Il brano che segue è tratto dal libro ‘Il semplice – un guerrigliero anarchico racconta’, scritto da Joan Busquets Vergés e pubblicato nel 2021 da Zero in Condotta (http://www.zeroincondotta.org/libri/jbv_ilsemplice.html). È una testimonianza significativa di quanto successe il 13 ottobre del 1957 nella città colpita ultimamente da una terribile alluvione, scritta da un combattente in armi contro il regime franchista, incarcerato nel 1949, condannato a morte, successivamente graziato e rilasciato dopo 20 anni, nel 1969. Uno dei numerosi giovani che, ribellatisi per il contatto diretto con la sanguinosa repressione scatenata, si sono uniti a quanti sui monti e nella città continuarono per anni la resistenza armata contro la brutalità del totalitarismo clerico-fascista di Franco e dei suoi epigoni.
La solidarietà e la generosità dell’insieme dei prigionieri del penitenziario di San Miguel de los Reyes emersero in modo concreto durante la terribile inondazione di Valencia.
La vita nelle prigioni è contrassegnata dalla monotonia. Il quotidiano, giorno dopo giorno, è ripetitivo, noioso, privo di quegli stimoli che offre la vita in libertà. All’improvviso un avvenimento inatteso rompe il grigiore dell’ambiente. I detenuti si ricollegano alla realtà esterna.
È quello che succede il 13 ottobre 1957 al penitenziario di San Miguel de los Reyes. Un mattino drammatico per gli abitanti di Valencia, sorpresi dagli effetti di una pioggia torrenziale.
Circolano voci secondo le quali, per paura che gli sbarramenti delle dighe cedano sotto la pressione delle acque, i responsabili sono costretti ad aprire le chiuse. Questo ulteriore afflusso di acqua ha l’effetto di una risalita brusca del livello del bacino del fiume Turia che provoca l’inondazione della città. Il bilancio è disastroso soprattutto per quelli che abitano al piano terra. Sono infatti costretti ad abbandonare i loro alloggi, vedendo sparire i loro beni trascinati dalla violenza dell’acqua nel fango, insieme ad alberi sradicati, carogne di animali, soprattutto maiali provenienti dai numerosi allevamenti dei dintorni.
Questa massa impressionante forma un torrente nelle principali arterie di Valencia, come il Camino del Grao, per precipitarsi dal porto o dalla spiaggia nelle acque del Mediterraneo.
La catastrofe è di una tale gravità che alcuni quartieri, composti da case modeste vicino al fiume, spariscono completamente. La popolazione è priva di elettricità e di tutti i servizi pubblici. La vita della città è completamente paralizzata.
Quando le acque si ritirano uno spesso strato di fango ricopre le strade. È necessario il contributo di tutti per spostarlo.
Oggi sul Paseo de la Glorieta, sul lato sinistro della facciata del tribunale, un segno rosso ricorda l’altezza raggiunta dal fango: un metro e mezzo. Le autorità non riveleranno mai il numero dei morti. Un numero considerevole di corpi saranno ritrovati negli stagni e sulle coste del Mediterraneo. Al penitenziario veniamo a conoscenza del disastro alle prime ore del mattino quando avviene il cambio delle guardie carcerarie. Il carcere si trova all’esterno della città, nel settore opposto all’inondazione e non viene toccato. Ma le peggiori inquietudini vengono dai prigionieri, sono numerosi quelli originari del posto. A metà mattina l’ansia paralizza la normale attività. Non si parla d’altro che di iniziative da prendere per portare aiuto a chi ha subito tutto ciò. Sono momenti durante i quali la generosità di coloro che hanno perso tutto raggiunge vette insospettabili. La coscienza politica di quelli che hanno dato il meglio di sé nella lotta contro il franchismo si unisce all’umanità dei detenuti cosiddetti comuni. Il tutto si traduce in un gesto di grande altruismo nei confronti di una popolazione che fino a prima della tragedia, nel suo insieme, guardava con sospetto i detenuti. La prima decisione collettiva è di regalare la nostra parte di pane (lo chiamavamo chusco) ai bambini di Valencia. La decisione è trasmessa al capo dei servizi che ne informa il direttore. Si prepara l’infornata durante la notte nel forno della prigione. Grandi ceste di pane, caricate su un camion, sono distribuite nei diversi quartieri della città. Il forno della prigione produce anche pane per la prigione provinciale popolata dai detenuti in arresto preventivo. Anche loro, venuti a conoscenza del gesto, prendono la stessa decisione. Aggiungono le loro razioni alle nostre. È così che i primi soccorsi ricevuti dai bambini di Valencia provengono dalle prigioni della loro città.
La gravità della situazione ci spinge a prendere una seconda iniziativa, sempre in relazione alla panetteria.
Il compagno Antonio Navarro, panettiere professionista, è responsabile del forno. Fa sapere al gruppo libertario che il forno può essere utilizzato 24 ore su 24. Basta solo avere un certo numero di volontari suddivisi in squadre. La sua idea è di mettere a capo delle squadre due professionisti che beneficiano del condono per lavorare come fornai. Serve per assicurarsi che il lavoro dei detenuti inesperti sia effettuato correttamente.
Il progetto è accettato e il gruppo di volontari si riunisce. Antonio Navarro in persona mette al corrente della nuova iniziativa l’intendente. Viene accettata e messa in pratica immediatamente.
La Direzione del penitenziario fa appello alle autorità di vari paesi che non sono stati toccati dalla piena. Questi fanno arrivare al carcere sacchi di farina. Il pane comincia ad essere distribuito. Nei primi due giorni dopo il disastro le infornate escono di continuo.
Tutti quelli che hanno partecipato a questo encomiabile lavoro beneficeranno qualche mese dopo di una ricompensa inattesa. Ci faranno sapere che il sindaco della città, favorevolmente impressionato dal gesto umanitario dei prigionieri, è intervenuto a nostro favore presso la Direzione generale delle carceri chiedendo un gesto di riconoscenza verso coloro che hanno partecipato alla fabbricazione del pane.
Grazie a questo intervento più di trenta prigionieri beneficeranno di una riduzione di pena di sei mesi.
Si propone alle autorità del carcere la creazione di squadre per collaborare allo sgombero del fango dalle strade.
La proposta è accolta con una certa riserva. È una questione delicata. Sembra che la direzione abbia preparato delle liste di detenuti che devono essere liberati a breve. La cosa non ha seguito.
Viene organizzata una colletta alla quale partecipano quasi tutti i prigionieri. Il denaro raccolto è dato direttamente ai parenti dei detenuti che hanno subito danni in seguito all’inondazione.
Viene creata una commissione per studiare i casi più drammatici. Ci si preoccupa che i soldi non finiscano in mani poco scrupolose. Si pensa di darli al sindaco. L’idea è respinta a maggioranza.
Valencia recupera poco a poco il suo aspetto normale. I suoi abitanti conobbero in questa occasione la grandezza umana nascosta dietro le mura delle prigioni. Il ritorno alla normalità e alla noia è per noi l’epilogo della tragedia che ha sconvolto la città.