Il 18 Marzo la polizia interviene nel quartiere di San Berillo durante un controllo. A seguito di un diverbio avuto con una ragazza trans, i poliziotti chiamavano rinforzi e rispondevano con violenza. L’esito sarà di tre persone portate in questura, compresa la ragazza. Questi i fatti.
Ma cosa succede nel quartiere?
Da anni, il quartiere di San Berillo è oggetto di attenzioni ed interessi economici che mirano alla gentrificazione dei suoi spazi.
I quartieri popolari e più poveri di Catania si trovano, storicamente, nel centro cittadino.
Tuttavia, nel corso del tempo la dinamica si è invertita.
Attraverso le operazioni di “riqualificazione” e “rigenerazione” degli spazi urbani si è avviato un processo di turistificazione in alcune aree del centro storico cittadino, con conseguente innalzamento del prezzo degli immobili e degli affitti. Questo ha portato, nei fatti, ad un’espulsione di alcuni pezzi della popolazione verso le aree urbane periferiche (come, per esempio, a Librino e Monte Po)
Via Gemellaro, Via Etnea, Piazza Carlo Alberto, Piazza Teatro, Piazza Università, Via Garibaldi, Via Antonino Coppola, Via San Giuliano, Castello Ursino, la Pescheria: sono le aree che hanno visto spuntare come “funghi” numerosi locali quali trattorie, ristorantini a tema e tutto il solito circo che questo tipo di operazioni di solito si porta dietro. Il target è chiaro: il denaro dei facoltosi turisti che visitano la città etnea. Meglio se non italiani, e meglio ancora se impaccati di soldi.
Da qualche anno a questa parte, con la riqualificazione di Piazza delle Belle (ora rinominata Piazza Goliarda Sapienza), il processo di gentrificazione in corso ha cominciato a lambire il quartiere di San Berillo, riuscendo a penetrare, al momento, nell’area occidentale del suddetto.
A partire dalla primavera dello scorso anno, in coincidenza con il lockdown nazionale, questo processo si è temporaneamente ed apparentemente fermato.
Eppure già questa estate qualcosa cominciava a ribollire: non mancavano infatti le proteste del solito comitato di residenti stufi del “degrado”, portato dalla presenza dei gambiani e dei/delle sex workers a ridosso di Corso Sicilia.
Comunità, queste, che insieme alla terza comunità degli emigranti senegalesi, abitano il quartiere da diverso tempo.
C’è da dire, comunque, che i rapporti tra i gambiani e i/le sex workers non sono certo idilliaci.
Da tempo, infatti, i/le sex workers lamentano le continue molestie ed aggressioni fisiche da parte dei gambiani.
Tale situazione è resa ancora più problematica dal fatto che quest’ultimi vendano e consumino sostanze stupefacenti – date dai clan mafiosi e, quindi, rendendoli delle vere proprie pedine -, rendendo di fatto impossibili dei rapporti pacifici.
La presenza della polizia nel quartiere è dovuta, principalmente, all’attività di spaccio da parte dei gambiani.
Questa situazione va a creare un fastidio per i/le sex workers lì presenti in quanto fa desistere i clienti dall’avvicinarsi.
In una guerra fra persone emarginate, chi ne approfitta sono quei soggetti che vogliono avviare un processo gentrificativo all’interno del quartiere.
Con la scusa della “rigenerazione urbana”, tutta una serie di sigle, aziende e associazioni (quali ISTICA, Trame di Quartiere, Cogip Holding etc), hanno in programma una serie di progetti culturali, turistici ed edilizi espressi in una bella conferenzina ad hoc dal suggestivo titolo “Riqualificazione e recupero Rione S. Berillo”, svoltasi il 23 Settembre 2020.
Da un’intervista rilasciata a Meridionews, il presidente di Trame di Quartiere Lo Re spiega che:
“Una soluzione efficace sarebbe mettere insieme le due questioni: case vuote e persone senza casa. In questo senso, si deve tenere conto del fatto che tutti gli abitanti (non solo i residenti, ma anche chi vive per strada) non sono un problema ma una risorsa. Un secondo aspetto fondamentale è quello della coprogettazione. Non siamo d’accordo a un’ottica competitiva del bando che fa vincere il progetto più bello da calare sul quartiere. Piuttosto, pensiamo che bisognerebbe lavorare ad avvisi di collaborazione tra associazioni, abitanti e professionisti avendo di mira la sostenibilità economica e sociale”.
Dietro tutte queste belle paroline quali “sostenibilità”, “coprogettazione” ed il sempreverde “risorse”, noi leggiamo una chiara volontà dei partecipanti nel voler spartirsi il quartiere, e un reale disinteresse, quando non vera e propria avversione, verso quella popolazione considerata “degradata”.
Di esempi del genere troviamo casi in cui si è fatta intervenire la polizia per scacciare i senzatetto da un palazzo occupato, oppure, la retorica associazionistica che fa passare i/le sex workers del quartiere come “freak” o fenomeni da baraccone.
Le situazioni che abbiamo descritto, quali gli interventi della polizia, la narrazione tossica massmediatica e gli interessi economici (mascherati da ipocrisia umanitaria) non sono altro che forme di violenza fisica e psicologica contro i/le sex workers e i residenti di un intero quartiere.
SOLIDARIETÀ AI/ALLE SEX WORKERS E AI RESIDENTI DEL QUARTIERE.
Alcune individualità anarchiche