’errore di confessarlo al suo compagno triestino Vidali. E il giorno dopo Calligaris veniva deportato in Siberia e da qui non avrebbe mai fatto ritorno.

Forse una nota introduttiva – non di “parte”, sia ben chiaro – avrebbe rafforzato il valore della pubblicazione dei Racconti, anche se non all’immagine che il loro autore voleva offrire di se stesso. Qualche riga in più di contestualizzazione avrebbe certamente giovato all’editore che, pubblicando in questo modo, ha compiuto un’operazione culturale quanto meno dubbia.

Marco Cossutta

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