Marco Sommariva - “L’OSTERIA DEI SOPRANNOMI” – Chinaski Edizioni – 2014 € 15
Disponibile anche formato e-book € 5,99 ISBN 978-88-98155-53-8
Leggendo “L’osteria dei soprannomi”, l’ultimo romanzo di Marco Sommariva, mi sono chiesto più volte quale fosse la miglior condizione per chi volesse recensire un libro cercando di coglierne tutti gli aspetti d’interesse. Meglio averne letti tanti, o è sufficiente concentrarsi sulle pagine del testo che si ha tra le mani? Non so quale possa essere la risposta, né se ce ne sia una sempre valida ma, mentre scrivo queste righe, sono ancora avvolto dalla sensazione di aver percepito solo una parte di quanto l’autore ha inserito nel proprio lavoro. So che c’è dell’altro da scoprire e forse, i lettori che già conoscono Sommariva (vedi UN anno 88 n.31 “Il venditore di pianeti”, n.9 anno 93 “Fischia il vento”, n.23 anno 93“Lottavo romanzo”) saranno più bravi di me in questa ricerca. Nello specifico “L’osteria dei soprannomi” è ambientato a Sestri Ponente, almeno stando alle numerose citazioni che s’incontrano nella narrazione e nonostante circolino i dollari. A partire dalle prime pagine si entra nell’Osteria, dipinta a tinte “gotiche” ed impregnata d’umori ed odori come quello dei giornali vecchi in un umido bar di paese. Dai vetri incerottati, filtra poca luce, si beve vino di scarsa qualità ma questo è un luogo dove “deboli e disarmati non sono calpestati”.
I personaggi come Gion, Bambagia, Jumpy, Frenchi e Joe Morto si affacciano sulla scena introdotti da brevi capitoli grazie ai quali impariamo ad identificarli attraverso i loro soprannomi. Da qui in poi si ripresenteranno in un susseguirsi di immagini in cui si contaminano sequenze filmiche e fumettistiche. Il filo conduttore della prima parte riguarda la ricerca di una lumaca da competizione che, come potete immaginare non è facile da trovare. L’oscurità e la pioggia non ci abbandonano, guidati dal surreale pretesto della lumaca, tra una descrizione grottesca e un luogo comune, tra la frase di una canzone e un ammiccamento erotico, tra un’immagine ributtante ed un odore nauseabondo, si aprono di tanto in tanto “squarci” che invitano alla riflessione perché riguardano ognuno di noi: “Smettila di rimuginare e sogna finché non riesci più a sognare. Dammi retta non lasciare che vinca la tristezza”.
Ci sono cose che non si dovrebbero vedere….. la vita a Sestri Ponente non pare facile da sopportare, ma a pagina sessantacinque, un raggio di luce, troverete il significato della parola “timshel”. Siamo vicini al giro di boa quando assistiamo all’incursione dei ragazzi in divisa e manganello, che sfasciano tutto e mettono i sigilli all’osteria.
Inizia l’Atto secondo. Sì, questo è anche un romanzo pronto da mettere in scena. Ora siamo nelle fogne di Sestri. Contrariamente alle attese, è nel mondo di sotto che ancora vibrano i cuori e s’illuminano le menti, lì si coltivano entusiasmi e passioni, da lì partirà la “rivincita” indirizzata al mondo di sopra. Nei cunicoli sotterranei si produce Arte per quelli di sopra che “vivono liberamente la loro non libertà”. La banda dei corniciai organizza la resistenza e effettua i suoi blitz notturni che non possono essere tollerati dal regime totalitario, il confronto è impari ma bisogna tentare…. Di fronte ai cervelli “saccheggiati” bisogna provarci: “ se proprio non riusciremo a far uscire quelli di su dalla rassegnazione che li attanaglia, almeno li avremo resi un po’ meno infelici”.
Non è così che si conclude una recensione. Buona Osteria a tutti!
Marco Tafel