Ad Agosto scorso, ho trascorso una quindicina di giorni in Iran. Per essere precisi – l’Iran è un paese enorme con regioni molto differenti, dai deserti alle foreste pluviali, dalle coste marine alle montagne oltre i seimila metri – ho fatto il cosiddetto “percorso archeologico” nella zona deserta: Tehran ed i suoi musei, Kashan con gli scavi semiaperti di ciò che appare essere (6.000 anni fa) la più antica ziggurat della storia portata alla luce, Abyanee, Ishfahan, Yazd ed il suo caravanserraglio sulle orme del viaggio di Marco Polo, Shiraz con il suo commovente Parco dei Poeti, oltre ovviamente alle rovine di Persepoli, Pasargade, le Tombe dei Re e, in ogni città, un affascinante bazar. Un viaggio che un appassionato di archeologia come me sognava da tempo e che non lo ha affatto deluso.
Per ciò che riguarda le persone, partivo con le visioni contraddittorie che un qualunque occidentale può aver ricevuto: quella diffusa dai grandi mezzi di comunicazione di massa di un paese di barbari incolti fondamentalisti islamici che odiano l’occidente e gli occidentali, con le donne in una condizione di netta subordinazione, oppure quella del circuito dei viaggiatori in rete e delle guide turistiche che invece descrivevano un popolo sostanzialmente laico, aperto allo straniero in una maniera inaspettata, di una gentilezza squisita, di una notevole cultura superiore alla media occidentale, con una parità dei sessi – obbligo giuridico del velo islamico a parte (ma non dell’Hijab e tantomeno del Burqua) – ed una serie di diritti civili sostanzialmente paragonabili alla condizione media occidentale.
In linea di principio – una delle mie regole metacognitive fondamentali è la seguente: se una cosa è ripetuta almeno tre volte dai grandi media del potere politico ed economico è quasi certamente falsa – tendevo a credere alla seconda versione. Beh, non mi sono sbagliato nemmeno questa volta. Addetti alla reception che si lanciano in discussioni su Giorgio Strehler e sul cinema neorealista, tassisti che disquisiscono per ore sulla storia della scienza e di logica formale, negozianti che ti parlano della storia occidentale con cognizione di causa. Cabine della preghiera maschili e femminili sparse ovunque che restano desolatamente vuote all’atto della chiamata pentagiornaliera del Muezzin. Parchi della poesia dedicati a poeti che hanno cantato l’amore omosessuale o ad altri sospettati di materialismo se non di ateismo frequentati da folle (paganti) in termini di numero degne di concerti di rockstar occidentali. Gente che saluta i turisti di ogni parte del mondo – anche quelli statunitensi, che non mancavano – con calore ed affetto disinteressato (credo di aver lasciato in giro una cinquantina di selfie…), che si rende disponibile disinteressatamente ad ogni sorta di aiuto all’ospite straniero, donne che fanno ogni genere di mestiere e che non mostrano particolari segni di subordinazione (tipo camminare dietro al marito) al genere maschile, persone di ogni genere che non temono di criticare ferocemente in pubblico il governo, di dichiararsi di altre religioni od anche atee, di mostrare insofferenza per l’obbligo del velo islamico, ecc.
L’impressione netta che ho ricevuto è quella di un popolo sostanzialmente laico, soggiogato però da un potere religioso organizzato in maniera mafiosa (mi è stato detto così più volte): al che, ho cominciato a chiedere ed informarmi sulla forma del potere nelle Repubblica Islamica dell’Iran (è questa la denominazione ufficiale del paese). Quello che è uscito, fatta la tara della forma religiosa, mi è apparso stranamente simile alla situazione dei paesi dell’Unione Europea.
Cominciamo con la forma politica e costituzionale. Secondo la costituzione approvata dopo la rivoluzione del 1979 l’Iran ha le caratteristiche di una repubblica islamica, presidenziale e teocratica. Lo Stato iraniano è caratterizzato, nel concreto, da una sorta di sistema duale:
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da una parte vi sono determinate istituzioni (presidente, parlamento) formate in base al principio dell’elezione popolare (con le conseguenti libertà civili ad essa legate), le quali formano il potere legislativo ed esecutivo;
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dall’altra parte, però, vi sono una serie di organi religiosi non elettivi (vi si accede in base al principio della cooptazione), che sono in qualche modo il vero centro del potere, in quanto hanno nelle loro mani il potere di controllo sull’operato delle istituzioni in base alla loro fedeltà al Corano ed ai principi religiosi islamici islamici.
Al vertice del sistema costituzionale e politico vi è la “Guida Suprema”, che viene eletta a scrutinio segreto da una Assemblea di Esperti, a sua volta eletta ogni otto anni (dal 1983, cioè dalla morte di Khomeyni) a suffragio universale e diretto dal corpo elettorale che, però, deve scegliere all’interno dei corpi religiosi. Il potere esecutivo è nelle mani del presidente, il quale è eletto per un mandato di durata quadriennale, ma il suo potere è decisamente limitato e condizionato. Innanzitutto, le candidature devono essere state approvate dall’Assemblea degli Esperti; poi, una volta eletto, il presidente viene messo sotto il controllo del Consiglio dei Guardiani. Questo è composto da 12 membri, in carica per sei anni, di cui 6 teologi nominati dalla Guida Suprema dell’Iran e 6 giuristi nominati dal potere giudiziario (dipendente anch’esso dalla Guida Suprema) e approvati dal Parlamento. La principale funzione del Consiglio è quella di vigilare sulla compatibilità delle leggi con la Costituzione e con l’Islam. La compatibilità con l’Islam è assicurato esclusivamente dai 6 membri religiosi, mentre l’aspetto costituzionale è vigilato dai 12 membri in modo collegiale.
Relativamente alle elezioni presidenziali, il Consiglio dei Guardiani della Costituzione non solo vaglia preventivamente la validità delle candidature, ma può invalidare il voto popolare. Rispetto al Parlamento, il Consiglio dei Guardiani controlla l’entrata in vigore e la conformità delle leggi alla Costituzione. Tutte le leggi votate dall’Assemblea devono ottenere l’approvazione del Consiglio dei Guardiani: va detto comunque che se il Consiglio si pronuncia per una incompatibilità (con l’Islam o con la Costituzione), l’annullamento della disposizione legislativa non è immediata. È di competenza presidenziale la nomina dei ministri (tranne quello della giustizia designato direttamente dalla guida suprema), i quali devono essere approvati dal parlamento, e ricadono anch’essi sotto il controllo del Consiglio dei Guardiani.
Insomma, una democrazia parlamentare elettiva posta sotto il controllo di una casta formatasi non elettivamente ma per cooptazione. Ora, proviamo a fare la tara dell’aspetto religioso della questione e diamo un’occhiata al rapporto dei paesi dell’Unione Europea con l’Unione stessa.
Il potere politico di tutti i paesi dell’Unione è retto, all’interno, da parlamenti eletti a suffragio universale con più o meno ampie zone di libertà civili e politiche. Tutti questi Stati, però, aderiscono ad una Unione che ha una peculiare struttura: un parlamento eletto a suffragio universale da tutti i cittadini dei paesi dell’Unione, ma con poteri molto limitati. In compenso esistono una infinità di strutture – Consiglio europeo, Consiglio dell’Unione europea, Commissione europea, Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), Banca centrale europea (BCE), Corte dei conti europea, Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Comitato economico e sociale europeo (CESE), Comitato europeo delle regioni (CdR), Banca europea per gli investimenti (BEI), Mediatore europeo, Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), vari Organismi interistituzionali ed una enormità di strutture minori – il cui rapporto con una qualche forma di elettività popolare è molto indiretto, per usare un eufemismo.
Ora, tutti noi ci accorgiamo quanto pesino sulle nostre vite le decisioni di questi organi dell’Unione: “lo vuole l’Europa” è divenuta una litania che ci recitano tutte le volte che ci propinano una qualche fregatura. Certo, non abbiamo a che fare con una sorta di controllo religioso in senso tradizionale così pressante da parte di questi organi – anche se anche da questo lato il rischio sussiste (basti pensare a tutte le discussioni sulle “radici giudaico-cristiane” dell’Europa da inserire in costituzione). In compenso, il dogma neoliberista funziona come una sorta di costituzione religiosa non scritta che controlla ed instrada in maniera gerarchica ogni sorta di politica economica e sociale che potrebbe essere approvata nei singoli paesi, stroncando sul nascere ogni sorta di politica che potrebbe sia pure parzialmente, sia pure all’interno del regime capitalistico, offrire una qualche sorta di miglioramento delle condizioni economiche delle classi lavoratrici. Il governo italiano, addirittura si è mostrato più realista del Re, inserendo direttamente in Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio – come dire, non c’è bisogno che ci spingete, nel baratro ci lanciamo da soli.
Insomma, non abbiamo molto di diverso da una Repubblica Islamica, se non la forma di religione cui obbedire. Stirner, nella prima metà dell’Ottocento, già faceva notare come, in effetti, le religioni non si caratterizzassero per particolari contenuti, ma per il fatto che tali contenuti fossero fantasmatici e sottratti alla verifica – e quanto a fantasmagorie e divieti di contestazione il neoliberismo, con la sua idea che il capitalismo lasciato agire in libero mercato porti libertà e benessere a tutto ed a tutti non è certo da meno di qualunque religione monoteista.
Questo certo non serve a consolare noi o a consolare gli iraniani, perché non è affatto vero che mal comune, mezzo gaudio. Non è nemmeno un rimpianto della “cara democrazia” puramente e direttamente elettorale, di cui conosciamo perfettamente i limiti (tra i quali, quello di condurci ad una democrazia controllata prima e, presumibilmente, ad un fascismo poi). Piuttosto è un invito a capire che le popolazioni di tutto il mondo sono di solito molto meglio dei governi che intendono rappresentarle e che è il caso di prendere in mano direttamente i destini delle nostre vite.
Enrico Voccia