Si è consumata, nelle ore notturne del due settembre l’ennesimo schiaffo alla dignità delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola italiana. Alle ore 0.01 di questo “fatidico” giorno sono giunte le proposte di nomina a tanti docenti precari relative alla cosiddetta fase B, ossia quella che invia docenti precari in tutta Italia, attraverso un algoritmo così complesso che il MIUR si guarda bene dallo spiegare nei suoi meccanismi. Migliaia di docenti si sono visti recare proposte di stabilizzazione, con contratti triennali , in province spesso lontane senza conoscere effettivamente il reale meccanismo che ha determinato tale individuazione. I primi dati confermano le aspettative della vigilia: sono soprattutto i docenti delle regioni meridionali che saranno “spediti” nel nord della penisola, mentre la solita Giannini prometteva (ma siamo ben consapevoli che ogni promessa del potere rappresenta l’esatto contrario di quello che dice) alla vigilia della fase B, che solo un docente su dieci avrebbe avuto una proposta di incarico in provincie lontane. Buffonate e depistaggi, del resto, se ne sono viste e sentiti davvero tanti in questi mesi: minacce di soppressione delle graduatorie ad esaurimento, notizie fasulle, poco chiare e il più delle volte devianti: ma il senso era ed è uno solo demotivare, minacciare, vessare le lavoratrici e i lavoratori, far capire loro che chi comanda ha le loro vite in pugno e può fare il bello e il cattivo tempo. Molti sosterranno, rifacendosi a meccanismi mentali propri di uno show televisivo e non di libero pensiero analitico, che i docenti sono sempre buoni a lamentarsi, che dovrebbero ringraziare il governo, invece, per questa opportunità, alcune “correnti di pensiero” teorizzano la poco fantasiosa divisione dei docenti precari che sarebbero, pertanto, suddivisi per fasce di “buoni” ossia quelli che andranno felici e contenti a lavorare, quelli che aspiravano alla fase B e loro malgrado non sono rientrati e gruppi di “cattivi” quelli che si sono rifiutati di fare domanda, quelli che l’hanno fatta e ora esprimono la loro giusta rabbia per essere stati inviati chissà dove. Il problema, in realtà, non riguarda il docente magari meridionale e piagnucolone (disegno che l’informazione di Stato si ostina a tratteggiare) ma è relativa alla concezione che si ha della lavoratrici e dei lavoratori: pacchi da spedire senza alcuna remora, non controparte collettiva, ma semplici oggetti singoli di cui disporre a proprio piacimento con provvedimenti nebulosi, poco chiari e dal marcato sapore punitivo. Il modello lavorativo che si vuole imporre non al singolo comparto scolastico ma a tutta la società italiana, del resto è chiaro, dal Jobs Act ai contratti modello Expo: precarizzazione assoluta, restringimento di diritti, controllo sulla intera vita della classe lavoratrice, sulle scelte e convincimenti di uomini e donne. A noi pare che questo provvedimento sia oltre tutto un grave tentativo, modificato in itinere, per contrastare la rivolta che nel mondo della scuola è stata e sarà in larga parte agitata dai precari, da chi rifiuta spesso i meccanismi di delega dei sindacati di Stato, da chi si auto organizza e dice no a questo stato di cose umiliante. La lotta per noi , ovviamente va avanti . Invitiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici a non cadere nelle assurde trappole della divisione, fomentate dal potere, invitiamo alla resistenza, invitiamo alla lotta, invitiamo alla modifica dell’esistente. Come “Unione Sindacale Italiana – settore Educazione” fomentiamo la creazione di reti di mutuo appoggio fra docenti sia per lo scambio di informazioni sulla legislazione e simili, sia sulla logistica di chi si trasferisce . Ricordiamo che le possibilità per sottrarsi a questo circolo vizioso che alcuni hanno giustamente definito come “deportazione” esistono: dall’ottenimento di un incarico annuale nella propria provincia (che permette di rimandare all’anno successivo quello di prova) fino alla richiesta -presso l’istituto o rete di scuole ove si è destinati – di un anno di aspettativa per motivi di studio, per motivi familiari a retribuzione zero, oppure – per chi gode di tali diritti– del congedo retribuito in base ai diritti connessi alla legge 104. In ogni caso ovunque si andrà o si rimarrà la resistenza continua e va avanti la lotta attraverso l’autorganizzazione libertaria.
U.S.I.-A.I.T. settore EDUCAZIONE
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