Di fronte alla morte di Abd Elsalam Ahmed Eldanf, l’operaio egiziano morto perché investito da un camion nel corso di un picchetto di fronte alla GLS di Piacenza, vale la pena di aver chiaro qual’è la narrazione ufficiale riguardo a ciò che è avvenuto.
Su “Il Fatto Quotidiano” del 15 settembre 2016 leggiamo “(…) la prima ricostruzione fatta dal capo della procura di Piacenza Salvatore Cappelleri (…) “(…) Quando il tir è uscito dalla ditta, dopo le regolari operazioni di carico, ha effettuato una manovra di svolta a destra”. Il pm ha anche escluso “categoricamente” che qualche preposto della Gls abbia incitato l’autista a partire. “Davanti ai cancelli”, ha continuato, “in quel momento non vi era alcuna manifestazione di protesta o alcun blocco da parte degli operai, che erano ancora in attesa di conoscere l’esito dell’incontro tra la rappresentanza sindacale e l’azienda. Allo stato attuale delle indagini riteniamo che l’autista non si sia accorto di aver investito l’uomo che è stato visto correre da solo incontro al camion che stava facendo manovra. Per questo si è deciso di rilasciare l’autista che, tra l’altro, è anche risultato negativo ai test di accertamento per le sostanze stupefacenti e l’alcol”. ”
In altri termini Abd Elsalam Ahmed Eldanf si sarebbe messo a correre nella direzione del camion e, in una qualche misura, si sarebbe suicidato anche in considerazione del fatto che l’autista, non lo affermiamo noi ma lo stesso Salvatore Cappelleri, non era né ubriaco né drogato.
A questo punto, visto che un suicidio di questa fatta è assolutamente implausibile, resterebbe la soluzione del “malore attivo”, Abd Elsalam Ahmed Eldanf si sarebbe buttato sotto il camion in uno stato di inconsapevolezza.
Viene alla memoria quanto scrisse, nella sentenza che mandò assolti i funzionari di polizia presenti alla morte del ferroviere anarchico Pino Pinelli, il giudice Gerardo D’Ambrosio:
“Ciò posto è opportuno precisare che nel termine malore ricomprendiamo non solo il collasso che, com’è noto, si manifesta con la lipotimia, risoluzione del tono muscolare e piegamento degli arti inferiori, ma anche con l’alterazione del “centro di equilibrio” cui non segue perdita del tono muscolare e cui spesso si accompagnano movimenti attivi e scoordinati (c. d. atti di difesa)”.
Nell’attesa delle risoluzioni della magistratura è il caso di cogliere appieno la rilevanza politica, tutta politica, di quanto è avvenuto.
È sin troppo noto che il settore della logistica, il cui tumultuoso sviluppo deriva dal decentramento produttivo, dai caratteri della moderna organizzazione capitalistica del lavoro, dalla necessità di garantire, ai fini dell’ordinato funzionamento dell’accumulazione capitalistica, l’ordinata movimentazione delle merci, è al centro di uno scontro fra capitale e lavoro che sembra l’inveramento della buona vecchia formulazione “novo capitalismo e vecchia lotta di classe”.
Concentrazioni di grandi masse di lavoratori, impossibilità di esternalizzare, utilizzo di manodopera immigrata sottoposta ad uno sfruttamento bestiale sono state le precondizioni che hanno permesso, grazie anche all’intervento militante di gruppi sindacali radicali, un vero e proprio ciclo di lotte, una narrazione potente, una vera e propria mitopoiesi.
Lotte durissime e spesso vincenti, per un verso, uso spregiudicato da parte padronale di imprese in appalto sovente a gestione criminale, utilizzo delle divisioni etniche, ricorso alla violenza fisica, l’irrompere in una società dolcemente civilizzatasi al punto da parere addormentata dei corpi, dello scontro fisico, dell’opporre forza alla forza hanno un impatto notevolissimo.
Di conseguenza, la prima cosa che “scopriamo” è che quanto è avvenuto a Piacenza non è un “caso”, un'”anomalia” ma, più semplicemente e brutalmente, il verificarsi di ciò che in un contesto di scontri di questa natura è, se non inevitabile, assolutamente probabile.
Basta, a questo proposito, pensare a quanto è avvenuto in svariate occasioni, a quante situazioni hanno visto lo scontro sociale scaldarsi sino all’affrontamento fisico, ai momenti in cui la tragedia avvenuta a Piacenza è stata sfiorata.
Un salto nel livello dello scontro, un salto annunciato, che richiede un salto nell’iniziativa dell’opposizione sociale, la capacità di andare oltre le appartenenze sindacali e politiche, di costruire solidarietà concreta, azione comune, campagne di massa.
Questo è l’insegnamento, posto che l’esperienza qualcosa insegni, dei fatti di Piacenza, sta a noi l’assumerlo e il regolarci di conseguenza.
Cosimo Scarinzi