TORINO
A Torino molteplici sono state le iniziative che si sono articolate intorno alla giornata dell’otto marzo, sciopero globale transfemminista promosso dalla rete Non Una Di Meno.
Come Wild C.A.T. – Collettivo anarcofemminista torinese abbiamo dapprima tenuto un presidio in piazza Castello in data 6 marzo, portando in scena la performance “Ruoli in gioco, rappresentazione de-genere”. In quest’occasione sono stati distribuiti volantini che hanno fornito un quadro generale della violenza patriarcale estrinsecata nelle sue varie forme, toccando punti quali la femminilizzazione del lavoro, il gender gap e la funzione oppressiva e reazionaria che ricopre la famiglia nella guerra condotta quotidianamente contro la libertà delle donne.
Con la medesima impostazione performativa, fatta di musica, parole, oggetti simbolici e gesti emblematici, abbiamo partecipato la mattina dell’otto al presidio indetto dalla CUB davanti all’Ipercoop e Lega Cooperative, un luogo dove il lavoro produttivo e riproduttivo delle donne emerge in tutta la sua materialità. Nel pomeriggio ci siamo spostati in piazza XVIII Dicembre, la piazza che ricorda i martiri della camera del lavoro, anarchici e socialisti massacrati dalle squadracce fasciste nel 1921. Come ormai da tre anni anche questo otto marzo era fissato lì il punto di incontro della manifestazione.
Il sole batte forte. Siamo solo a marzo ma sembra già estate inoltrata. Il corteo attraversa le vie del centro città, imbocca via Po concludendo alcune ore più tardi in piazza Vittorio Veneto. Il calore si esprime anche attraverso la nostra presenza, entusiasta e determinata, scandita da cartelli, numerosi slogan come: “Ma quale Stato, ma quale dio, sul mio corpo decido io!” e da uno striscione che riporta a chiare lettere la scritta: “Né dio, né stato, né patriarcato”.
Liberi corpi e libere coscienze che a testa alta portano avanti la lotta per la libertà del genere e dal genere, e che in questa giornata di sciopero hanno tenuto a ribadire come non si possa verificare alcuna trasformazione radicale dell’esistente verso la libertà e l’uguaglianza, se ci si ostina a prescindere dalla lotta contro il sistema patriarcale, contro lo stato e le religioni che ci ingabbiano nel loro reticolo normativo mettendo a repentaglio la nostra autonomia, contro i padroni che ci tengono sotto scacco e si arricchiscono sfruttando il lavoro altrui, contro le frontiere ed il razzismo, ergo, contro ogni forma di dominio.
La consapevolezza che l’intersezionalità delle lotte è uno dei nostri più grandi punti di forza ci accompagna costantemente e mai potrà venire meno. Lungo il corteo cittadino non sono venuti a mancare nemmeno i cori contro la famiglia, ossia il nucleo politico ed etico del patriarcato, uno degli elementi cardine dell’ordine sociale autoritario e gerarchico nel quale siamo costrett* a vivere. La famiglia è anche il luogo dove si consuma la maggior parte delle violenze di genere e dei femminicidi, i quali, se recuperiamo le recenti statistiche, notiamo come continuino ad aumentare nonostante la progressiva diminuzione degli omicidi in tutta Italia.
Oggi l’ondata reattiva clerico-fascista, che investe la libertà delle donne e di tutte le soggettività non conformi su scala planetaria, vorrebbe rafforzare ulteriormente l’istituzione familiare, negare e sottrarre con la forza le conquiste di decenni di lotte durissime combattute sulle barricate. Sempre più frequenti sono ad esempio gli attacchi condotti dall’attuale governo giallo-verde contro la libertà di abortire ed i tentativi di rendere sempre più impraticabile la via del divorzio. Alla luce di questa vile offensiva, ma non solo, la risposta non poteva tardare ad arrivare. Lo sa bene chi venerdì ha scelto di scioperare dal posto di lavoro e dalle attività domestiche, dal consumo e dai ruoli imposti dagli stereotipi di genere, oltre che dal genere stesso. Lo sa bene chi ha deciso di riversare in strada tutta la propria rabbia e il proprio desiderio di riscatto, perché intende attraversare la propria vita con la forza di chi si scioglie da vincoli e lacci.
Il percorso di autonomia individuale si costruisce nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo. La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso relazioni libere, plurali, egualitarie. Non ci resta che lasciarci con un sentito auspicio, ovvero che da questo momento in poi sia sempre otto marzo, in casa, a lavoro, per strada!
S.D.
MILANO
Nel fare questo resoconto abbiamo cercato di dare un quadro complessivo delle iniziative milanesi per una migliore comprensione dei contenuti espressi e delle dinamiche in atto, più che a ripetere posizioni note.
L’8 marzo a Milano è cominciato il … 7 marzo, in quanto con le scuole chiuse per il carnevale ambrosiano – che in città si prolunga da giovedì fino a sabato – lo sciopero di studentesse e studenti poteva tenersi solo il giorno prima. Un grande striscione – “Corpi liberi, menti consapevoli. Contro la violenza maschile sulle donne e la discriminazione di genere per una scuola laica, gratuita e solidale”- ha aperto il corteo che si è snodato per le vie della città dando inizio alle mobilitazioni.
La giornata dell’otto è iniziata con le mani al collo di una dipendente della Metropolitana che, mentre abbassava la serranda di ingresso per dare inizio allo sciopero si è vista aggredire da un uomo inferocito datosi poi alla fuga di fronte alla reazione sviluppatasi. Un inizio comunque significativo.
Nella mattinata, organizzata da NUDM, in porta Venezia si è tenuta la piazza tematica con gruppi di discussione a microfono aperto dove si sono affrontati una serie di temi al centro degli interessi e delle iniziative del movimento delle donne e non solo. Tra gli altri:
- il decreto sicurezza e il suo riflesso sul tema dell’immigrazione sviluppato in collegamento telefonico con Delia del bar Hobbit di Ventimiglia, noto punto di accoglienza al confine con la Francia;
- operatrici e operatori sociali: dai problemi alla solidarietà;
- maternità e socializzazione della cura;
- lavoro riproduttivo e disuguaglianze socio-economiche;
- educazione di genere nelle scuole e nelle università;
- salute, sessualità, piacere e desiderio;
- clima e ambiente;
Centinaia di donne e decine di uomini si sono alternate ai microfoni per tutto il periodo mentre uno spazio apposito raccoglieva, con attività varie, bambine e bambini. Un’assemblea finale portava a condivisione quanto emerso dai ‘tavoli’. Compagni dello Spazio Remake intanto preparavano il pranzo consumato poi collettivamente. Nel corso della mattinata ha poi raggiunto la piazza, reduce da un incontro nei pressi della stazione centrale, un gruppo di facchini accompagnati da donne e bambini, familiari degli 86 lavoratori GLS licenziati, organizzati da USB, che con lo striscione “Il mio papà deve lavorare” hanno voluto far sentire la loro voce.
Nelle stessa piazza era presente una rappresentanza dell’USI-CIT.
Sempre in mattinata a Monza un corteo di un migliaio di aderenti al SI.Cobas manifestavano per protestare contro gli 80 licenziamenti – prevalentemente di lavoratori immigrati – alla Toncar di Muggiò. “Lotto e sciopero tutti i giorni – Mai più sfruttate! – Lotta di classe contro il capitale!” lo striscione che apriva il corteo portato da un gruppo di lavoratrici.
In mattinata intanto lo sciopero dei mezzi di trasporto, indetto da CUB trasporti, ha portato al blocco di due linee della metropolitana e a numerosi treni regionali e no per poi riprendere servizio nel pomeriggio. Dopo le 18 fino a fine servizio il blocco è stato totale per tutte le 4 linee: un evento definito storico da più parti. In effetti è la prima volta che si è registrato il fermo delle linee sotterranee, ed è particolarmente significativo che si sia verificato proprio in questa occasione, quando non c’erano particolare obiettivi settoriali da conseguire, e questo in un comparto che non conta più del 2% di forza lavoro femminile.
Ventimila persone – in grande prevalenza le donne giovani – hanno partecipato al corteo serale, per urlare che un altro mondo è possibile, ben consapevoli che in questa giornata in tutt’Italia (in 40 e più città) e in tutto il mondo (più di 40 i paesi che hanno registrato manifestazioni del movimento) si lotta contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere.
Una fiumana vivace, allegra, spontanea, con diverse fermate per interventi al microfono e che si è snodata dalla stazione centrale fino a piazza della Scala in centro, inframezzata da un colorato intervento di restyling alla bronzea statua di Indro Montanelli sita nei giardini pubblici: un barattolo di vernice rosa (lavabile) in testa all’illustre giornalista. Il Montanelli si è sempre vantato della nobile impresa di aver comprato come schiava una bambina di 12 anni e di aversene fatta moglie durante la guerra di aggressione all’Etiopia; colorando la sua statua le manifestanti hanno voluto evidenziare l’intreccio perverso tra colonialismo, maschilismo e patriarcato. Per ricordare anche tutte le vittime del colonialismo italico, le centinaia di migliaia di morti che dalla Libia ai gas dell’Amba Aradam in Etiopia hanno contrassegnato le tappe delle conquiste sabaude e fasciste in terra d’Africa; per non dimenticare che non abbiamo mai fatto i conti con un processo di decolonizzazione e di riconoscimento dei crimini del ‘nostro’ paese, nascondendoci dietro il mito di ‘italiani brava gente’. E quanto questo semplice gesto colorato abbia urtato i nervi di tanta ‘brava gente’ lo si è visto dai velenosi commenti che da Sallustri a Travaglio a Rutelli sono pervenuti via stampa in difesa dell’illustre.
Anche a questo corteo, come nella mattinata nella piazza tematica abbiamo partecipato come compagne e compagni della FAI con un nostro striscione, distribuendo 500 volantini, diffondendo Umanità Nova e soprattutto sostenendo le ragioni di questo sciopero e di questa mobilitazione.
Dopo l’8 marzo, altre scadenze incombono, una su tutte il Congresso Mondiale delle famiglie che riunirà a Verona i movimenti globali anti-abortisti, esponenti dell’estrema destra cristiana e integralista di tutto il mondo, fascisti e nazisti: tutti uniti sul corpo delle donne, tutti uniti contro la libera umanità. Un appuntamento da non mancare.
Mariella & C
MILANO – secondo report
Penso si debba dar atto all’Unione Sindacale Italiana che, da quando il movimento delle donne ha deciso di proclamare lo sciopero generale nella giornata dell’8 marzo, fin dall’inizio, questo sindacato ne ha fatto propria la proclamazione, a sostegno dell’emancipazione femminile, a sostegno del grido di protesta delle donne contro la violenza che, in tutti i sensi e in tutte le accezioni del termine, subiscono.
La nostra organizzazione sensibile e solidale con tutti i diseredati, i vilipesi, gli sfruttati, non può che sostenete le giuste battaglie delle donne, vittime del doppio sfruttamento, discriminate nella società e soprattutto nei luoghi di lavoro, vittime di violenze che le statistiche impietosamente documentano e, soprattutto, della più efferata e vile di tutte: il femminicidio.
Nelle guerre che sempre accadono nel mondo le donne sono le vittime predestinate con l’infame pratica dello stupro come bottino di guerra.
Vogliamo anche evidenziare come questa scadenza di sciopero generale nella giornata dell’8 marzo sia diventata un momento di lotta internazionale: il Primo Maggio delle donne e l’USI, assieme ai sindacati associati nella Confederazione Internazionale di cui fa parte (CIT), sostengono questi impegni, per cui quando l’USI dichiara lo sciopero in questa giornata in Italia, la consorella CNT lo fa in Spagna e così via, dove siamo presenti e ci è data la possibilità, nelle varie parti del mondo.
La Spagna ci richiama ad una storia importantissima per l’anarcosindacalismo coniugato al femminile. Non a caso l’abbiamo ricordato in una iniziativa pubblica, il giorno prima dell’8 marzo, in una nostra sede milanese, in via Treviso 33, presentando con l’autrice Eulàlia Vega il libro Pioniere e Rivoluzionarie, in cui sono state raccolte le voci, a volte strazianti a volte gioiose, di decine di compagne in rappresentanza di migliaia di donne.
Ci riferiamo in particolare all’esperienza storica delle “Mujeres Libres” che autonomamente si organizzarono a fianco della CNT. Un movimento rivendicativo delle donne che ebbe una funzione essenziale nella Rivoluzione spagnola, 1936–1939, contro il golpe franchista, partecipando attivamente, mentre gran parte degli uomini erano al fronte a combattere, alle collettività produttive agricole ed industriali attraverso la pratica dell’autogestione, a dimostrazione che un altro mondo è possibile, senza servi né padroni, né patriarcato. In quella formidabile esperienza le donne autorganizzate seppero mettere oltre che il loro grande cuore, tutta la loro intelligenza: un faro di riferimento per l’intera umanità.
Nella giornata milanese dell’8 marzo è stata organizzata l’occupazione dello spazio di una piazza dalle ore 9 del mattino, piazza Oberdan, con varie iniziative sul luogo, mentre alle 18, da piazza Duca d’Aosta, sarebbe partito il corteo. Come negli anni precedenti, abbiamo voluto privilegiare la nostra presenza sindacale nella piazza del mattino, anche se a differenza degli anni scorsi non c’era il corteo avendo gli studenti anticipato la loro manifestazione al giorno prima. Questo perché ritenevamo importante valorizzare con la nostra presenza quella che è stata battezzata come la “piazza dello sciopero”, dove l’assenza dal lavoro era l’elemento di distinzione.
La piazza, composta da una presenza prevalentemente femminile, con striscioni, cartelli e stand, si svolgeva attraverso gruppi tematici di discussione. C’era anche un’ area composta da bambine e bambini. La nostra presenza si evidenziava con un presidio sotto lo striscione dell’USI e qualche bandiera. Ad un dirigente di un sindacato che chiedeva se avevamo concordato la nostra presenza con nonunadimeno, in quanto l’orientamento espresso era di non volere striscioni e bandiere caratterizzate politicamente, facevo presente che non c’era nessuno accordo, ma il nostro era il semplice diritto di caratterizzare la nostra presenza in quanto promotori dello sciopero di quella giornata. Infatti, ovviamente, non ci sono state osservazioni da parte di alcuna.
La mattinata si concludeva con un microfono aperto in cui si illustravano i risultati delle discussioni dei vari gruppi di lavoro, un intervento in stile teatrale in cui si denunciava la pratica dello stupro in tutto il mondo, le violenze e le discriminazioni subite dalle donne, inneggiando alla realizzazione di una rivoluzione interiore. Seguivano gli interventi di una delegazione di donne e bambini immigrati venuti in delegazione da Piacenza, con un accorato appello in solidarietà dei licenziati di una azienda della logistica, dove la resistenza della lotta si regge attraverso una attiva solidarietà multietnica.
Nel pomeriggio, come già preannunciato, si svolgeva il corteo organizzato come negli scorsi anni da nonunadimeno, con la partecipazione di molte migliaia di manifestanti, in maggioranza donne, attraversando le vie del centro fino ad arrivare a piazza Della Scala, davanti al palazzo comunale. Un corteo molto combattivo, vivace e comunicativo.
Enrico Moroni
A Roma numerosi sono stati gli appuntamenti cittadini nell’occasione dell’indizione dello sciopero generale dell’8 marzo promosso dalla piattaforma di Non Una Di meno cui hanno aderito numerosi sindacati di base. Lo sciopero, condiviso in altri 55 paesi del mondo (secondo alcuni in circa 100), è stato promosso contro la violenza che nega la libertà delle donne, contro la destra reazionaria razzista alleata del sistema patriarcale neoliberale, contro il disegno di legge Pillon, contro la legge Salvini che legittima la violenza razzista, contro l’ideologia di genere che nelle scuole e nelle università cerca di imporre l’ideologia patriarcale, contro il finto reddito di cittadinanza che intende costringere le donne a rimanere povere e a lavorare a qualsiasi condizione e sotto il controllo opprimente dello Stato.
I principali appuntamenti a Roma sono stati tre presidi nella mattinata sotto il Ministero della Salute, al Ministero del Lavoro e nella città universitaria La Sapienza ed il corteo del pomeriggio, partito da Piazza Vittorio e finito in Piazza Madonna di Loreto. Cinquantamila le partecipanti al corteo, le studentesse, le lavoratrici, le occupanti delle case, le autorganizzate delle case antiviolenza, del coordinamento delle assemblee dei consultori, dei collettivi, dei gruppi, delle associazioni, degli spazi sociali della città e di altre cittadine del Lazio e numerosi sono stati gli interventi al microfono dal camion che ha aperto la manifestazione. Una marea critica ha attraversato la città con slogans, musica, canti e striscioni dimostrando, ancora una volta, che solo con la lotta, l’autorganizzazione e la partecipazione concreta dal basso ci potrà essere emancipazione, libertà e giustizia sociale per tutte e tutti.
L’incaricata per il Gruppo Anarchico C. Cafiero
Per il terzo anno consecutivo Nonunadimeno di Trieste è scesa in piazza per l’otto marzo. Quest’anno invece del “classico” corteo si è scelto di organizzare due presidi. La mattina si è svolto un momento informativo “punto fucsia” in largo barriera, uno dei luoghi di maggior passaggio nel centro cittadino. E’stato allestito un banchetto con vario materiale prodotto per l’occasione nonché realizzati vari cartelloni che sono stati affissi nella piazza del pomeriggio. Hanno partecipato alcune decine di compagne e compagni e l’iniziativa ha catturato l’attenzione di numerose passanti. Nel pomeriggio invece l’appuntamento era nella centralissima piazza della Borsa con un happening di tre ore con interventi al microfono, performance teatrali, un coro popolare, laboratori di autocostruzione di vagine di cartapesta e bandane fucsia, banchetti informativi e l’applauditissimo gioco dell’oca sull’interruzione volontaria di gravidanza. Diverse centinaia di persone hanno animato una piazza ricca di contenuti e volontà di lotta. Come deciso dall’assemblea di Nudm erano presenti in piazza con le loro bandiere solo i sindacati che avevano indetto sciopero (localmente quindi Usi-Cit, Cobas e Usb). Da stigmatizzare l’atteggiamento della Fiom-cgil che la mattina si è presentata con una dozzina di militanti con altrettante bandiere al punto informativo (la fiom provinciale aveva aderito allo sciopero alcuni giorni prima come fa sempre) con l’evidente intento di sovradeterminare la piazza (tantopiù che alla mattina i sindacati alternativi erano presenti solo con la diffusione di materiale ma senza bandiere). Le militanti di Nudm hanno fatto valere le ragioni dell’assemblea e dopo una ventina di minuti la Fiom ha ammainato le bandiere ed è andata via senza poi ripresentarsi il pomeriggio (resta evidente la tristezza di chi non riesce a stare in piazza senza le proprie bandiere anche quando è palesemente fuori contesto). Un altro piccolo momento di tensione si è dato all’inizio del pomeriggio quando, in fase di allestimento del presidio, è passato un consigliere comunale di estrema destra (espulso prima dalla lega e poi anche da forza nuova, un vero record!) che pretendeva che i vigili rimuovessero i cartelli che avevano addobbato una delle statue presenti nella piazza. Le compagne hanno reagito compatte e a suon di slogan hanno allontanato il losco figuro.
Tornando ai contenuti, i punti principali degli interventi in piazza sono stati il famigerato decreto Pillon e la più generale campagna contro il diritto di aborto. Non a caso una delle iniziative preparatorie del lotto marzo è stata la proiezione in un cinema del bel documentario “Le nuove crociate”. Un’inchiesta condotta soprattutto in Europa che illustra le strategie che i movimenti di destra e cattolici, in collegamento tra di loro, stanno portando avanti per eliminare l’autodeterminazione delle donne sul proprio corpo.
Su questo punto si è anche ricordato il prossimo appuntamento del 30 marzo a Verona, dove Nonunadimeno manifesterà contro il “Congresso internazionale della famiglia” che vedrà riunire tutti gli esponenti internazionali della cordata antiabortista e omofoba.
Come anarchici e anarchiche triestin* continueremo il nostro impegno -sia dentro Nudm che altrove- affinchè le lotte femministe continuino a svilupparsi e radicalizzarsi. La riuscita anche di questo otto marzo è stata una buona conferma del lavoro svolto fino a qui.
Un reporter
A Salerno l’8 marzo è stato caratterizzato da una serie di iniziative organizzate prima, durante e dopo la giornata dello sciopero globale transfemminista e femminista. È stato uno sciopero svincolato dal possesso di un contratto di lavoro regolare, uno sciopero contro le misure repressive che disconoscono l’autodeterminazione delle donne, delle persone lgbpt*qia+, delle persone migranti e rom e di chi lotta. È stato uno sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo, di cura e domestico, retribuito o meno, perché vogliamo bloccare l’ingranaggio che riproduce la violenza economica, fisica e psicologica sulle donne; uno sciopero dai consumi perché vogliamo un sistema economico e sociale che distrugga le disuguaglianze e si svincoli dalle guerre, dalle colonizzazioni, dallo sfruttamento dell’ambiente e dei corpi animali umani e non; dei e dai generi che tentano di ingabbiarci in rigide norme prefissate perché vogliamo essere tutt* liber* di decidere per i nostri corpi e le nostre vite senza controllo sociale, familiare, medico.
Rifiutiamo l’abilismo che discrimina * disabili, la patologizzazione e la psichiatrizzazione delle persone transgender* e intersex. Il nodo salernitano di NON UNA DI MENO ha promosso la collaborazione con altri collettivi e gruppi presenti sul territorio, in modo da allargare la partecipazione allo sciopero ed ampliare la rete di condivisione e pratica. C’è stata una prima giornata di piazza in cui * passant* e attivist* hanno condiviso le motivazioni dello sciopero, successivamente c’è stata una discussione all’università e un confronto sulle tematiche dello sciopero.
La giornata dell’8 marzo si è contraddistinta con un corteo che ha percorso le vie del centro cittadino: il corteo è stato molto partecipato, ma anche determinato e caratterizzato dalla presenza di tante giovani studentesse delle scuole superiori, che hanno animato la manifestazione assieme alle altre generazioni presenti. La sera si è tenuto un incontro sul sex work e sulle intersezioni tra questo e le altre forme di espressione, di lavoro e di lotta. Il giorno seguente si è infine tenuto un laboratorio di autoformazione transfemminista sullo sciopero dei/dai generi. Questo laboratorio è stata una densa ed emozionante conclusione delle pratiche di lotta di questi giorni e una meravigliosa apertura di nuovi spazi e tempi di condivisione e azione.
L’otto marzo è stato un miscuglio di lotte, emozioni, rivendicazioni, condivisioni da sbrogliare e rimescolare per costruire nuove modalità di lotta e di condivisioni dei saperi e delle esperienze, per decostruire il sistema che ci controlla e che comprime le nostre vite in schemi rigidi e prefissati: vogliamo essere liber*.
Nodo “Nonunadimeno” Salerno
La giornata di lotta indetta dal sindacalismo di base per l’8 Marzo ha visto nella nostra Provincia una discreta partecipazione nei settori dei servizi e del pubblico impiego con una piccola adesione anche fra gli studenti.
L’Usi-Cit di Reggio Emilia ha realizzato nei giorni precedenti una buona campagna informativa con volantinaggi e affissioni di manifesti in tutta la città. Per la giornata dello sciopero ha promosso un presidio in Piazza Casotti, in pieno centro storico, caratterizzato da musica e diverse bandiere rossonere, al quale hanno aderito un centinaio di compagne e compagni. All’iniziativa hanno partecipato le compagne di Non Una di Meno Reggio Emilia e militanti dell’Usi di Bologna, Modena e Parma.
Il primo intervento è stato di Alessandro, Segretario Provinciale dell’Usi di Reggio Emilia, che ha spiegato le motivazioni dello sciopero e le ragioni del sindacalismo libertario sempre attento alle lotte antisessiste, antirazziste e anticapitaliste dentro e fuori dai luoghi di lavoro. Successivamente è intervenuta Barbara dei Cobas Scuola Reggio Emilia che ha spiegato le ragioni per cui la scuola deve scioperare l’8 Marzo, fra le quali il diritto alla libertà di insegnamento in una scuola gratuita e laica. A seguire Carla di Non Una di Meno ha illustrato come sia fondamentale dare una risposta agli stereotipi patriarcali e autoritari della nostra società che continuano a minare l’autodeterminazione delle donne. È stata poi la volta di Paola della scuola per migranti «Passaparola» che ha sottolineato come occorra difendere e ampliare i diritti di tutte e tutti contrastando le politiche e i decreti del Governo. Infine, ha parlato Simone della Federazione Anarchica Reggiana invitando alla costruzione di situazioni autogestite che contrastino la deriva autoritaria in atto nei confronti di donne, migranti, lavoratori e studenti dando vita a campagne di solidarietà e disobbedienza gestite dal basso.
La mattinata si è poi conclusa con un pranzo per gli scioperanti organizzato dalle Cucine del Popolo al Circolo Berneri di Via Don Minzoni 1/d. Alle 18 abbiamo partecipato con un nostro volantino al corteo di Non Una di Meno Reggio Emilia che si è snodato per le vie dalla città con musica, numerosi interventi e flash mob. Al termine della manifestazione abbiamo concluso la giornata di lotta con un aperitivo libertario al Circolo Berneri brindando ad una società libera, autogestita ed internazionalista.
Usi-Cit Reggio Emilia