Rocco Morra non c’è più è andato altrove, ci ha lasciato a 70 anni, la notte tra il 4 e il 5 ottobre.
Scrivere di lui significa raccontare per me gli anni della mia formazione politica, la fine degli anni ’70 e l’inizio dei fatidici anni ’80.
Lui era di un altra generazione quella dell’assalto al cielo e dell’utopia quotidiana, cresciuto nella Palermo della mafia palermitana che comandava il mondo, del potere assassino della Democrazia Cristiana e della doppia morale del Partito Comunista Italiano.
Lui giovane ragazzo esuberante e ribelle, a soli tredici anni a causa di un vigile urbano infame conosce il carcere minorile del Malaspina.
La militanza nella federazione giovanile del PCI e nel partito stesso, vissuti nel quartiere popolare della Noce, il quartiere di una delle più importanti cosche della città, quella adibita alle rapine di autofinanziamento.
Una presenza inquietante ed onnicomprensiva, ma lui non ha paura e nel suo lavoro militante li incontra non li teme e li affronta a viso aperto.
Memorabile sarà l’affissione di un manifesto dentro la portineria del palazzo del capomafia della Noce.
Non sarà l’unica volta che affronterà i mafiosi nel suo quartiere.
Poi il ‘77: il circolo popolare Mauro Larghi è l’inizio della militanza libertaria.
I campeggi antimilitaristi in Sardegna, la presenza a Comiso a ridosso del torrido luglio dell’83.
Lo conobbi nell’83 o giù di li tra piazza Meli, allora sede del Circolo Anarchico 30 febbraio, e la villa comunale di piazza Campolo vicino le nostre case in compagnia di Conchita, Puzzolina e Dick che erano i nostri cani.
Fu l’inizio di un’ amicizia, e di un viaggio esistenziale.
Lui parlava in modo calmo e pacato invitava sempre alla moderazione, se in certe situazioni non sono finito nei guai lo devo a lui.
Era un compagno instancabile, un venditore assiduo di Umanità Nova, Sicilia Libertaria, A rivista ed altro ancora.
Si è reso protagonista della riattivazione dell’Unione Sindacale Italiana a Palermo a cui si dedicò con estremo impegno.
Ma il suo capolavoro militante fu la creazione del Telefono Viola.
L’azione Solidale nei confronti dei pazzi è stata a mio modesto avviso l’iniziativa più bella che ha messo in campo, una marcata sensibilità una forte empatia gli permettevano di entrare in relazione con mondi umani per lo più impossibili ed ostici per i più.
Prima di tutti ha capito la disperazione e la solitudine umana che già annunciavano la disgregazione sociale dei nostri tempi.
La pazzia è sacra e Rocco la ha difesa e la ha protetta dal dolore e dalla protervia dell’istituzione totale.
A Liubba, Luana, Jiuri e Morgan, le sue figlie e i suoi figli, a Pia la sua prima compagna e a Sara la compagna del presente, un abbraccio e un bacio grande.
A Rocco e a me che la luce della luna piena nella Rocca di Cefalù ci illumini sempre.
Antonio Rampolla