Pensiero e azione

L’incontro del titolo è il Seminario dell’Ateneo degli Imperfetti di Marghera e del Centro Studi Libertari di Milano “Pensiero e azione: l’anarchismo come comunità militante e scelta di vita” a partire dall’esperienza di Amedeo Bertolo e di Eduardo Colombo. L’impostazione del seminario aveva due parti distinte, ma collegate: le biografie di due militanti attivissimi, ognuno con la propria sensibilità, e in seconda istanza una riflessione sui problemi attuali e le prospettive del movimento in Italia e non solo. A dire il vero, i promotori dell’incontro preferiscono il termine “comunità” nel quale si possono ritrovare gli stili di vita libertari oltre all’impegno sociale.
Il loro lavoro si è svolto a tutto campo, con azioni eclatanti e partecipazione costante alle lotte antiautoritarie in Italia, Francia e Argentina. Negli ultimi tempi hanno investito le proprie notevoli energie soprattutto sul terreno culturale e delle proposte editoriali. Amedeo è stato, con Rossella Di Leo dal 1986, al centro delle edizioni Elèuthera mentre Eduardo era, con Heloisa Castellanos, tra gli animatori della rivista “Refraction”. È utile precisare che Amedeo, in sostanziale concordanza con Eduardo, ha inteso proporre un forte impegno sul terreno della cultura intesa nel senso ampio e antropologico e non come un puro esercizio intellettuale.
In effetti questi due compagni scomparsi di recente (Amedeo nel 2016 e Eduardo pochi mesi fa) hanno contribuito, con vera originalità, alla ridefinizione del pensiero libertario contemporaneo attraverso convegni e seminari, oltre che a numerose pubblicazioni di ogni tipo, dalla storia all’economia e agli studi sociali. Entrambi avevano intessuto strette relazioni con molti anarchici europei e tra questi si trovano diversi partecipanti all’incontro di Marghera, tra cui Tomás Ibáñez, spagnolo ed esperto in psicologia sociale, e Marianne Enckell, conduttrice da decenni del Centre International de Recherches Anarchistes di Lausanne, in Svizzera. Al seminario si sono registrate presenze significative da Francia, Portogallo, Grecia, Slovenia.
Tomás Ibáñez ha svolto una delle relazioni più stimolanti analizzando le “Convergencias y divergencias” tra i due protagonisti. Ha voluto sorvolare sulle rilevanti convergenze delle loro analisi, proposte e azioni dei due che hanno comunque coinciso su questioni fondamentali quali il ruolo della cultura legato all’azione, il posto centrale assegnato all’immaginario e al simbolico (entrambi luoghi del potere e della rivolta), il gusto dell’utopia sommato alla forza di volontà. Ha quindi deciso di considerare le diversità presenti e operanti nei due pensatori e militanti. Per Amedeo, l’anarchismo dovrebbe rendersi conto dell’estrema difficoltà di pensare e di attuare integralmente i propri valori nella società presente: piuttosto si tratterebbe di trovare una modalità di “anarchismo possibile” offrendo soluzioni libertarie ai problemi quotidiani. Su questo piano viene valorizzato il pensiero pragmatico di Colin Ward e si considera con qualche perplessità le modalità insurrezionali, di origine ottocentesca, della rottura rivoluzionaria a lungo proclamata dai teorici classici e fatta propria, fino ai giorni nostri, da diverse generazioni di attivisti.
Secondo l’elaborazione di Eduardo non avrebbe senso staccare il concetto di rivoluzione dall’anarchismo: sarebbe un ossimoro, un fatto insostenibile e palesemente contraddittorio. La visione tradizionale ottocentesca e novecentesca della necessaria insurrezione, che espropri il Capitale e abolisca lo Stato, manterrebbe sostanzialmente la sua validità pur con i necessari adeguamenti alle condizioni attuali. Le stesse fondamentali sperimentazioni dei principi anarchici si potrebbero realizzare capillarmente solo facendo piazza pulita del sistema di sfruttamento e di oppressione.
Tomás ha affermato che il compagno milanese si è allontanato alquanto dall’anarchismo tradizionale pur mantenendo in pieno i suoi punti fondanti sia come ethos sia come logos. Si può aggiungere il fatto che Amedeo ha contestato Nico Berti, autore di un ripensamento teorico e politico esposto nel discusso volume “Libertà senza rivoluzione”. Il cuore essenziale del movimento è la lotta contro ogni forma di Dominio politico e non solo contro lo Stato che ne rappresenta una forma storicamente determinata. Per Amedeo, occorre perciò liberarsi dall’ossessione della distruzione dello Stato come passo indispensabile e urgente.
In fin dei conti, commenta Tomás, entrambi hanno inteso rinnovare le analisi e arricchire il movimento. È un progetto encomiabile e stimolante, ma fino a che punto? Si pone perciò il problema fondamentale di definire cosa sia inalienabile e imprescindibile, nelle idee e nelle pratiche, per non subire una metamorfosi e trasformarsi in qualcosa di molto diverso. Idealmente e politicamente.
Ad ogni modo, secondo il compagno spagnolo, occorre tener contro di una constatazione storica e attuale: nei diversi tempi e luoghi l’anarchismo ha assunto aspetti differenti scegliendo di privilegiare alcune componenti del comune logos (pensiero) che si è concretizzato in diverse praxis (azioni). Ad esempio, dal sindacalismo all’individualismo, si potrebbe aggiungere.
Per schematizzare: Amedeo avrebbe voluto non solo potare i rami secchi dell’albero anarchico, ma pure una parte del tronco per procedere a proficui innesti; Eduardo ha pensato piuttosto a dare concime e fertilizzanti alle radici e ha messo in guardia da ogni intervento del pericoloso “legnaiolo neoliberale”. Le differenze si rivelano misurano anche sullo studio delle cause della crisi del movimento: il milanese ha sottolineato la necessità di esaminare con spirito autocritico taluni atteggiamenti come l’autoreferenzialità; d’altra parte il francoargentino attribuisce sostanzialmente le difficoltà a fattori esterni, cioè alla perdita di centralità del movimento operaio (e su questo coincide con le premesse di Nico Berti). Ancora sul terreno dei rimedi da apportare si notano altre discrepanze mentre i due coincidono nella valorizzazione della vitalità delle idee e dei principi libertari, del suo ethos, con qualche sfumatura: “c’è vita oltre l’anarchismo” auspicando una sorta di meticciato da un lato e “mantenere una forte identità” e intensificare le attività specifiche dall’altro.
Tomás ha rilevato come, in fin dei conti, tra Amedeo e Eduardo, al di là dei confronti teorici e politici, sia esistita una tangibile ”aria di famiglia” (rilevata peraltro anche nel seminario di Marghera) che si è basata su due elementi essenziali: l’attitudine antiautoritaria nella vita quotidiana e la ricerca onesta e sincera della massima coerenza tra le parole e i comportamenti. Ha quindi citato Christian Ferré, attivista e intellettuale argentino, che ha ricordato come le idee anarchiche non si “contagiano” attraverso i libri, bensì per il modo di essere e di lottare. Importante è stata anche la riflessione sulla “identità” che non si addice, a suo dire, all’anarchismo per il quale varrebbe piuttosto il riferimento alla “singolarità” come un insieme di elementi caratterizzanti.
Il tema dell’“anarchismo positivo e rispettabile” è stato al centro della relazione di Francesco Codello che ha sostenuto che i compagni non dovrebbero limitarsi alle teorie, bensì fare i conti con la società attuale e le sue problematiche. In sostanza si tratta di offrire esempi concreti e soluzioni praticabili per farsi ascoltare e intendere da chi soffre a causa della società autoritaria. Semi di ”anarchia possibile” già si intravedono, per Francesco, in molti ambiti: dall’autogestione dei consumi attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale all’esercizio del credito con banche alternative, dalle gestioni di spazi “liberati” alla sfida pratica nel campo educativo. D’altronde, come già affermava Errico Malatesta, “l’anarchia non si fa per forza” e non la fanno i militanti, ma la gente comune quando diventa cosciente e desidera realizzare la libertà.
Uno degli apporti originali e importanti di Amedeo è stato messo in evidenza da Nico Berti. La distinzione tra Potere, Autorità e Dominio permette di orientarsi nella terminologia di uso corrente. Le differenze tra i tre concetti si misurano col diverso grado di imposizione e, in ultima analisi, il milanese definisce il Dominio quale struttura gerarchica da abbattere nelle sue varie sembianze, mentre il Potere e l’Autorità potrebbero anche avere delle valenze positive in quanto intesi, il primo, come possibilità di agire e, la seconda, quale autorevolezza derivante dalla saggezza che taluni hanno raggiunto e che possono mettere al servizio altrui. Nico ha poi ricordato un altro discorso a lui caro: l’anarchismo non è antitetico alla democrazia, ma semplicemente la supera. Ad ogni modo, la libertà nell’ambito anarchico è potenziata e non limitata, teoricamente e praticamente, come avviene nel liberalismo.
Nel complesso hanno partecipato al seminario un’ottantina di persone, di cui più di una ventina sono intervenuti con relazioni e nel dibattito. Moltissimi i temi affrontati, dei quali qui si può dare solo qualche cenno: dal comune passaggio iniziale attraverso un mazzinianesimo ingenuo (Lorenzo Pezzica) al valore della ricostruzione dei singoli immaginari tramite le interviste (Mimmo Pucciarelli); dal passaggio generazionale interno a un movimento che si deve rinnovare pur nella consequenzialità etica (Antonio Senta) alle possibilità di sperimentare forme applicate, sia pure parziali, di metodo libertario nella società attuale (Francesco Codello); dal ruolo dello Stato quale detentore solo parziale e ormai declinante del Dominio (Andrea Papi) al rapido mutamento politico e sociale in atto che comunque apre nuove contraddizioni tra sfruttati e sfruttatori anche a livello mondiale (Massimo Varengo); dall’entusiasmo di molti di noi nati politicamente con il ’68 e fortunatamente cresciuti accanto a militanti di antica data (Rossella Di Leo parlando di Pio Turroni e di Louis Mercier Vega, due fonti di stimolanti emozioni e pathos); dalla riflessione sul dibattito classico sui modelli organizzativi (Claudio Venza) alla proposta di un prossimo convegno ad hoc (Gianpiero Landi).
Notevole spazio è stato dedicato a una serie di esperienze in atto in diversi settori. Qui sono emerse attività importanti – praxis – nella pedagogia (Tea Venturelli della scuola aperta nella Comune Urupia, Giulio Spiazzi della rete delle scuole libertarie e democratiche, Pierpaolo Casarin per la filosofia per e dei bambini). Nell’intervento sociale poi si è riportata l’esperienza di Exarchia, collettivo libertario presente negli spazi occupati a Bologna, nonché l’apertura di nuovi punti di comunicazione che sollecitano, e attirano, interessi culturali tra i giovani (Edicola 518, ora libreria, di Perugia).
Elis Fraccaro, tra gli organizzatori del convegno (con diversi compagni del Dolo), ha concluso evocando un’indicazione preziosa di Amedeo: “Lasciamo il pessimismo per tempi migliori”. Ha però ammesso di essere talora assalito da attacchi di pessimismo in particolare quando si scontra con la dilagante mutazione antropologica rispetto ai suoi primi decenni di militanza. Ormai pare prevalere attorno a noi un modo di pensare xenofobo, inimmaginabile fino a pochi anni fa. In fin dei conti, siamo circondati da molte domande e da poche risposte. Di fronte al classico problema del “che fare?” occorre porsi con una certa umiltà cercando soluzioni insieme all’intera società dalla quale siamo, malgrado tutto, condizionati quasi ogni giorno. Aggiungerei, infine, che desideriamo cambiare decisamente e profondamente.
Claudio Venza
Per approfondire: Amedeo Bertolo, Anarchici e orgogliosi di esserlo, Elèuthera, 2017; Pensiero e azione. L’anarchismo come logos, praxis, ethos e pathos, Quaderni del Centro Studi Libertari, ed Eduardo Colombo, Lo spazio politico dell’anarchia, Elèuthera, 2009; L’immaginario capovolto, Eleuthera, 1987.

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