Nell’immaginario della letteratura fantascientifica uno dei temi ricorrenti è quello dello straniamento,[1] della perdita di senso, della situazione spesso inconsapevole e vagamente percepita di irrealtà nella quale viviamo che si risolve, infine, in una presa di coscienza. In questo articolo non mi concentrerò su un singolo testo ma su alcune opere, romanzi e racconti che che hanno in comune la possibilità “di prendere in mano il proprio destino”, agendo contro un sistema che ci vuole programmati ai suoi obiettivi predefiniti alienando la nostra personalità ed il nostro essere. Anche qui parliamo, seppur in termini filosofici e filtrati da uno specifico genere letterario, di lotta di classe o, meglio, di affrancamento da una condizione di sfruttamento (almeno, al tentativo di farlo).
Tema di certo non nuovo che interseca le tematiche dickiane sull’essenza della realtà e della coscienza di sé, oltre ad affrontare la possibilità di una transizione dall’essere in sé all’essere per sé.
Se, ad esempio, in Blade Runner (utilizzo qui il titolo cinematografico per semplicità) il tema di fondo era incentrato sull’istinto di conservazione che si tramuta in ribellione verso chi ci utilizza come macchine senza coscienza e volontà destinate a un usa e getta programmato, in altri casi può essere la capacità di comprendere di essere parte di un sistema che crea i suoi schiavi per scopi commerciali, di profitto o di mantenimento dello status quo, predefinendo il nostro essere e il nostro agire, rendendoci del tutto integrati e inconsapevoli del mondo circostante che percepiamo come consueto nella nostra tranquilla quotidianità.
Cominciamo ad esempio dal racconto del 1969 di Frederick Phol Il tunnel sotto il mondo. Un piccolo capolavoro che ha per protagonista un impiegato nel settore pubblicitario che, inconsapevolmente, rivive sempre lo stesso giorno (il 15 di giugno) svegliandosi ogni mattina dopo notti infestate da incubi che lo inondano di pubblicità. Pohl nel racconto concretizza il concetto di potere in un’ agenzia pubblicitaria, che usa i cittadini di Tylerton come cavie per sperimentare le più tremende armi della persuasione commerciale.
In una situazione dove furgoncini che dai loro megafoni urlano di acquistare frigoriferi Frickle di prima mattina, sentenziando che gli altri frigoriferi li acquistano solo omosessuali e comunisti, il protagoinsta scoprirà grado per grado di essere null’altro che un’ intelligenza artificiale utilizzata per testare i prodotti pubblicitari da immettere sul mercato. La sua presa di coscienza lo condurrà verso la ribellione, giungendo anche alla consapevolezza che non è l’unico a subire questa condizione di schiavitù mediata dalle macchine infomratiche.
Philip Dick nel racconto Autofac del 1955 parte dalle stesse premesse, anche se è nella versione televisiva della serie Electric Dreams che si delinea in maniera esplicita la ribellione di chi viene relegato in posizione di semplice consumatore senza poter incidere sul suo destino. Dopo la guerra atomica, le fabbriche automatiche sotterranee continuano la loro produzione sganciando merce perlopiù inutile, tramite droni, alle popolazioni sopravvissute, minacciando sia l’ambiente già precario sia le enclave dei sopravvissuti che si organizzano in comunità collettive. La presa di coscienza qui avviene, in puro stile dickiano, a partire dalla consapevolezza del fatto che la fabbrica, acquisendo una sorta di istinto di conservazione sui generis, crea non solo merce da distribuire ma crea di conseguenza anche gli stessi consumatori che sono, in realtà, androidi costruiti allo scopo ma che riescono a maturare sentimenti, coscienza e a provare empatia.
Un piccolo capolavoro del contrasto all’alienazione indotta da un mondo che ci vede semplici pedine del “grande burattinaio” (in realtà di un sistema sociale che non riconosciamo e che addirittura non percepiamo nella sua struttura profonda) è il romanzo del 2012 di John Scalzi Uomini in Rosso, vincitore del premio Hugo.
Apparentemente di pura space action, il racconto assume aspetti surreali e assurdi. Alcuni membri che sono riusciti a far parte, dopo un attento esame, della flotta spaziale “Intrepid” per l’esplorazione di mondi, si rendono conto di essere null’altro che agnelli sacrificali costretti a morire subito dopo il primo sbarco, uccisi dall’ambiente circostante o da creature aliene. Tutti i nuovi arrivati, che vestono una divisa rossa quasi per quello che sembra uno scherzo del destino, diventano loro malgrado le vittime prescelte.
Si renderanno conto che la loro missione si interseca con un mondo parallelo, per uno strano scherzo temporale, nel quale in un telefilm di fantascienza sullo stile di Star Trek, gli uomini in rosso rappresentano quei personaggi minori che muoiono nelle prime scene d’azione. La loro presa di coscienza li condurrà a entrare in qualche modo in contatto coi registi e gli sceneggiatori della serie televisiva per protestare e far presente la loro condizione. In poche parole, invece di essere pedine di un regista che ci vuole sacrificabili per i suoi scopi commerciali, il messaggio è quello di riprendere in mano il proprio destino da protagonisti, cambiando la trama della nostra vita nella quale nessuno dev’essere sacrificabile in nome del profitto.
Il tentativo di liberazione perseguito in maniera individualistica e solipsistica, può invece trasformarsi nel suo opposto e creare danni a noi stessi e a quelli a noi più vicini. È uno dei temi che affronta Michael Moorcock, scrittore dichiaratamente anarchico, che in molte sue storie fa rivivere personaggi simbolo del pensiero anarchico come Makhno, Bakunin, ecc. “Sono un anarchico ed un pragmatico. Le mie posizioni etico-filosofiche sono anarchiche. Questo mi agevola parecchio nel prendere una decisione grazie a quello che si potrebbe chiamare un punto di vista kropotkiniano” è una sua dichiarazione esplicita.[2]
Nel suo romanzo Il Corridoio Nero, del 1969, il protagonista Ryan assiste quasi impotente alla presa del potere da parte di una fazione fascista e nazionalista, “I Patrioti”, che millantano la minaccia di una invasione aliena per sbarazzarsi di tutti gli stranieri e di coloro che non sono perfettamente allineati sulle loro posizioni nazionaliste e autocratiche. Tutto avviene in una Inghilterra dove persino i gallesi, gli scozzesi e gli irlandesi rappresentano una minaccia straniera. La descrizione degli eventi che portano alla catastrofe sociale è raccontata attraverso flashback del protagonista e rappresenta una descrizione che ha molti punti in comune col populismo contemporaneo, pregno di nazionalismo e becero complottismo.
La sua fuga verso un nuovo pianeta, dopo essersi impossessato di un’astronave russa, per mettere in salvo la sua famiglia e gli amici più cari si risolverà però in un viaggio allucinante, in un incubo persistente che lo porterà a scontrarsi con i suoi lati più oscuri ed egoisti. Ryan è l’unico a rimanere vigile e sveglio per tutto il viaggio mentre tutti gli altri sono in stato di ibernazione. Qualcosa però non funziona. Il meccanismo di ibernazione si inceppa, l’intelligenza artificiale comunica messaggi senza senso e contraddittori. Il “viaggio verso utopia”, per intenderci, viene affrontato come una fuga dalla realtà ma la presa di coscienza diventa semplicemente la consapevolezza delle proprie azioni nefaste e del proprio comportamento individualista che si svela pian piano, tracciando una personalità che si rivela moralmente non dissimile dalle persone alle quali è sfuggito.
I quattro racconti e romanzi citati però non sono gli unici a rientrare nel tema scelto: c’è un ampio elenco di testi e produzioni cinematografiche che rientrano nel filone descritto. Ho scelto questi solo perché (forse) meno conosciuti ma non meno significativi e perché scritti in tempi abbastanza diversi fra loro. Avrei potuto infatti anche citare la trilogia di Matrix, il meraviglioso romanzo Tempo fuor di sesto di Philip Dick che ha ispirato il famoso film The Truman Show, ecc.
C’è da aggiungere che oltre a questi romanzi e racconti che giocano sul tema della percezione falsata e della conseguente presa di coscienza, esiste un filone relativamente recente di genere più smaccatamente politico, di denuncia dello stato attuale delle cose e della capacità di immaginare un mondo più ecologico e a “misura d’uomo”, detto per semplificare. Parliamo del genere Solarpunk: le sue caratteristiche comuni sono appunto la possibilità di un’antidistopia o, meglio, di una nuova utopia, della possibilità di capovolgere un sistema (auto)distruttivo dove è l’energia solare la fonte di vita nonché la tecnologia principale.
Il termine infatti ricorda lo Steampunk dove (dall’inglese “steam” = “vapore”) è l’energia a vapore, a partire da sviluppi alternativi della macchina di Babbage, a rappresentare la tecnologia principale. Nel caso del Solarpunk però, parliamo di un genere ben preciso che merita una discussione a parte che magari potrà essere oggetto di un ulteriore articolo.
Flavio Figliuolo
NOTE
[1] https://www.treccani.it/enciclopedia/effetto-di-straniamento/ .
[2] https://contrabbandiera.it/michael-moorcock-in-miti-e-molotov-di-margaret-killjoy/ .