La giornata di studio su Louis Althusser, organizzata a Livorno sabato 21 maggio e introdotta da Maria Turchetto, è stata un’occasione per interrogarmi su che cosa è il pensiero di Marx, la scientificità e il rapporto tra teoria e pratica rivoluzionaria. Devo dire che in Marx ho trovato un’infinità di spunti per comprendere la realtà attuale, nei suoi aspetti produttivi, economici, finanziari e sociali. Per l’esperienza che ho quindi, posso dire che i contributi di Marx, i singoli contributi, tanto sulla questione delle macchine come sulle società per azioni, sul denaro e la moneta come sulla riproduzione allargata sono corroborati. Questo non vuol dire che lo siano sempre, tanto meno che il suo pensiero sia tout court scientifico.
Quando poi, come ha fatto Maria sulla scorta di Althusser, si contrappone, al Marx dei filosofi ed a quello degli economisti, il “vero” Marx che aspettava l’arrivo del filosofo francese per essere scoperto, non si può che arrivare alla conclusione di trovarci di fronte ad un autore ed un pensiero che presenta modi contraddittori di interpretazione e che non può essere accettato in toto così com’è.
Del resto già Marx pone dei limiti ben precisi alla scientificità del suo lavoro più importante. Occupandosi delle cause antagonistiche alla tendenza alla caduta del saggio del profitto (Il Capitale, III, 14), Marx, nel II paragrafo dal titolo “Riduzione del prezzo della forza lavoro al di sotto del suo valore”, sostiene che questa è fra le più importanti cause che frenano la caduta del saggio del profitto, ma che non se ne occuperà, perché non ha nulla a che vedere con il capitale in generale. Credo che la mancanza di una specifica e definitiva elaborazione su questo aspetto, che rappresenta, come dimostra la storia delle relazioni tra capitale e lavoro salariato, un elemento importante nella definizione delle condizioni di vita di chi è costretto a vendere la propria forza lavoro, sia una grave insufficienza del pensiero di Marx e ne infici la possibilità di orientare l’azione della minoranza cosciente nello scontro di classe.
Altri due elementi, a mio parere, inficiano la pretesa di Marx e dei marxisti di aver dato vita ad una concezione scientifica del capitalismo e del suo superamento rivoluzionario.
Contrariamente al canone del materialismo storico, Marx e i suoi epigoni pretendono che, una volta conquistato il potere grazie al suffragio universale, il nuovo governo provvederà a realizzare l’emancipazione degli sfruttati, attraverso la dittatura del proletariato. L’anarchismo, fin dalla Prima Internazionale, ha contestato al marxismo la contraddittorietà di questa idea: gli anarchici affermano che è erroneo il concetto che sostiene essere il governo nella società attuale il difensore del capitalismo, ma che abolito il capitalismo esso diventerebbe rappresentante e gerente degli interessi generali. Prima di tutto il capitalismo non si potrà distruggere se non quando i lavoratori, cacciato il governo, prendano possesso della ricchezza sociale ed organizzino la produzione ed il consumo nell’interesse di tutti, da loro stessi, senza aspettare l’opera di un governo il quale, anche a volerlo, non sarebbe capace di farlo.
Inoltre se i capitalisti fossero sconfitti e si lasciasse sussistere un governo, questo, mediante la concessione di ogni sorta di privilegi lo creerebbe di nuovo poiché non potendo accontentar tutti avrebbe bisogno di una classe economicamente potente che lo appoggi in cambio della protezione legale e materiale che ne riceve.
L’esperienza storica dei paesi dove partiti marxisti sono andati al governo ha confermato la previsione dell’anarchismo. La prova del budino è nel mangiarlo, Engels cita il vecchio proverbio inglese,ma quello fatto da lui e da Marx non è venuto molto bene.
Un recupero degli elementi verificati, di critica del capitalismo e della società attuale, può trasformarsi in una concezione utile alla lotta del proletariato se saprà misurarsi con il fallimento delle ipotesi politiche di Marx ed Engels, dando risposte coerenti con il materialismo storico, e non facciano ricorso al tradimento del rinnegato Kautsky o alla paranoia di Stalin.
Il marxismo, purtroppo, e questo è l’ultimo elemento che ne inficia la scientificità, si è andato avvitando nell’esegesi degli scritti dei fondatori, integrando le opere canoniche con una massa di appunti, bozze, lavori incompleti alla ricerca di pezze d’appoggio per turare le falle di una concezione contraddittoria. Anche Althusser, con la sua visione ben diversa da quella che al suo tempo predominava nel marxismo italiano, rimane prigioniero di questa pratica, rivendicando anzi la necessità di leggere tra le righe alla ricerca del Marx autentico, dimenticando i due elementi fondamentali per l’elaborazione di una narrazione scientifica: cioè la verifica effettuale dei concetti elaborati da Marx, la loro capacità interpretativa e previsionale rispetto alle profonde trasformazioni che ha subito l’economia e la società attuale rispetto all’Inghilterra vittoriana (un lavoro del tipo di “Lo sviluppo del capitalismo in Russia” di Lenin). Questo perché la scientificità di una teoria non viene affermata una volta per tutte, ma ogni volta deve dimostrare la sua efficacia e la sua utilità rispetto all’aggregato sociale di riferimento. L’altro aspetto è che la teoria rivoluzionaria non può che nascere dal dibattito orizzontale dei rivoluzionari, soprattutto misurandosi sulla sua capacità di diventare strumento nelle mani delle minoranze combattive del movimento di classe; quindi abbandonando quell’accademia che è riuscita a trasformare la concezione politica di Marx in un potente strumento di conservazione. Se il budino di Marx ed Engels non era riuscito tanto bene, quelli sfornati dai loro epigoni sono proprio immangiabili.
Tiziano Antonelli