Al termine della prima parte del corteo, in Piazza della Vittoria (uno dei tanti toponimi amaro lascito della Prima Guerra Mondiale) si canta insieme “O Gorizia, tu sei maledetta”, uno dei canti contro la guerra più conosciuti, che racchiude in poche strofe tutta la follia e la tragicità della Prima Guerra. La pioggia ha smesso di cadere da poco, siamo più di mille, intervenuti da Gorizia, da tutto il Friuli Venezia Giulia e anche da Slovenia e Croazia, per ribadire che la guerra può essere solo ricordata perché non accada mai più e in nessun modo celebrata, vuoi da CasaPound, vuoi dallo Stato. Lentamente ci si prepara a tornare indietro, convinti – senza presunzione – di aver fatto quanto possibile per costruire una presenza che non fosse vista come un’invasione, ma un atto doveroso e irrinunciabile.
CasaPound aveva annunciato agli inizi di aprile un corteo nazionale a Gorizia, per celebrare l’”esempio luminoso” di chi nelle trincee “sacrificò se stesso” (leggi: il massacro di migliaia di soldati mandati al macello) e “marchiare” il proprio radicamento in Friuli. La città isontina naturalmente non era stata scelta a caso: fu infatti l’unica conquistata con le armi, al costo di decine di migliaia di vite e della distruzione e abbandono dell’intera città – l’8 agosto 1916 vi era tra le macerie solo un decimo degli iniziali trentamila abitanti. Dopo la fine della guerra Gorizia conobbe la prima deportazione razzista a danno degli sloveni, che erano circa la metà della popolazione iniziale.
Ma questa scelta rispecchia anche il diffondersi, in questi anni, di un seme nazionalista e razzista, che nelle realtà più piccole e di confine trova purtroppo terreno fertile.
In risposta al corteo di CasaPound, e allo stesso tempo per contrastare lo stampo nazionalista e militarista delle celebrazioni istituzionali, molte realtà, associazioni e individualità della regione, di differenti aree politiche e culturali, hanno iniziato a pianificare una presenza antifascista e antimilitarista in contemporanea all’iniziativa neofascista.
Si sono ritrovate sotto il cappello dell’Osservatorio antifascista regionale, realtà già presente sul territorio per il monitoraggio di tutti quei gruppi e associazioni che portano avanti la propaganda fascista, anche sotto la copertura di associazioni culturali o pseudo-storiche.
Dopo un mese e mezzo di riunioni, assemblee e appelli, si è delineato un percorso che prevedeva un corteo nel centro della città, che, partendo dalla Stazione, attraversasse Piazza del Municipio e si concludesse in Piazza della Vittoria. La Questura ha scoperto le proprie carte solo a pochissimi giorni dalla manifestazione, spostando sia il percorso del corteo antifascista che quello di CasaPound in zone decentrate, eccezion fatta per la parte conclusiva.
Il fatto che i fascisti non abbiano avuto tutto il centro città a disposizione è stato uno dei risultati della giornata, riuscita anche grazie alla costruzione di un percorso di avvicinamento, che ha visto le realtà antifasciste essere presenti nell’ultimo mese nelle piazze dei vari centri della regione, nonchè il sabato precedente nella stessa Gorizia, dove sono state poste più di un centinaio di croci in legno, a simboleggiare l’orrore della guerra.
Un risultato positivo quindi, considerato anche che CasaPound gode chiaramente dei favori del governo locale, come testimonierà anche la presenza di un assessore del Comune di Gorizia sul palco vicino a Iannone.
L’area anarchica e libertaria, in tutte le sue componenti, è stata fra le realtà più attive nell’organizzazione della giornata fin dall’inizio, ha propagandato l’iniziativa e ha fatto fruttare le ottime relazioni con i compagni e le compagne della Slovenia, che sono intervenuti in maniera massiccia e organizzata al corteo compresa una delegazione croata.
Sabato 23 maggio Gorizia appariva una città fantasma. Pochissima gente in giro e molti negozi chiusi (con alcune piacevoli eccezioni). Merito del terrorismo mediatico scatenato dai giornali cittadini e dalla Questura, soprattutto riguardo al corteo antifascista. Nonostante questo, nel piazzale antistante la stazione si sono ritrovate almeno cinquecento persone, in attesa di partire in corteo. Partenza che è stata ritardata a causa del fermo prolungato del pullman su cui viaggiavano le compagne e i compagni slovene. La polizia italiana al confine li ha infatti schedati uno per uno e ha sequestrato le aste delle bandiere e degli striscioni (diventati poi ridicolmente sulla stampa i “bastoni” dei “facinorosi”). Dopo il loro arrivo il corteo è partito, con in testa uno striscione che affermava “Né guerre né confini né fascismi” in italiano, sloveno e friulano. Lo spezzone libertario era aperto dallo striscione “Contro la crisi del capitalismo, lotta di classe antifascismo” e complessivamente era partecipato da almeno duecento compagne e compagni (di sicuro lo spezzone specifico più grosso della manifestazione) con molte bandiere e tanti slogan lungo il percorso.
Da segnalare fra gli altri all’interno del corteo anche la presenza di uno spezzone queer (promosso da alcun@ nostr@ compagn@), aperto dallo striscione “Voi Legione – Noi leGine”. La partecipazione di alcune attiviste e attivisti lgbtqi è stata molto significativa anche perché ben di rado si vede in un contesto non direttamente legato a queste specifiche istanze.
Lungo il percorso il corteo si è ingrossato fino ad arrivare a sfiorare – e forse superare – i mille partecipanti. Sotto il Comune è stato chiarito l’inaccettabile ruolo del sindaco e della giunta nella vicenda. Ancora non sapevamo della presenza dell’assessore al welfare, Silvana Romano, sul palco di CasaPound, ma non occorreva questa prova per avere chiaro il rapporto di favore con i “fascisti del III millennio”.
In Piazza della Vittoria, oltre ai canti, vi sono stati diversi interventi che hanno ribadito il ruolo dei fascisti per lo stato e il militarismo, manifesto non solo di questi ultimi ma anche delle istituzioni cosiddette democratiche.
Inoltre sono stati ricordati i disertori e tutti quei soldati ammazzati dai plotoni di esecuzione dei loro stessi eserciti o condannati ad anni e anni di carcere solo per avere scritto in una lettera di essere stanchi di una guerra mai voluta.
Al ritorno il corteo ha costeggiato il Parco della Rimembranza, dove i fascisti stavano finendo i loro comizi. Qui si sono avuti dei momenti di tensione, senza che il corteo perdesse il suo intento comunicativo.
E’ stata una bella giornata, in cui i valori antifascisti e antimilitaristi sono emersi in una città sicuramente non abituata a tanto. Il carattere comunicativo della manifestazione è stato indubbiamente utile alla buona riuscita, superiore alle nostre aspettative, di una manifestazione sicuramente non facile né da costruire né da realizzare. Se guardiamo ai numeri, CasaPound ha portato in piazza neanche mille persone da tutta Italia, investendo su questa giornata tutto e di più, oltre a fiumi di denaro per stampare decine di migliaia di manifesti e organizzare i pullman.
La nostra è stata una manifestazione regionale (a cui va sommato il prezioso contributo delle compagne e dei compagni sloveni) costruita dal basso, autofinanziata, in cui i partiti che hanno contribuito hanno sfilato in fondo, e ha superato i numeri messi in piedi da un partito molto più ricco e favorito, che sparava l’arrivo di 5000 persone.
Da questa manifestazione partono le basi per l’azione futura, perché l’antifascismo, come ha ricordato un compagno in piazza, deve essere pratica quotidiana e permanente.
L’osservatorio regionale antifascista, nato ben prima del 23 maggio allo scopo di monitorare e contrastare l’attività fascista, continuerà a esistere e anzi esce rafforzato e consolidato. Ma sarà anche compito di ogni singola realtà, e in particolare di quelle anarchiche e libertarie, impedire che i germi fascisti si propaghino.
Per foto e video:
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