Solidarietà al Rojava

Trieste, 1° Novembre

Oltre 400 persone (dato reale) hanno partecipato il 1° novembre al corteo regionale indetto dal Coordinamento Kurdistan di Trieste (in cui da sempre siamo parte attiva come Gruppo Anarchico Germinal) in solidarietà alle popolazioni della Rojava sotto attacco. L’iniziativa era pensata come “sorella” rispetto al corteo nazionale di Roma ed è stata sicuramente l’iniziativa più partecipata in regione su questo tema da quando – nel 2014 – è iniziata la campagna di appoggio. La manifestazione si è snodata nel centro città per concludersi nella centralissima Piazza Unità sotto il consolato onorario della turchia. Nei vari interventi al microfono si sono ribadite le ragioni del sostegno alla rivoluzione in quei territori ed all’esperimento del confederalismo democratico. Sono state indicate più volte le responsabilità dirette dello stato italiano e dei grandi gruppi industriali e bancari nel sostegno al governo turco tramite missioni militari, vendite di armi ed accordi commerciali. In questo senso è stato lanciato un appello ai lavoratori del porto di Trieste (uno dei porti italiani maggiormente coinvolti nei traffici di merci con la turchia) affinchè diano vita a forme di boicottaggio. È stata anche un’occasione per raccogliere fondi da inviare alla Mezzaluna Rossa curda. Buona e visibile come sempre la presenza anarchica ed anarcosindacalista all’iniziativa: varie decine di compagni e compagne da tutta la regione con numerose bandiere, volantinaggi e diffusione di UN. Altre iniziative verranno sicuramente messe in campo prossimamente.

Roma, 1° Novembre

Forse non esattamente i ventimila dichiarati da qualcuno, di sicuro però all’appello di UIKI – Ufficio Italiano Kurdistan Italia – hanno risposto davvero in tanti, soprattutto contando la data nel pieno di un lungo ponte e le notevoli difficoltà causate dalle forze di polizia all’arrivo dei mezzi che portavano i manifestanti nella capitale. Si trattava, poi, di una manifestazione “seminazionale”, legata al centro-sud Italia e la seconda del genere, dato che la prima si erà già svolta la settimana prima a Milano ed anch’essa era stata molto partecipata. Insomma i numeri c’erano, cosa non scontata.

La manifestazione ha percorso le strade di Roma portando in piazza le varie componenti che avevano sottoscritto l’appello, oggettivamente con una scarsa presenza delle strutture maggiormente istituzionali. Per quel che può maggiormente interessare la maggioranza dei lettori di Umanità Nova, erano presenti gli striscioni dei due gruppi anarchici romani della FAI nonché dell’Unione Sindacale Italiana – CIT, intorno ai quali si è radunata buona parte dei compagni di area libertaria presenti. La cosa però non finiva affatto qui, perché le bandiere rossonere sventolavano ovunque nel corteo, portate da compagni isolati scesi con altre organizzazioni ma anche da altre presenze libertarie di gruppo che si trovavano in diversi punti del corteo (ad esempio, ma non solo, i compagni dello Janara Squat di Benevento).

Un giudizio positivo va dato anche al carattere comunicativo della manifestazione, inteso a veicolare messaggi nei confronti dell’esterno del corteo con attacchinaggi, bombolettaggi, calate di enormi manifesti dalle storiche mura romane.Data la giornata, poi, ad assistere alla manifestazione – in qualche caso a partecipare – è stato un enorme numero di turisti stranieri che invedevano letteralmente le strade della capitale.

Svoltasi senza incidenti – anche perché le forze dell’ordine hanno mantenuto durante il suo svolgimento un profilo basso di controllo, limitandosi a blindare la piazza terminale nelle parti che portavano alle zone del potere – la manifestazione si è chiusa con una serie di interventi che, un po’ tutti, hanno ribadito la necessità di andare oltre le prime mobilitazioni e continuare l’opera di appoggio al popolo kurdo ed alle sperimentazioni sociali che ha messo in atto. Un’opera di appoggio che deve saper legare la solidarietà ad un popolo oppresso e ribelle con la consapevolezza, che va fatta crescere e diffondere, che siamo tutti sotto attacco da parte del potere, in ogni parte del mondo. Opera che dobbiamo anche prepararci a svolgere senza l’appoggio dei grandi media, per i quali oramai il Rojava sembrre perdere di rilevanza nella gerarchia delle notizie.

Milano, 26 Ottobre

Sabato 26 ottobre grande manifestazione a Milano in solidarietà per i Curdi e i popoli del nord della Siria, di quel pezzo di territorio chiamato Rojava. Si parla di oltre 10000 persone. Un corte colorato pieno di bandiere delle YPG e YPJ e non solo.

Il corteo era aperto da centinaia di donne sia della comunità curda ma anche da solidali . Tra i vari spezzoni risaltava il grande striscione della FA Milano, NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO, che voleva anche ricordare il compagno Lorenzo Orsetti Tekoser, tra i tanti internazionalisti che hanno sacrificato la loro vita per un’idea di società antirazzista, femminista e libertaria.

Non era del tutto scontato che la manifestazione avesse cosi tanto successo. A questo ha contribuito anche la tempestività della Comunità curda milanese e dei solidali di Defend Rojava che immediatamente si sono mossi sin dall’annuncio criminale e traditore di Trump che “liberava” il campo della Rojava e di Kobane, facendo sì che il macellaio della Turchia Erdogan iniziasse l’ennesima sua guerra di sterminio nei confronti dei Curdi, con l’obiettivo di occupare i territori della Siria del Nord.

Il sindacalismo di base con la CUB, gli anarchici della Fai, associazioni politiche non istituzionali, Non Una Di Meno e centri di aggregazione sociale come il Cantiere e Lambretta e altre compagne e compagni, hanno subito raccolto la sfida di dare filo da torcere all’ipocrisia governativa, svelando la differenza tra le parole ed i fatti. Parole vuote istituzionali, che disapprovavano il comportamento bellico e stragista del governo Turco ma che non prendono nessuna iniziativa concreta, tantomeno l’unica che poteva e può risultare efficace: quella di bloccare la consegna di armi e ritirare i militari italiani al confine con la Turchia. Ricordiamo che l’Italia è tra i maggiori produttori e fornitori di armi del governo Turco.

I Curdi vengono uccisi e la popolazione massacrata con forniture belliche italiane. Ricordiamo anche che l’Italia è tra i primi produttori mondiali di armamenti leggeri e pesanti e, di fatto, è uno dei maggiori responsabili della sopravvivenza dei peggiori regimi sul pianeta. Le chiacchiere non cambiano, ne mai cambieranno nulla.

La manifestazione del 26 è stata preceduta da presidi al consolato Turco, manifestazioni sotto gli uffici di aziende che trafficano con il governo Turco, mobilitazioni sindacali dei lavoratori della Malpensa che hanno dimostrato la loro solidarietà internazionalista andando a presidiare la compagnia aerea della Turchia chiedendone il boicottaggio. A questo va aggiunto anche lo sciopero generale del 25 ottobre, promosso dai sindacati di base, in cui la vocazione internazionalista non poteva mancare: apriva il corteo la comunità Curda Milanese e si è manifestato rumorosamente davanti alla Turkich Airline in piazza Fontana.

Tutto questo ha portato all’indizione e all’organizzazione della manifestazione del 26 ottobre, chiamandola “ASSEDIO POPOLARE”, con l’obiettivo di arrivare il più vicino possibile al consolato ed assediarlo con frutta e verdura marcia, per far sentire al Satrapo il fiato sul collo. Una manifestazione che aveva l’obiettivo di richiamare l’attenzione dei cittadini milanesi nel senso più ampio e dare la visibilità alla tragedia che si stava consumando con la complicità con la Turchia e di tutti gli stati (USA, SIRIA, RUSSIA e uel nano politicoqQQquel nano politico che si chiama EUROPA).

Crediamo che l’obiettivo sia stato raggiunto. Molto lo dobbiamo anche al lavoro enorme fatto dalle compagne e compagni della comunità curda. Andando in qualsiasi luogo dove venivano chiamati riuscivano a mettere in luce le responsabilità dei governi; andavano a ricordare quanto i Curdi, con le loro unità di difesa del popolo, avessero contribuito alla sconfitta dell’ISIS; ma, soprattutto, hanno messo in risalto quella esperienza di autogoverno conosciuta come “CONFEDERALISMO DEMOCRATICO” e fondata sul femminismo, la questione di genere, l’ecologismo e l’autogoverno, il rifiuto del nazionalismo e del capitalismo e la convivenza pacifica di tutte le etnie che vivono in quel territorio: la distruzione di questa esperienza è la vera causa di questa guerra.

Questa esperienza è unica nel Medio Oriente, dove i conflitti etnici e religiosi vengono esasperati per motivi capitalistici e per dividere le persone. L’esperienza del Confederalismo Democratico è un esempio mondiale che un altro mondo è possibile. Difenderla è un dovere per tutte le persone che hanno a cuore l’uguaglianza e la libertà.

Crediamo che la lotta non si esaurisca con l’invasione turca o la soluzione Russa e siriana che tenteranno di mettere una pietra tombale sulla Rojava: di fatto essa aprirà altre modalità di lotta su quella e su tutta l’area del Medio Oriente. Non a caso vediamo in questi giorni le esplosioni di manifestazioni operaie in Irak represse nel sangue, Libano, a Gerusalemme. Non solo poi in quell’area di mondo: anche nel quadrante SudAmericano si stanno muovendo milioni di persone contro le politiche capitaliste liberiste. “Saremo la goccia che dà il via alla tempesta”.

Related posts